Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della Disciplina dei Diritti Umani, in occasione della Giornata internazionale delle donne rurali (15 ottobre) e della Giornata internazionale per lo sradicamento della povertà (17 ottobre) intende valorizzare il ruolo delle donne rurali nella promozione dello sviluppo rurale e socio economico e nello sradicamento della povertà.
Assieme alla Giornata mondiale dell’alimentazione, le odierne ricorrenze costituiscono un monito mondiale alla sicurezza alimentare, all’uguaglianza di genere, all’emancipazione femminile, alla produzione agricola sostenibile e alla lotta alla povertà, così come stabilito tra gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile siglata dai paesi dell’ONU nel 2015.
Oltre un miliardo di persone nel mondo continuano a vivere in condizioni inaccettabili di povertà e sono fortemente concentrate nelle aree rurali, specie in Asia e nell’Africa sub-sahariana dove le donne costituiscono la maggioranza della forza lavoro nei campi.
Come dichiarato dal segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, “in quanto prime ad adottare nuove tecniche agricole, prime a rispondere alle crisi e imprenditrici di energia verde, le donne nelle aree rurali sono una forza potente che può guidare il progresso globale“.
Esse infatti rappresentano un quarto della popolazione mondiale ed assicurano la sicurezza alimentare per le loro comunità; sono in grado di promuovere e mettere in pratica l’agroecologia sfruttando modelli di produzione e consumo sostenibili, rispettosi delle risorse naturali e delle conoscenze tradizionali; costruiscono la resilienza climatica e rafforzano le economie.
Tuttavia, mediamente, esse svolgono lavori sempre più pesanti, vivono in povertà e subiscono gravi discriminazioni di genere e violenze, sono private del potere decisionale sulle questioni che le riguardano ed escluse dalla partecipazione politica nelle famiglie e nelle comunità rurali. Le donne rurali non hanno accesso a risorse finanziarie e beni produttivi, né all’istruzione ed all’assistenza sanitaria, rimanendo sempre più sole a causa dell’emigrazione degli uomini verso l’occidente.
Tutto ciò comporta condizioni di vita particolarmente dure, con un alto indice di mortalità materna e infantile.
Grazie ad un’inchiesta di Radheshyam Jadhav, abbiamo appreso che nell’India occidentale, precisamente nel Maharashtra, essere una donna rurale impegnata nelle piantagioni di tè e canna da zucchero implica l’isterectomia come rimedio al “problema” mestruale. Poiché la mestruazione condiziona la resa delle operaie sui campi, l’asportazione dell’utero viene imposta dagli appaltatori e avallata dalle famiglie e dai mariti, con irreversibili conseguenze sulla salute di queste donne ed un ripugnante oltraggio alla dignità femminile.
È di tutta evidenza, dunque, che quella che la FAO definisce una vera e propria “femminilizzazione dell’agricoltura” e “femminilizzazione della povertà” dei paesi in via di sviluppo, necessiti del pieno riconoscimento e rispetto dei diritti delle donne, del loro accesso alle risorse e ai servizi essenziali, alla terra, al credito ed alla formazione. Solo così gli affamati del mondo potranno diminuire.
Nel nostro paese la presenza di donne rurali è in discreto aumento. Ad oggi, secondo i dati dell’Europarlamento, le donne italiane che lavorano nell’agricoltura sono il 32% con una percentuale superiore alla media Ue che è pari al 28%. Esse operano nelle imprese agricole e sempre più spesso sono esse stesse imprenditrici del settore agroalimentare.
Se, tuttavia, la condizione delle donne rurali italiane è di gran lunga migliore di quella delle donne che vivono nelle aree in via di sviluppo, la povertà non risparmia il nostro paese e si concentra principalmente nelle periferie urbane.
Secondo i dati Istat del 2018, oltre 1,8 milioni di famiglie italiane vivono in povertà assoluta (con un’incidenza pari al 7,0%), per un totale di 5 milioni di individui (incidenza pari all’8,4% della popolazione), prevalentemente nel Mezzogiorno (9,6% nel Sud e 10,8% nelle Isole) rispetto alle altre ripartizioni territoriali (6,1% nel Nord-Ovest e 5,3% nel Nord-est e del Centro).
Vi sono in particolare dei quartieri di periferia tristemente noti per le condizioni di degrado e povertà in cui versano gli abitanti tra cui ricordiamo, solo a titolo esemplificativo e non esaustivo, quartieri come Quarto Oggiaro (Milano), Tor Cervara e Corviale (Roma), Scampia (Napoli) o lo Z.E.N. ( Palermo). Sono quartieri in cui la dignità umana viene calpestata dall’impossibilità di autodeterminarsi a causa delle condizioni economiche e sociali che riducono gli abitanti a vivere in uno stato di segregazione sociale dal resto della popolazione.
In queste che potremmo definire delle vere e proprie aree di frontiera, la scuola costituisce per i più giovani l’unica presenza dello Stato e i docenti, che si approcciano agli alunni con dedizione e coraggio per risparmiarli al vortice della criminalità locale, sono vittime di aggressioni personali, saccheggi alle strutture scolastiche e, troppo spesso, dimenticati dal resto del mondo della scuola.
Il CNDDU intende manifestare tutta la propria solidarietà e stima ai colleghi impegnati in questi territori e propone al Miur la realizzazione di una rete digitale nazionale tra docenti di tutte le scuole italiane, compresi quelli del contingente estero, supportata da una piattaforma su cui poter condividere, e mettere a disposizione di altri colleghi, le attività didattiche e progettuali avviate nei propri istituti.
Solo facendo rete può attivarsi un concreto confronto e sostegno tra docenti per ottimizzarne il potere educativo della scuola italiana.
#nessundocenteèsolo
#ruralequalityfornopoverty
Prof. Veronica Radici
Coordinamento nazionale docenti delle discipline dei diritti umani