Convegno Regione Siciliana – Deloitte
“Investimenti nel mezzogiorno d’Italia: opportunità di sviluppo”
È una fotografia nitida del Mezzogiorno e della Sicilia, quella scattata questa mattina a Villa Malfitano, a Palermo, nel tavolo di confronto fra le istituzioni, il mondo produttivo e gli investitori che hanno scelto la Sicilia per fare impresa.
Alla conferenza “Investimenti nel mezzogiorno d’Italia: opportunità di sviluppo” promossa da Deloitte e patrocinata da Svimez e Irfis, è stato il rapporto SVIMEZ, convitato di pietra, a mostrare con chiarezza il quadro di recessione del Sud, con un divario crescente rispetto alle regioni del Nord Italia, ma anche rispetto alle regioni europee.
“Serve un pensatoio: abbiamo avviato un lavoro programmatico che preveda e prepari la Sicilia del 2030. È una rivoluzione culturale in una regione nella quale la stessa lingua non prevede la forma al futuro. Non si progetta ma vive alla giornata. Ma c’è anche una luce positiva: nell’ultimo biennio abbiamo raddoppiato la spesa pubblica, spendendo la maggiore cifra per il dissesto idrogeologico e l’infrastruttura immateriale”.
Il presidente della Regione Siciliana, onorevole Nello Musumeci, è netto quando parla di carenze infrastrutturali che vengono dal passato, di desertificazione delle risorse umane, di problemi legati a un meccanismo burocratico con tempi inaccettabili e, soprattutto dell’assenza di un governo centrale. Ma soprattutto è chiaro quando rimette al centro del dibattito il ponte sullo stretto.
“La normativa che blocca l’attività autorizzativa è una follia: i tempi e l’incertezza bloccano gli investimenti e fanno scappare investitori e giovani siciliani. Per questo ho chiesto un appuntamento al presidente Conte: non ci servono nuove risorse ma dobbiamo poter spendere bene e presto i nostri cinque miliardi che abbiamo in cassa. Chiediamo una deroga per cinque anni alle normative che impongono lacci e lacciuoli senza mettere in discussione la trasparenza delle azioni amministrative”.
Alcuni numeri, ricordati da Pierluigi Brienza, Chief Strategy Officer di Deloitte Central Mediterranean, appaiono più che un campanello di allarme:
- PIL Sud Italia +0,6% nel 2018 (a fronte di +1% nel 2017). In Sicilia il Pil è cresciuto dello 0,5% nel 2018 dopo il -0,3% del 2017
- Ristagno dei consumi – +0,2% nel 2018 nel Sud Italia a fronte di un +0,7% del Centro Nord.
- Crollo degli investimenti pubblici – nel 2018, stima la Svimez, la spesa in conto capitale è scesa al Sud da 10,4 a 10,3 miliardi, nello stesso periodo al Centro-Nord è salita da 22,2 a 24,3 miliardi.
- Occupazione – nei primi due trimestri del 2019 l’occupazione nel mezzogiorno è diminuita di 27mila unità pari al -0,4%, mentre nel Centro-Nord è cresciuta di 137mila unità pari a +0,8%.
“Dobbiamo superare l’inganno della contrapposizione fra nord e sud: una parte importante del problema italiano dipende dall’incapacità di utilizzare le potenzialità reali del mezzogiorno” afferma Luca Bianchi, Direttore Svimez e già assessore all’Economia della Regione Siciliana. “La Sicilia ha storicamente una difficoltà nella fase di crisi ma anche una debole capacità di ripresa. Con una netta differenza fra il settore pubblico e privato: dopo la crisi 2008/20014, il settore privato ha retto la competizione sui mercati internazionali. Al contrario, il settore Pubblico ha reagito meno bene: il Pil è passato dal 72 al 62% sulla media europea (ma anche il nord perde punti) mentre il centro Europa cresce anche in regioni considerate fragili”.
Secondo Bianchi il mezzogiorno deve diventare la piattaforma verde del paese: il biotech è raddoppiato negli ultimi anni e in Sicilia il fatturato è triplicato, ma serve una coscienza collettiva e una nuova cultura per far si che il sud possa contribuire alla crescita del paese
Per un monitoraggio costante dell’economia e della società siciliana è nato in settembre un osservatore sulla Sicilia fra Svimez e Irfis che emetterà rapporti trimestrali.
Da Giacomo Gargano (Presidente di Irfis), una lucida analisi dei rapporti fra il pubblico e il privato.
