“Purtroppo i depistaggi compiuti fin da subito sono stati determinati proprio dalla necessita’ di far scomparire dallo scenario l’intervento di uomini della Polizia e del Sisde, come Giovanni Aiello, e degli uomini d’onore piu’ legati agli apparati, come Nino Madonia e Gaetano Scotto”. Lo ha sostenuto l’avvocato Fabio Repici, legale di parte civile, oggi nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo, al processo col rito abbreviato a carico di Nino Madonia, accusato del duplice omicidio aggravato del poliziotto Nino Agostino e di sua moglie Ida Castelluccio, uccisi il 5 agosto 1989.
Nel corso del suo intervento davanti al gup Alfredo Montalto, Repici ha lungamente affrontato il capitolo dei depistaggi alle indagini e alle figure in campo: “E’ certo che Giovanni Aiello (faccia da mostro, ndr) ha operato per anni in connubio con organizzazioni mafiose e in primis con il mandamento di Resuttana. Allo stesso tempo e’ stato provato che Aiello era stato legato a Bruno Contrada, fin dai tempi in cui prestava servizio alla Squadra mobile di Palermo negli anni Settanta. Da una intercettazione di un altro poliziotto in rapporti fiduciari con Bruno Contrada, Francesco Belcamino, si e’ appreso che la morte di Aiello nell’estate 2017 fu considerata un’evenienza positiva e pure che se costretto avrebbe parlato coi magistrati “scoperchiando il calderone”, sui fatti dei decenni passati”. (AGI)