Capo della famiglia mafiosa dei Cuntrera e soprannominato il boss dei Due Mondi
Alfonso Caruana, il boss dei due mondi “amico” di Don Ciccio Messina Denaro
Caruana è stato uno dei protagonisti del periodo post terremoto a Castelvetrano. Periodo che ha visto, , almeno fino all’anno delle stragi Falcone – Borsellino, esponenti mafiosi di spicco intrecciare importanti rapporti con personaggi della vita politica ed imprenditoriale castelvetranese.
È diventata definitiva la condanna a 18 anni di reclusione per Alfonso Caruana, indicato dagli inquirenti come il capo della famiglia mafiosa dei Cuntrera e soprannominato il boss dei Due Mondi. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso che i suoi legali avevano presentato contro la sentenza pronunciata nel 2019 dalla Corte d’Appello di Torino.
Caruana, che ha 74 anni, è attualmente detenuto. La pronuncia della Cassazione chiude un procedimento giudiziario avviato dalla direzione Distrettuale antimafia del Capoluogo subalpino.
Caruana, originario di Castelvetrano (Trapani), è stato attivo in Italia, Sud America e Canada, ed è considerato una delle figure di maggiore spicco della criminalità organizzata. Il procedimento che lo ha riguardato è l’ultimo filone di un’inchiesta dei Carabinieri del Ros e dei magistrati piemontesi, chiamata Cartagine, avviata nel 1994 dopo il sequestro, a Borgaro, una cittadina alle porte di Torino, di un tir con 5 tonnellate di cocaina proveniente dal Sudamerica
Segui i soldi e troverai la mafia», ripeteva Giovanni Falcone. Nel settembre 1968 Alfonso Caruana, che lo stesso magistrato avrebbe poi definito uno dei più potenti criminali al mondo, fu registrato in ingresso all’ufficio immigrazione di Montreal. In tasca aveva 87 dollari e 30 centesimi; alle autorità doganali disse d’essere un elettricista.
Nel 1977 l’onorevole Calogero Mannino (che negli anni successivi verrà indagato ed in seguito prosciolto per associazione mafiosa) partecipò come testimone di nozze al matrimonio di Gerlando Caruana, figlio di Leonardo, celebrato a Siculiana
Immobile urbano (appartamento) sito in via Frà S. Mannone n. 124 costituito da diversi piani complessivamente di circa 258 mq confiscato in pregiudizio di Caruana Gerlando e Parisi Maria Silvana. Assegnato al patrimonio indisponibile del Comune con decreto del 30.09.2004. Consegnato formalmente al Comune con verbale del 9.11.2004
Il sodalizio tra le due famiglie (i Caruana sono di Siculiana, nell’agrigentino, mentre i Cuntrera di Castelvetrano, nel trapanese) risale all’inizio del ‘900, quando Gerlando Caruana e Giuseppe Cuntrera, capostipiti della dinastia, presero in moglie le sorelle Spataro, Rosa e Croce. Di loro si sono occupati giornalisti, ma anche storici e studiosi. Come Lee Lamothe e Antonio Nicaso, che nel loro libro ricostruiscono la storia del clan, dopo avere preso in visione migliaia di documenti e video.
La storia del clan inizia proprio a Siculiana, piccolo paese sul mare. Alfonso Caruana guarda con ammirazione gli zii paterni Leonardo e GIuseppe, piccoli boss appartenenti alla famiglia dei Corleonesi. I due riscuotono le ‘gabelle’ per conto di alcuni signorotti locali. L’unione ‘mafiosa’ tra i Cuntrera e i Caruana viene sancita, pero’, solo negli anni Cinquanta, quando i due vengono chiamati davanti a un giudice per rispondere di duplice omicidio, incendio e furto di bestiame.
Nel 1952 Leonardo Caruana viene accusato di omicidio, furto e
incendio doloso a Castelvetrano, ma viene prosciolto; nel 1956 viene nuovamente
imputato e prosciolto; Nel 1957 si reca in Canada con il fratello Giuseppe dove
costituisce una societa’ edile; con i suoi fratelli Giuseppe e Giovanni, con il
cognato Domenico Vella e con i fratelli Giuseppe e Antonio Cuffaro fonda in
Venezuela la “Maditerranea Pesca”, fornita di un solo peschereccio e molto
probabilmente attivita’ di copertura per traffici illeciti. Nel 1964 viene
dichiarato fallito dal tribunale di Palermo; nel 1966 e’ condannato al soggiorno obbligato; espulso dal Canada nel 1973, gia’ inquisito nel 1971, come
indesiderabile (traffico di stupefacenti). I Caruana, pressati dalla giustizia trovarono spesso riparo a Castelvetrano. Secondo alcuni verbali investigativi, furono loro a portare la droga ne trapanese
Fonte: ANSA