“Serve un collegamento istituzionale fra il mondo dell’impresa e le istituzioni. Irfis, società finanziaria dal 2016, deve essere il trait d’union fra la politica e gli investimenti pubblici e il settore privato. Il problema non è la mancanza di risorse ma di strumenti utili per poterle utilizzare. Sette miliardi non spesi sono una cifra enorme: la Sicilia impiega molto tempo nella progettazione ma poi nella fase attuativa recupera. Problema della burocrazia è gravoso ma non per la mancanza di risorse eccellenti. Il sistema è sbagliato: andrebbe rivista la cesura voluta negli anni 90 fra le scelte politiche e le azioni della burocrazia”.
Fra le criticità emerse coralmente: burocrazia, istruzione e infrastrutture sono i veri obiettivi che si deve dare il sud: il 93% degli studenti primari non ha il tempo pieno, la maggior parte delle scuole non ha mensa o palestra. Oltre il 20% dei ragazzi abbandona la scuola: la povertà educativa è un’emergenza reale: l’istruzione terziaria è pari al 27% in Sicilia (in Grecia è al 51%).
Dalle interviste di Sergio Rizzo ai vertici di Almaviva, Rfi e Open Fiber è emerso un contributo utile al cambiamento, accompagnato dalla lucida lettura della situazione odierna fra problemi e risorse. Secondo Antonio Amati, direttore generale Almaviva, per aziende che si collocano nel segmento dell’economia della conoscenza il sud è un territorio di elezione. “Una rete di ottime università e una grande percentuale di popolazione giovanile è sicuramente un elemento di attrazione. Nel corso del 2018 abbiamo avviato la società AlmavivA Digitaltec a Napoli, con sedi a Palermo, Catania/Messina, Reggio Calabria, Bari, ma anche Mestre assumendo circa 280 professionisti”.
L’elemento più importante per gli investitori – secondo Amati – è avere chiarezza dei tempi e trovare allineate le entità centrali e locali essenziali affinché gli investimenti possano realizzarsi. “Le aziende sono certamente interessate a cogliere le opportunità che le leggi possono offrire in termini di risorse, ma non sono disposte a sacrificare – per ottenere quelle risorse – gli obiettivi di business. A esempio per noi è stato importantissimo trovare una collaborazione con Università e Regione che ci ha permesso di raggiungere le 280 risorse nell’insediamento avviato nel 2018. È fondamentale il rapporto fra impresa e università, e la messa a punto di uno strumento come gli spin-off accademici che possa facilitare il collegamento con le realtà produttive. In Sicilia soffia un vento di cambiamento positivo nei rapporti con l’Università di Messina che quella di Catania”.
Utilizzo delle risorse europee, realizzazione di infrastrutture e innalzamento della qualità dei servizi digitali sono gli elementi essenziali per semplificare la vita all’azienda e attrarre investitori.
E proprio di infrastrutture ha parlato Claudia Cattani, presidente di RFI, che ha ricordato i tredici miliardi che Rete Ferroviaria Italiana mette in campo per la cura del ferro in Sicilia. La rete regionale siciliana è infatti oggetto di importanti e significativi interventi di potenziamento infrastrutturale e tecnologico, che confermano la centralità della Sicilia nel piano di investimenti del Gruppo e determineranno positive ripercussioni sul trasporto ferroviario sia regionale sia a media e lunga percorrenza.
“Le infrastrutture ferroviarie rappresentano una condizione necessaria ma non sufficiente per il rilancio dell’economia meridionale -ha sottolineato Claudia Cattani – Occorre ragionare in termini di sistema affiancando i Servizi alla mera infrastruttura. Negli ultimi decenni il mondo sta sperimentando una velocità di cambiamento esponenziale che richiede una consapevolezza del ruolo centrale rivestito dal settore dei trasporti e una visione di lungo periodo sulla trasformazione della mobilità.
In questa prospettiva lo sviluppo dell’infrastruttura ferroviaria deve essere pensato in coerenza con quelli che saranno i bisogni di mobilità del futuro, con la corretta sinergia tra infrastrutture materiali e immateriali e nel rispetto della coerenza tra strategie e azioni”.
Per Emanuele Briulotta, di Open Fiber, serve una condivisione con il settore pubblico: “Con la regione lavoriamo molto bene ma ci rendiamo conto della difficoltà di un lavoro allo stesso ritmo di tutti gli enti. In due anni stiamo organizzando una rete che altri hanno organizzato in 20 anni. Per mettere la fibra in seimila comuni abbiamo dovuto incontrare una mole di percorsi amministrativi spaventosa. In Sicilia abbiamo la risposta è decisamente positiva”.