Con i progressi telematici che l’emergenza ha favorito è giusto «ampliare la smaterializzazione delle carte, ma va evitata la smaterializzazione delle persone», avverte la segretaria di Magistratura democratica. Che ricorda: «Il principi di oralità e immediatezza sono il cardine del nostro sistema penale, e non possono essere compromessi dal ricorso alla tecnologia»
Non è materia da poco: è il cuore della democrazia. «Perché la giustizia è espressione e luogo di democrazia». Mariarosaria Guglielmi è pm della Procura di Roma e segretaria di Magistratura democratica, e tiene a ricordare quel valore. Guida una componente storica, progressista, e attenta alla riflessione culturale. Perciò anche sulla giustizia telematica, Md, e Guglielmi, non si fermano ai dettagli tecnici.
«Il punto è la linea di confine. Il patrimonio tecnico acquisito, anche a fatica, nei giorni dell’emergenza è prezioso. Ma tutto sta a intendersi sull’uso che se ne potrà fare a emergenza conclusa. Si tratta di comprendere se è pensabile, e non credo che possa mai esserlo, scalfire con la telematica il principio di oralità e immediatezza del contraddittorio alla base della formazione della prova nel nostro sistema penale».
Intanto le udienze da remoto scontano farraginosità. O no?
Parlo della Procura e del Tribunale di Roma. Qui è stato compiuto un grande sforzo. Si è garantito lo svolgimento, da remoto, delle udienze di convalida dell’arresto e del fermo. Sono emersi anche alcuni problemi specifici: dalle possibili eccezioni relative a carenza di connessione agli aspetti segnalati dal Garante della privacy. Ma lo sforzo compiuto, qui come altrove, per evitare una sospensione della giurisdizione, è stato avvertito come molto positivo.
Al punto da mandare in soffitta il processo svolto in un’aula vera?
Aspetti. È chiaro che non avrebbe senso mortificare i risultati ottenuti. Ma certo, è qui che è necessario compiere una riflessione. Su un aspetto in particolare: in che modo le evoluzioni tecnologiche incidono sul nostro paradigma di processo penale. Se abbiamo nuovi strumenti, dobbiamo governarli, non subirli.
E in che modo?
È necessario investire sul processo penale telematico. In modo da preservare una condizione di reciprocità tra uffici giudiziari e avvocatura. La tecnologia può assicurare efficienza. Ma bisogna chiedersi se si possa oltrepassare quella linea del Piave rappresentata dall’istruttoria dibattimentale, dall’esame e dal controesame. Dobbiamo chiederci se sia possibile un esame a distanza. O se verrebbe così compromesso il principio dell’oralità e immediatezza.
Ed è possibile superare quei princìpi?
Vorrebbe dire cambiare il modello del nostro processo penale. Governato dall’oralità ma anche da un altro principio non trascurabile: la concentrazione, la contestualità. Le parti del processo devono trovarsi in un determinato luogo nello stesso momento. Non è possibile, ritengo, prescindere da questo. E attenzione: è un’esigenza certamente avvertita dagli avvocati, come è emerso dalle prese di posizione dell’Unione Camere penali. Ma riguarda tutti. Anche noi magistrati.
Fonte: Il Dubbio