Il giornalista di Report, Paolo Mondani, in una recente intervista ha parlato dei rapporti bancari tra Montante, i suoi amici e Banca Nuova, l’istituto che ha comprato la Banca del Popolo di Trapani e gestito da Zonin. Mondani, giornalista serio , libero da ogni vincolo politico e lontano dall’antimafia di potere , ha lavorato molto per capire il sistema Montante cercando di comprendere anche i vari addentellati che servivano all’ex paladino dell’antimafia siciliano. Un sistema dove hanno girato molti soldi e che aveva costruito attorno a se, importanti coperture politiche, giudiziarie e giornalistiche.
Di quel sistema, ovvero dell’antimafia alla Montante o alla Saguto, molte cose rimangono nell’ombra. E la domanda è : “galassie antimafiose” simili , in giro, ne esistono ancora?
ZONIN E LA BANCA DEI SERVIZI SEGRETI – “BANCA NUOVA”, ERA CONTROLLATA DALLA POP VICENZA, E FINO AL 2015 GESTIVA I FONDI DEGLI 007 DALL’UNICA FILIALE DI ROMA – ZONIN L’AVEVA FONDATA NEL 2000, DOPO AVER ACQUISTATO UN VIGNETO DALLE PARTI DI CALTANISSETTA : ZONIN ERA VICINO A CUFFARO
Banca Nuova nasce nel 2000 in Sicilia , a conclusione di una trattativa iniziata nel 1998 attraverso l’acquisto dell’istituto di credito trapanese:” Banca del Popolo” . Un affare miliardario in odor di mafia e pieno di misteri
I soldi sono sempre il filo conduttore degli intrallazzi. Lo dicevano Falcone e Borsellino. Una tecnica seria, vera e chi si basava su i riscontri . Poi è stata creata un altra tecnica e che sa di depistaggio: “andare dietro ai morti di fame per distrarre l’opinione pubblica in guisa tale da non toccare chi gestisce i miliardi e i grandi affari sporchi
Zonin non vede l’ora di chiudere la Banca del Popolo
Già nel 2002, Zonin, dopo aver fatto una serie di acquisti agricoli, comincia a parlare di chiudere la pratica relativa alla controllata Banca del Popolo. Strano. Dopo averla comprata un botto di soldi nel 2001 già nel 2002 se ne vuole disfare. Con i suoi 36 sportelli distribuiti fra Agrigento, Trapani e Palermo, l’ istituto era stato acquistato per circa 264 miliardi delle vecchie lire dalla Popolare di Vicenza . A chi sono andati tutti questi soldi? La Banca del Popolo nel 1996 aveva dentro un certo Vincenzo PIazza, finito in carcere per mafia. La Banca del Popolo era fatta da numerosi azionisti. Azionisti che facevano anche politica. Molti dipendenti assunti di quegli anni , erano amici e figli di politici. A Castelvetrano anche qualche amico venne assunto in quella banca
Non tutti “amano” parlare di questi argomenti. Anzi, molte testate filo antimafia di potere, preferiscono attaccare chi attacca quel sistema e con prove certe. Il loro motto che usano come una specie di salvacondotto è :” chi ci attacca fa l’interesse dei mafiosi e vuole distruggerci per favorire i boss” . Direte: possibile che si usi l’antimafia per intimorire e rovinare persone pericolose per il sistema? E’ disgustoso che lo facciano certi paladini della legalità? Già, difficile pensare il contrario. Ma attenzione, occhio alle strategie vittimistiche del loro squadrone mediatico. In nome dell’antimafia, come era per la Santa Inquisizione ai tempi delle streghe , tutto è possibile. Questa parte residuale dell’antimafia alla Montante , ha ancora molto potere e bisogna stare attenti. Si difende e sa usare armi molto complesse. A finire dentro qualche inchiesta di mafia ci vuole poco .
