Il tentativo di arrestare il boss ha riempito migliaia di pagine giudiziarie. Tonnellate di dichiarazioni. In quasi 30 anni di latitanza sono stati scritti decine di libri e articoli a go go.Prodotte migliaia di ore d’inchieste e processi a tutto campo. Il boss libero. Purtroppo ancora libero di girare e far danno. Spesso, la corsa ad arrestarlo, ha generato tanta confusione anche tra gli inquirenti. Il gioco del sospetto più o meno in buonafede ha finito per aiutare Messina Denaro e i suoi complici di alto rango. Anche la forte pressione giudiziaria e mediatica non ha agevolato fin ora, gli inquirenti, per il suo arresto. Una comunità allo sbando quella di Castelvetrano che è ormai talmente lacerata che finisce pure per farsi la guerra sul nulla. Ogni giorno battaglie mediatiche sulle possibili verità legate al boss e sulla sua cattura. Tutti contro tutti e alla fine vince sempre “lu merda sicca” : Matteo il boss . Boss che non ha neanche il coraggio di costituirsi, nonostante gli attacchi ripetuti alla sua famiglia , a tutta la sua schiera di picciotti e la terra bruciata attorno che sempre più difficilmente gli consentirà di muoversi. A Lui fa comodo sapere che, tra chi a vario titolo lo vorrebbe in galera con le catene da schiavo, non vi coesione e unità di intenti. A Lui, “lu curtigghiu”, e le liti tra quelli dell’antimafia di valore che non cercano medaglie e potere e chi cerca solo la verità per senso civico, lo fanno ingrassare. Poi, l’antimafia di potere che attacca tutto a prescindere, verosimilmente lo farà “scaccanniari“. L’unità d’intenti nella strategia per fotterlo sarebbe molto più vincente. E invece, da qualche tempo, ci tocca pure leggere di procure che si “pizzicano” per le sue inchieste. E’probabile che il boss maledetto goda anche di tutto questo male che la gente si fa nel cercare di capire come arrestarlo. Un boss vigliacco e senza palle che assiste alla distruzione di una comunità , facendo anche pagare il conto a gente che non c’entra nulla con la sua rete di sodali potenti .Non ha il coraggio per costituirsi? O il coraggio non lo trova perchè sa che qualcuno lo aiuta ancora e anche dentro le istituzioni?
E’stato fatto tutto il possibile per accertare i fatti veramente accaduti e capire chi ha protetto il boss e i suoi amici ancora in libertà? Quanta gente deve ancora finire in carcere per fare terra bruciata? In 20 anni d’inchieste sono state confiscate aziende e beni per 3 miliardi di Euro riconducibili al suo bottino economico. Il Belice non è la Lombardia. Non rimane molto ancora da sequestrare tranne che, non si guardi in altri ambiti. La latitanza costa molto e questi soldi, nonostante le tantissime attività investigative , pare arrivino ancora al latitante. Non è più giovanissimo.A quasi 60 anni, non ha mai bisogno di medici e di cure? Neanche il Covid lo spaventa? “Lu siccu” comunque avrà bisogno di picciuli e di questi tempi con tutti questi sequestri non è semplice che li trovi. Leggere e cercare di capire i verbali di pentiti ritenuti attendibili agevola . Sull’aspetto economico, uno dei più chiari è stato Francesco Geraci. L’ex gioielliere si è pentito e ha raccontato diverse cose sul boss. Alcune delle quali non sono state lette con tanta attenzione
Da “Repubblica del periodo anno 1996:– I gioielli “di famiglia”, collier, orecchini, Cartier, crocifissi tempestati di brillanti, diamanti, sterline e lingotti d’ oro ed altri preziosi per un valore di oltre due miliardi di lire, Totò Riina, il capo di Cosa Nostra, li teneva nascosti sotto il classico mattone., proprio nella sua abitazione Ma oltre al tesoro, composto anche da decine di chili di lingotti d’oro e che sarebbe solo una minima parte di quello che è stato trovato, il pentito indicò nel 1996 ai magistrati della Procura di Palermo e agli investigatori le vaste proprietà terriere che Riina e la famiglia Messina Denaro avevano comprato nel territorio di Castelvetrano e comuni limitrofi. Ettari ed ettari di campagna, vigneti, agrumeti che il boss aveva intestato a prestanomi di sua fiducia. Il pentito, che portava in barca Riina e famiglia durante le vacanze estive che il boss trascorreva sul litorale di Castelvetrano, aveva fatto rivelazioni anche sulla strategia del terrore ideata da Cosa nostra agli inizi degli anni ‘ 90, prima ancora che la Cassazione confermasse le condanne del primo maxiprocesso.
L’ulteriore passaggio evolutivo di tale rapporto – annota il Gip a pagina 21 del provvedimento relativo – fu l’affidamento a Geraci di numerosi lingotti d’oro (chi, di noi, non ne ha una decina in casa per far fronte a spese improvvise o per dare una mancia al corriere!, nda) e di una valigia piena di monili e oggetti preziosi, beni tutti appartenenti a Totò Riina, consegnati da Geraci agli inquirenti all’inizio della sua collaborazione. «Nella terza occasione – proseguirà Geraci nell’interrogatorio del 5 ottobre 1996 –
La domanda è scontata: erano solo quelli i lingotti e preziosi nascosti? La risposta è altrettanto ovvia. I lingotti non hanno targa e girano meglio dei soldi che lasciano traccia. Il tesoro ritrovato potrebbe essere solo una parte. E il resto dove si trova? L’altro aspetto è quello relativo al grande investimento in terreni . Un modo ghiotto di far soldi e nasconderli. Terreni agricoli che venivano destinati dal comune in zone d’espansione urbanistica. Di terreni con cambio di destinazione d’uso a Castelvetrano dal terremoto in poi se ne trovano a quintali. Geraci parlò pure dell’intenzione di realizzare la “Castelvetrano 2”. era iniziato il berlusconismo e per stare al passo con i tempi anche a Castelvetrano il boss e suoi amici speculatori si dovevano adeguare. L’operazione non riuscì ma molte altre speculazioni urbanistiche invece videro il sole. Erano tempi belli per la famiglia del boss e chi stava in affari con loro anche dentro il palazzi del potere . Un vecchio politico della prima repubblica che era lontano da questi affari usava dire:” na pocu a castelvetrano sordi un nni vonnu chiu” Continua
Fonte: Repubblica, documenti