di Agostino Spataro*
E’ auspicabile che l’attuale “querelle” italo- turca si chiarisca, e si superi, al più presto possibile, nell’interesse della pace e della cooperazione fra tutti i popoli del Mediterraneo.
Altrimenti che cosa facciamo? Una nuova, disastrosa guerra italo-turca per il controllo della Libia?
Ricordo che la prima fu iniziata dal governo Giolitti nel 1911e, a dispetto della patacca commemorativa, fu conclusa nel 1931 (20 anni dopo !) solo grazie ai criminali bombardamenti del generale fascista Graziani, il quale ebbe “carta bianca da Mussolini, ed usò i gas letali, i massacri e le deportazioni di massa delle popolazioni libiche, soprattutto della Cirenaica, che sostenevano la resistenza guidata da Omar al Mukhtar, impiccato dagli occupanti colonialisti italiani alla bella età di 74 anni.
Nel 1911, l’uomo che diede inizio alle ostilità fu il sen. Antonino Paternò Castello, marchese di San Giuliano, ministro degli esteri di Giolitti (dal 1910 al 1914), nato a Catania (nel 1852) da un’antica famiglia originaria, come il cognome stesso suggerisce, di Paternò.
Il ministro legò il suo nome all’occupazione coloniale italiana della Libia e delle isole del Dodecaneso. Già allora: la Libia e il Dodecaneso, le isolette vicine alla costa della Turchia, oggi ri-divenute oggetto di una preoccupante contesa con la Grecia.
Memorabile rimase l’ultimatum trasmesso, il 27 settembre 1911, alla Sublime Porta (al “Diwan”, divano per intenderci!) col quale s’ingiungeva al governo ottomano di abbandonare la Libia entro 24 ore e senza condizioni.
Una dichiarazione di guerra pretestuosa, immotivata nella quale si annunciava l’occupazione italiana, da tempo decisa, affinché (cito dal testo) “giunga a fine lo stato di disordine e di abbandono in cui la Tripolitania e la Cirenaica sono lasciate dalla Turchia…”
Insomma, buoni propositi e cattive maniere: l’Italia occupò la Libia per far rispettare l’ordine pubblico in quel paese!
Il ministro giolittiano, forte di un accordo spartitorio con Francia e Gran Bretagna (anche allora!), rifiutò ogni proposta di chiarimento, ogni offerta di concessioni da parte turca e puntò dritto alla guerra, intimando al governo imperiale di dare “gli ordini occorrenti affinché essa (l’occupazione militare n.d.r.) non incontri, da parte degli attuali rappresentanti ottomani, alcuna opposizione…” ( in “La Stampa” del 30/9/1911)
Il resto è noto. Il 4 novembre i contingenti italiani sbarcarono a Tripoli. Ma la guerra si protrasse per vent’anni a causa dell’accanita resistenza delle tribù libiche.
La concluse, nel 1931, il generale fascista Graziani con azioni di straordinaria ferocia, compresi i bombardamenti con i gas letali e le deportazioni delle popolazioni nei campi di concentramento allestiti anche in Italia.
Foto ricordo con il vecchio Omar al Mukhtar (“Il leone del deserto”) condotto al patibolo.
Altri tempi, altri uomini! O forse no. A mio parere, fra la guerra del 1911 e quella del 2011 la differenza sta in un “neo”, nel senso che la prima fu una guerra coloniale, mentre l’attuale è di stampo neo-coloniale.
Nel 2011, davvero catastrofiche furono la decisione italiana di entrare nel conflitto anti-Gheddafi e la sua gestione politico-militare e diplomatica. Prima di tutto a danno del mite popolo libico, oggi vittima di una guerra (in) civile voluta e foraggiata da ben note potenze straniere, e in secondo luogo per l’Italia, per i suoi interessi politici ed economici che sono stati seriamente intaccati.
Il caso volle che nel 2011, fu un altro ministro, originario di Paternò, a gestire la partecipazione militare italiana nella guerra, scatenata da alcuni paesi della Nato, contro la Libia di Gheddafi che- come detto- fu anche una guerra contro l’Italia ossia contro gli interessi italiani in Libia. Quegli interessi che, oggi si sta cercando, faticosamente, di recuperare. O no!
Insomma, due guerre alla Libia, a distanza di un secolo (1911-2011) in cui due ministri siciliani ebbero un certo ruolo. Solo una singolare coincidenza o c’è qualcosa che ci sfugge?
A ben pensarci, tanta solerzia potrebbe essere spiegata dal richiamo di un legame antico, ancestrale fra la Sicilia e la Libia, risalente addirittura alla fondazione di Tripoli (tre polis) che, secondo Sallustio: “Oeaque trinacrios afris permixta colonos” cioè “Oea, l’attuale Tripoli, sarebbe stata fondata da coloni siciliani insieme ad africani “. (proff. Mastino e Zucca in: www.infomedi.it)
Quasi che i due ministri siciliani, muovendo da questa fondazione mitica, avranno, forse, pensato di accampare qualche pretesa sulla Libia.
Speriamo che così non sia. Altrimenti qualcun altro potrebbe ricordarsi della fondazione del Cairo, avvenuta nel 905 d.C, che secondo una fonte antica fu progettata da un architetto arabo-siciliano, e quindi aprire un contenzioso con l’Egitto… anche su questo.
* da un mio articolo “Paternò alla guerra di Libia” pubblicato su “Infomedi”, Roma, 5 maggio 2011.
Di queste e altre cose ho scritto in un mio libro:
https://www.lafeltrinelli.it/libri/agostino-spataro/osservatore-pci-nella-libia-gheddafi/9788891077394
https://www.lafeltrinelli.it/libri/agostino-spataro/osservatore-pci-nella-libia-gheddafi/9788891077394https://www.amazon.it/NELLA-LIBIA-GHEDDAFI-Centro-Mediterranei-ebook/dp/B00DSQ1WEG