Sanno che, diverse leggi di recente approvazione, possono essere usate anche senza prove certe. Leggi che si possonbo applicare con molta flessibilità e interpretazione. Norme molto lontane da leggi come quelle della “Rognoni- La Torre” .La politica per farsi la guerra ha prodotto diversi mostri legislativi con l’obiettivo di dare più potere alle procure. Berlusconi era un obiettivo a riguardo. Con alcune leggi vigenti non occorrono prove certe per essere accusati di simpatizzare con i mafiosi . Non serve dimostrare, basta inciuciare. e sei fottuto Basta qualche relazione investigativa o due righe d’intercettazioni diluite in migliaia di pagine di registrazioni trascritte e che nessuno leggerà mai per finire nei guai. Basta fare copia e incolla di alcune frasi tagliate ad arte su ore d’ intercettazione e il gioco è fatto. Due parole che si interpretano a piacimento di chi trascrive e si può diventare sospettato di mafia e se nei guai fino al collo. Le prove tangibili di complicità o collusione con la mafia ?E chi se ne frega. Poi, se funzionari dello Stato coprono i mafiosi , o rilasciano licenze e permessi per investimenti milionari ,nessuno li tocca. Credere che la mafia si interessi alle molliche e non alle vacche grasse, ha fatto comodo a qualcuno.
E a che serve protestare contro queste ingiustizie? Serve a poco e ci si può far male. Ma i veri mafiosi, tipo Matteo Messina Denaro, conoscono bene questi metodi di lotta apparente alla mafia. Già nel 1990 “Lu siccu” lo aveva capito. Lo sa il boss che spesso cercano più radici per “gruttare” che la verità. E infatti Lui ,da 30 anni ,si gode la sua vita da latitante e il conto la pagano gli altri. Va dato merito invece a chi, in questi anni, ha lottato veramente contro la mafia senza chiedere poltrone o prebende, rischiando anche la vita.
Se il boss è libero , il sistema di pseudo lotta alla mafia guadagna. Se il boss viene arrestato non solo può parlare e dirci tante cose sulle stragi, ma l’antimafia di potere rischia di perdere terreno. Senza nemico o con nemici piccoli, non serve più tutto il circuito
Per essere presi per mafiosi dal sistema caro a Montane bastava anche un semplice caffè preso al bar con qualcuno sospettato di mafia. “ Meglio non parlare di queste cose” , viene suggerito a chi non appartiene a questi sistemi. Si rischia. Ovviamente queste regole servivano solo per chi non era amico degli antimafiosi del sistema studiato a tavolino. Un esempio su tutti: Crocetta. L’ex governatore, nonostante sia imputato in svariati processi, non ha mai fatto un giorno di misura cautelare. Anzi, se la gode a Tunisi e nessuno lo manda a chiamare. Anche la Saguto, nonostante carichi pendenti pesantissimi non ha mai fatto un giorno di misura cautelare. Anche altri indagati con reati gravi tra poliziotti e faccendieri, non conoscono la misura cautelare. Due pesi e due misure? La risposta è “SI”
Ma torniamo al giornalista Mondani e alla sua brillante inchiesta
È POSSIBILE CHE DENTRO CONFINDUSTRIA, IN TANTI ANNI, NESSUNO SI SIA MAI OPPOSTO A MONTANTE? – LA PUNTATA DI “REPORT” SULL’EX PALADINO DELL’ANTIMAFIA HA LANCIATO TANTI DUBBI RIMASTI TALI.
NEL 2008, APPENA ELETTA PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMMA MARCEGAGLIA AFFIDÒ A MONTANTE LA DELEGA PER LA LEGALITÀ CHE GLI REGALÒ I RAPPORTI CON I VERTICI DI MAGISTRATURA, CARABINIERI E SERVIZI SEGRETI – INSOMMA; MONTANTE VENNE MESSO AL CENTRO DI UN ENORME POTERE
Nel 2008, appena eletta presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia affida a Montante, al quale è legatissima, la preziosa delega per la legalità che gli propizia i rapporti con i vertici di magistratura, carabinieri e servizi segreti. E MONTANTE non perde l’occasione. Il “mantello” datogli è quello di diventare il paladino dell’antimafia. Lui sa bene quanto potere gli è stato dato.
Racconta sempre a Report Marco Venturi: “Ci siamo resi conto di quello che è stato l’imbroglio di Confindustria, una stagione che era partita bene, per fare la lotta alla mafia e al racket nel 2006. Però subito si inceppò perché quando si cominciò a parlare di lotta al lavoro nero, lotta agli imprenditori che non pagavano gli stipendi, toglievano il 50 per cento dalle buste paga, lì cominciarono dei freni, cominciò la paura di molti“.
Nel 2015 Venturi lascia Confindustria, quando è presidente Squinzi: “Mi fecero capire che mi avrebbero buttato fuori quindi io in quel momento rassegno le dimissioni. Squinzi, io avevo cercato di parlarci ma lui parlava con Montante, eseguiva gli ordini di Montante”.
