Il pentito di mafia Gaspare Mutolo, è stato condannato a 2 anni di carcere dal tribunale di Roma per avere calunniato l’ex pm Giuseppe Ayala. Lo ha deciso il giudice monocratico Gabriella Fazi che ha disposto una provvisionale di 20 mila euro.
Mutolo definì Ayala una “figura ambigua” nel corso di una sua deposizione davanti alla Corte di Assise di Caltanissetta il 25 giugno 2014, nell’ambito del processo Borsellino quater.
“È stato restituito l’onore ad un magistrato, pm del maxi processo e al pool antimafia di Palermo – commenta il legale Nicola Madia – che non aveva una serpe in seno. Nei giorni dell’anniversario della strage di Capaci è un importante tributo della memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino”.
A proposito dell’ex pm Ayala, nel luglio 2018 anche la figlia del giudice Borsellino, Fiammetta, sollevò dubbi. In particolare sulle numerose versioni fornite da Ayala in aula: “Al magistrato Giuseppe Ayala, che nel 1992 era parlamentare, vorrei chiedere perché ha fornito sette versioni diverse dei momenti successivi alla strage, in cui si trovò fra i primi in via D’Amelio a tenere in mano la borsa di papà. E poco dopo scomparve l’agenda rossa“.
Dubbi ribaditi anche nelle famose 13 domande di Fiammetta Borsellino allo Stato: «Perché l’ex pm allora parlamentare Giuseppe Ayala, fra i primi a vedere la borsa, ha fornito versioni contraddittorie su quei momenti?»
Ayala replicò nel luglio 2019 a Fiammetta Borsellino: «La figlia di Borsellino invece di andare al carcere a sentire gli assassini del padre (riferimento alle visite a Graviano, ndr), può venire da me se ha bisogno di chiarimenti».
Deposizioni – quella di Ayala – caratterizzate da diversi “non ricordo” e un forte contrasto con l’avvocato Fabio Repici (legale di parte civile di Salvatore Borsellino) che puntava a dimostrare l’inattendibilità del teste: «Non so quante volte sono stato sentito in questa vicenda. Avanzare dubbi con una forma ossessiva è una cosa che mi crea disagi», ha risposto Ayala.
Anche il pm Nico Gozzo, come riporta la relazione della Commissione Antimafia ragionale sul depistaggio in via D’Amelio, dichiarò: «Il collega Ayala – ha detto – ha reso diverse versioni… non so quanto tutto questo appartenga al modo di essere di Ayala oppure evidentemente a una voglia in qualche modo di depistare le indagini. Saranno i colleghi di Caltanissetta a stabilirlo».
In un recente editoriale, il cronista Saverio Lodato scrive: «Ripetutamente interrogato sul punto, Giuseppe Ayala, avanti negli anni come tutti noi, a spiegazione di una quasi mezza dozzina di versioni differenti su questa circostanza, si è dichiarato pronto a rendere conto a Dio quando sarà, visto che su questa terra la memoria non lo aiuta più, nel ricordare a quali mani affidò la borsa delle discordia»