I pentiti di mafia ritenuti credibili dalle sentenze , hanno descritto i boss Francesco e Matteo Messina Denaro come mafiosi di alto rango , in possesso di importanti documentazioni e che sono riusciti ad entrare nei salotti “buoni” della borghesia trapanese. Questi pentiti erano del gruppo e hanno visto e sentito molte azioni del boss che , senza essere “punciutu” stranamente, entrerà nel giro grosso della mafia di quel tempo.
Le relazioni dei Messina Denaro non erano solo legate alla politica o alla burocrazia statale legata agli appalti. Il loro potere arrivava anche dentro i palazzi di Giustizia. Le loro frequentazioni, si può oggi affermare, non avevano confini. Dai contadini , a facoltosi professionisti , a gente con la divisa. Senza dimenticarsi di medici, avvocati e anche parrini. I Circoli di città, luoghi di condivisione sociale e d’incontro di uomini del potere locale , aprivano spesso le porte. I Messina Denaro applicarono pedissequamente un metodo acquisito da gente “cu la scrima” . Quella gente che il primo pentito di mafia, il dott. Allegra descrisse molto bene nei verbali scoperti da Mauro De Mauro. La scuola di pensiero di stile americano è alla base dell’agire mafioso castelvetranese. Un modello criminale consolidato e che ha sempre unito forze intellettuali ed imprenditoriali a servirsi dei boss per il controllo del territorio da punto di vista economico e per affermare il loro potere. Una formazione che Don Ciccio ereditò quasi sicuramente da Giuseppe Giacinto De Simone detto Jim. Un imprenditore che guadagnò soldi negli Usa e fece ritorno a Castelvetrano perchè espulso dal Governo americano prima dello sbarco in Sicilia.
La ricostruzione storica dettagliata delle relazioni dei Messina Denaro e di chi lo ha sdoganato dentro i salotti buoni non è di secondaria importanza. E’ dal quel periodo che il loro potere trova origine. La superficiale lettura dello spessore della mafia castelvetranese in relazione al potere di Cosa Nostra in Sicilia, ha portato certe procure a seguire per anni molti guardiani di polli, spesso feroci assassini, ma di basso calibro celebrale.
I Messina Denaro furono protagonisti e testimoni dei grandi affari di gente con la “littra” . Già prima del terremoto Don Ciccio si mette a disposizione per favorire il traffico di reperti archeologici. L’Efebo lo rubò anche se non si rendeva conto del valore. Qualcuno gli fece capire subito dopo che i reperti portavano soldi e senza rischiare. L’area di Timpone Nero a Triscina, una necropoli, fu saccheggiata in lungo e in largo. Cosa è stato trovato a Selinunte non lo sapremo mai. Nessuno si pentirà d’aver rubato un tesoro con la complicità dei mafiosi che proteggevano il giro . La mafia castelvetranese si nutrì per decenni di questo ignobile commercio. E addirittura , qualche vecchio tombarolo senza scuola, raccontava in passato, che era lo stesso Don Ciccio a fare da deposito e a intermediare con i trafficanti internazionali. IL giro dei reperti non riuscì a fermarlo neanche il Prof. Tusa. Tutti sapevano delle ruberie archeologiche, anche le forze dell’Ordine e i magistrati locali. Il mercato portò miliardi delle vecchie lire nelle mani di pochi furbi borghesi e certamente tanti soldi alla famiglia mafiosa dominante. L’affare dei reperti era esclusiva dei Messina Denaro. Gli altri boss non si inserivano. Erano interessati più agli appalti e , alla droga e al traffico d’armi.
