Quel piacere sadico di alcune procure di “sbattere il mostro in prima pagina” .
Ormai, dentro la magistratura , è evidente, insiste una corrente di pensiero, determinata dalla scuola di Davigo che non vorrebbe neanche gli avvocati tra i piedi. Quasi a dire agli indagati o imputati:”confessate luridi e sporchi, come osate dire che i Pm hanno torto? Coome osate mettere in discussione le tesi dell’accusa?
Il Diritto di cronaca dovrebbe essere uguale tra accusa e difesa. Invece , nel 90% dei casi non è così . L’accusa ottiene molto più spazio sui media: Le procure passano anche stralci di intercettazione che l’accusato non conosce. Le trascrizioni originali, li potrà leggere con i suoi legali dopo mesi. Per sentire i nastri originali si passano i guiai tra richieste e tempi. Il meccanismo dell’indagine show, bacchettato dalla Cassazione, crea già una “condanna” virtuale nell’opinione pubblica. Una strategia che è piaciuta a molti giustizialisti. Molta visibilità e non verità. Poi i processi durano anni e la gente dimentica. Chi chiede l’applicazione dei dettati costituzionali non è innocentista o tende a sminuire il delicato lavoro dei PM. Chi è per la linea di Mammone è per il giusto garantismo previsto, peraltro, dalla Costituzione Italiana. Anche nel processo con l’abbreviato qualcosa non va per il verso giusto.Anche questo tipo di processo andrebbe cambiato. Troppi i carichi di lavoro
L’Italia non è un Paese medievale
Lo Stato di Diritto è un altra cosa.
La Magistratura, come ha spiegato il Primo Presidente di Cassazione, non può prestarsi alle logiche della politica , di apparati di potere o di strategiche opportunità mediatiche. La Magistratura, come intesa nella Costituzione , è un potere di garanzia costituzionale e democrazia. L’errore, all’interno della Magistratura italiana è anche quello della mancanza della separazione delle carriere. Chi fa il Pm è quindi l’accusatore di professione, non dovrebbe mai passare al giudizio. NEGLI USA, e in altri Stati europei non è così Le carriere sono separate. Fondamentale l’indipendenza dei magistrati che dovrebbero frequentare meno le segreterie dei politici . Il magistrato deve cercare la verità e non gli scoop
La grande saggezza del Primo Presidente di Cassazione Mamone:
Certo non si può dire che siano mancati gli spunti di dibattito nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario alla Corte di Cassazione a Roma. Una cerimonia scoppiettante se non altro perché i principali temi di discussione e di scontro politico – su cui non solo i partiti si dividono anche animatamente – sono stati al centro degli interventi di due dei padroni di casa, il primo presidente Giovanni Mammone e il procuratore generale Giovanni Salvi. Che non hanno lesinato parole nette sulla prescrizione, sulle conseguenze dei cosiddetti decreti Sicurezza e sulla spettacolarizzazione delle indagini e dei processi.
In particolare su quest’ultimo punto quello di Salvi è apparso come un vero e proprio monito ai colleghi magistrati, affinché evitino forzature dal punto di vista della comunicazione delle indagini. “Toni enfatici – tali da generare nell’opinione pubblica la convinzione della definitività dell’accertamento – sono professionalmente inadeguati e lesivi dei diritti degli indagati”, ha affermato il procuratore generale della Corte di Cassazione con una presa di posizione che lascia spazio a pochissimi dubbi. La difesa dei diritti di chi è sottoposto a indagini è un valore del nostro ordinamento costituzionale che deve essere difeso in ogni occasione. Messaggio che Salvi ha poi ulteriormente rincarato, a conferma di quanto questi aspetti siano a suo avviso fondamentali: “La semplificazione della comunicazione rischia di generare il sospetto che non la fiducia della pubblica opinione sia ricercata, ma il suo consenso. E questo sarebbe la fine dell’indipendenza del pubblico ministero”. Che deve attenersi “ai doveri di riservatezza e correttezza, come manifestazione e riflesso” della sua imparzialità e autonomia. Parole che potrebbero fungere da stimolo a interrompere il circo mediatico-giudiziario che in troppi casi ha scandito la vita pubblica del nostro Paese e le vicende personali di numerosissimi indagati magari poi risultati innocenti.
E che l’intervento romano sia destinato a lasciare una scia nel dibattito non solo politico delle prossime settimane lo confermano pure le dichiarazioni dello stesso Salvi in materia di immigrazione. Considerazioni di carattere tecnico che però è difficile non ricollegare a quanto previsto dai cosiddetti decreti Sicurezza varati dall’allora governo gialloverde su cui il capo dello Stato Sergio Mattarella aveva avanzato qualche riserva all’atto della firma e che adesso il Partito democratico vorrebbe incisivamente rivedere. “Le scelte sulle politiche migratorie e di ingresso nel territorio dello Stato competono al legislatore e al governo”, ha evidenziato il procuratore generale che poi ha precisato: “Purché nel quadro di compatibilità con le norme costituzionali e pattizie, prima fra tutte l’obbligo che il nostro Paese ha assunto per la protezione internazionale di coloro che ne hanno potenzialmente diritto”. Un richiamo che a questo punto potrebbe imprimere un’accelerazione al processo di riscrittura dei decreti Sicurezza.
Così come è immaginabile che arrivi presto una nuova disciplina della prescrizione, quantomeno per mitigare la riforma varata anch’essa dai gialloverdi ed entrata in vigore il primo gennaio scorso, che ne impone lo stop dopo il primo grado di giudizio. D’altro canto le parole del primo presidente Giovanni Mammone sotto questo profilo sono state chiarissime: “Il blocco della prescrizione prolungherà la durata dei processi. Le vittime del reato vedrebbero prolungarsi i tempi di risposta della giustizia e del risarcimento del danno patito: è dunque auspicabile che intervengano concrete misure legislative”. In modo da velocizzare l’iter processuale ed evitare un rinvio sine die della definizione dei giudizi. Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, presente in Cassazione, non si è scomposto (“la legge è una conquista di civiltà, il confronto è in corso”) anche se il commento del responsabile in materia del Pd, Walter Verini, fanno chiaramente intendere quanto i dem siano intenzionati a fare sul serio sull’argomento: “E’ necessario al più presto portare in Consiglio dei Ministri la riforma del processo penale e insieme giungere – come maggioranza – a una modifica vera della legge sulla prescrizione, per arrivare a una sintesi che tenga conto delle ragioni serie di tutte le componenti”. Le posizioni, insomma, sono ancora distanti.
Fonte: I formiche