Le prime immagini dell’ inchiesta di Paolo Mondani (Il codice Montante) dicono tutto.
Montante e Napolitano: il trionfo del potere oscuro
È il 30 maggio 2008 e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nomina Cavaliere del lavoro Antonello Montante, imprenditore rampante poco più che quarantenne. Accanto a lui Benito Benedini, boss della Confindustria milanese, poi finito imputato per falso in bilancio nel crac del Sole 24 Ore
Nella puntata di Report, l’inchiesta di Mondani mette le mani sullo scandalo tanto grave – per le ramificazioni del sistema di potere illecito attribuito dalla procura di Caltanissetta all’imprenditore – quanto ignorato dai media. Ma soprattutto ignorato dalla Confindustria, che preferì lasciare Montante nel limbo della sospensione, mentre l’altro siciliano Marco Venturi è stato fatto fuori dall’associazione già quattro anni fa proprio per le sue accuse a Montante. Sulla doppia faccia di Montante l’ex presidente Vincenzo Boccia fu serafico: “Ce ne potevamo accorgere noi? Non se n’è accorto nessuno”.
Eppure, nota Mondani, “i magistrati che hanno indagato su Montante sospettano che nel suo sterminato archivio sia finito il segreto per eccellenza”: le famose intercettazioni telefoniche tra l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino e Napolitano, ufficialmente distrutte nel 2012 per ordine della Corte Costituzionale. Quelle intercettazioni erano nella disponibilità del colonnello dei Carabinieri Giuseppe D’ Agata, ex capo centro della Dia (direzione investigativa antimafia) di Palermo. D’Agata a un certo punto viene portato a lavorare per i servizi segreti dal generale Arturo Esposito, direttore dell’ Aisi, fratello dell’ex questore di Trapani, Carmine.
Entrambi finiscono nell’inchiesta con Montante, con l’ipotesi che abbiano fornito al sedicente eroe antimafia notizie riservate sull’inchiesta a suo carico.
Montante, le istituzioni , Banca Nuova e il solito vizio di “sistemare i figli”
“Il figlio di D’Agata – segnala Report – è stato assunto a Banca Nuova, la moglie viene piazzata da Montante in un ente regionale”. Il solito gioco del lavoro trovato tramite raccomandazioni. A chiedere favori però, non è un politico, ma un Colonnello della DIA. Insomma, con il mantello dell’antimafia tutto si poteva. Anche trovare lavoro o rovinare qualche persona che stava sul cazzo. Montante con l’ex ministro Alfano poi fa bingo. Pure un Ministro dell’Interno amico.
Un capitolo inquietante nella storia di Montante riguarda Banca Nuova, la controllata siciliana della Popolare di Vicenza di Gianni Zonin. Un tappo enorme che ancora è tutto da comprendere. Secondo Mondani, appare ormai evidente che questa banca era un proprio strumento dei servizi segreti. Banca Nuova aveva la sua sede a Roma in via Nazionale 230, nello stesso edificio in cui nel 2006 la procura di Milano scopre l’ufficio riservato del Sismi dove il capo di allora Nicolò Pollari “aveva installato lo spione Pio Pompa a preparare dossier su politici, magistrati e giornalisti”.
Commenta l’ ex direttore generale di Banca Nuova Adriano Cauduro, che sull’ argomento ha scritto uno scottante memoriale: “È strano che in una città come Roma, con tutti gli immobili che ci sono, ritorni nuovamente un rapporto di vicinanza tra le proprietà di Banca Nuova e i Servizi Io quello che posso dire è che ho incontrato personalmente Pollari durante uno dei miei giri a Roma in filiale ed era chiaramente, tranquillamente seduto alla scrivania del direttore della filiale”. Questo incontro avviene nel 2017, scandisce Cauduro. Dopo la precedente puntata dedicata da Report al caso Montante, nello scorso novembre, Pollari smentì rapporti particolari con la banca, a parte averci avuto il conto corrente come Montante.
Mondani lancia un altro quesito importante: “chi sono stati i clienti di Banca Nuova? ” Lo stesso Mondano, in un intervista, fa nomi e cognomi e soprattutto lancia un importante tesi investigativa:” Chi sono i debitori di Banca Nuova che non hanno più restituito i lauti prestiti ricevuti”? Nessuno può escludere che tra questi clienti ci fosse qualcuno legato alla mafia “sperta“
Si tratta di “pacchi” fatti alla banca, per centinaia di milioni di Euro. Di questo argomento ne parleremo successivamente.