Don Ciccio sarà coinvolto dai corleonesi per entrare nel giro grosso dei soldi provenienti da questi affari: Il tramite di questo cambio di passo avvenuto agli inizi degli anni 80, fu certamente il genero Filippo Guttadauro legato alla mafia di Brancaccio e ai Graviano
Se il boss dopo 28 anni di ricerche è libero è evidente che qualcosa non ha funzionato o non è stato toccato . Chi sono questi facoltosi che hanno consentito al boss di rimanere libero? Forse moriranno senza mai conoscere i colpi dei PM
I boss come “Don Ciccio” erano considerati per molti anni “manovalanza” ma, l’intuito del vecchio padrino e la sua “calma” lo portarono ad ottenere la fiducia di gente facoltosa e mafiosa allo stesso tempo. Allegra spiega bene la mafia castelvetranese. Non è solo fatta di campieri e picciotti. In sintesi , i Messina Denaro furono elevati a mafiosi capaci di poter gestire anche intrighi di rilevante importanza. Non è un caso che, Totò Riina, si rifugia a Castelvetrano e Mazara durante gli anni di piombo di Palermo, dove porta anche molti soldi. Il patto tra la mafia corleonese e quella dei Messina Denaro ha avuto diversi “parrini” di battesimo. Riina, come scrive un fine studioso, fu mandato nel trapanese ad imparare. Doveva capire che senza strategia , l’appoggio di pezzi deviati dello Stato e della borghesia doppiogiochista spesso legata alla massoneria, non vai da nessuna parte. Puoi ammazzare centinaia di persone ma rimarrai “peri incritatu“. E questa tesi ha diversi spunti di dimostrazione.
Sono le sentenze che lo dicono. A Roma, per far fuori Falcone non ci andarono uomini di Riina. A fare gli attentati fu mandato Matteo Messina Denaro come capo missione ed altri picciotti fedeli. A Castelvetrano si fecero le riunioni. Perchè con tanti luoghi proprio Castelvetrano? Nel 1991 pur essendo entrambi latitanti, Riina incontrava Don Ciccio e Matteo Messina Denaro alla presenza di altri misteriosi personaggi e non temevano neanche di essere beccati. . Chi erano questi partecipanti? Chi avvisava i poliziotti di non disturbare? C’erano anche politici del tempo che erano vicini alla famiglia mafiosa che fecero da sponda con pezzi deviati dello Stato? Qualcuno a Castelvetrano , se è ancora vivo, queste cose le potrebbe spiegare. Qualche potente del tempo rimasto illeso dalle inchieste delle procure e che ha conoscenza di questi segreti e magari con montagne di soldi nascosti potrebbe salvare la città. Sono cordardi e non lo faranno. o forse sanno che, parlare, è ancora troppo pericoloso. Gente dentro lo Stato non vuole. Meglio vedere la città distrutta e anche gli altri finire in galera. Soprattutto quelli che non c’entrano nulla. Quello è orgasmo per loro. Del resto, il mafioso borghese ha sempre goduto nel vedere “futtuti” gli altri. Loro si sentono intoccabili e hanno sempre pensato per le loro tasche
Matteo Messina Denaro si è guadagnato l’appellativo di Ministro degli Esteri di Cosa Nostra
Dal giornale L’UNITA’ del 19 maggio 1957
Noti industriali! e professionisti implicati
in una catena di crimini a Castelvetrano
I retroscena dello scontro tra due fazioni di mafiosi – i fratelli Giuseppe e Giacinto De Simone e i medici
Giuseppe Monti e Fausto Mulè tra gli arrestati – Torna alla ribalta il sequestro dell’industriale Taormina e l’uccisione del notaio Craparotta
Uno stralcio dell’articolo di 54 anni fa
L’opinione pubblica di Castelvetrano scossa dagli arresti avvenuti nei confronti dei titolari della grande Florida industriale vinicola di proprietà dei fratelli Giuseppe e Giacinto (detto Jim) De Simone che svolgevano un ruolo importante in tutto il Trapanese , con un un effettivo ruolo dirigente tanto nella vita economica quanto nella vita politica del territorio Giuseppe e il più anziano dei cinque fratelli De Simone mentre
Giacinto. detto ‘Jim, e’tornato solo da alcun i anni a Castelvetrano essendo stato espulso come – indesiderabile dalle autorità degli Stati Uniti. Ma di particolare spicco