Massimo Carminati torna libero dopo 5 anni e 7 mesi. Accolta l’istanza della difesa, “siamo soddisfatti” commenta il legale del “Cecato”, libero per scadenza dei termini della custodia cautelare.
“Tutela un principio di civiltà” dice all’Adnkronos l’avvocato Cesare Placanica, che insieme all’avvocato Francesco Tagliaferri difende l’ex terrorista dei Nar.
La sentenza della Cassazione sul cosiddetto “Mondo di mezzo” ha escluso il reato di associazione mafiosa per quella che a lungo è stata definita “Mafia Capitale”. Solo pochi giorni fa sono state pubblicate le motivazioni.
L’inchiesta ha tuttavia fatto luce su un quadro desolante della città di Roma e della gestione degli appalti dei servizi del welfare capitolino. Tutto, dalla gestione dei campi nomadi, ai migranti, alla manutenzione del verde, era improntato a un “mercimonio” di pubblici funzionari, imprenditori e politici di Roma ‘capoccia’.
Una folla di collusi che diceva ‘sì’ – al “sistema” messo in piedi dal ras delle cooperative Salvatore Buzzi, e dall’ex Nar Massimo Carminati – non per “paura” ma perchè incapace di resistere al “vantaggio privato” che potevano trarre dalla svendita delle loro funzioni.
La Cassazione ha cancellato l’ombra mafiosa nell’indagine partita nel 2010 dai pm dell’era di Giuseppe Pignatone e arrivata a una svolta nel 2014, con una serie di arresti. “Appare evidente, dalla sentenza di secondo grado, che non risulta affatto il ruolo di Massimo Carminati quale terminale di relazioni criminali con altri gruppi mafiosi”, rimarca la Sesta sezione penale. “Nessun ruolo era gestito da Carminati con settori finanziari, servizi segreti o altro; la gestione delle relazioni con gli amministratori era compito quasi esclusivo di Salvatore Buzzi, avendo Carminati relazioni determinanti solo con alcuni ex commilitoni” di estrema destra approdati nell’organigramma del Campidoglio.
Insomma l’ex neofascista – condannato in appello a 14 anni e sei mesi, ma la pena dovrà essere rimodulata alla luce della decisione della Cassazione- non avrebbe avuto “contatti significativi” con il clan Casamonica, con quello dei fratelli Senese, con l’ex della banda della Magliana Ernesto Diotallevi. Era Buzzi, ai domiciliari da dicembre dopo cinque anni in carcere e una condanna a 18 anni e 4 mesi (anche questa andrà rivista dai giudici della Corte d’Appello) a tessere la sua rete nei municipi e nelle giunte a furia di mazzette, cene e promesse di assunzioni.
Prima dell’accoglimento di oggi, l’istanza era stata rigettata tre volte.
Fonte: ADN Kronos