Qualcosa si muove ad Agrigento? Forse sì. Forse, invece, è una delle molte illusioni ottiche che hanno coperto e protetto, per decenni la stabilità di un sistema: il “Sistema Montante”, come si è finito per chiamarlo, tanto per evitare di usare il termine più appropriato: “la mafia dell’antimafia”, espressione più precisa, ma che, appunto per ciò, avrebbe rischiato di aprire la strada a considerazioni che il “sistema” ha da evitare.
Qualcuno degli “intoccabili” del luogo è stato, anche di recente pesantemente sbattuto nel mucchio di azioni giudiziarie contro un’esemplare congrega mafiosa (un sistema di potere parallelo a quello legittimo, è stata definita) che però si è avuto cura di escludere doversi considerare mafiosa, per non aprire ufficialmente la questione della mafia dell’”antimafia” di cui da anni parliamo e scriviamo.
Ad Agrigento il “Sistema Montante” (o mafia dell’antimafia”) ha un nome: Catanzaro, che non è la città calabrese, ma una famiglia di imprenditori, ai vertici di Sicindustria. Industria dell’immondizia, delle discariche fuorilegge. Per non dire altro. Per anni intoccabili. Ora pare sia finita la loro stagione. Fino ad un certo punto, ché infatti continua la persecuzione giudiziaria, ben spalleggiata, come tale, dell’unico personaggio che contro quella congrega si è battuto e si batte: Salvatore Petrotto.
Da ultimo Petrotto è stato condannato a 4 mesi di reclusione per aver riportato sul suo blog quanto pubblicato da vari giornali (non querelati) sul potere delle immondizie targate Catanzaro. Deciderà la Cassazione.
In passato Agrigento ha conosciuto il potere, anzi, lo strapotere, di personaggi non meno deleteri dei Catanzaro. Gli anni del dominio del (ora) galeotto-avvocato, anni in cui questi meritò il “nomignolo” “Pepè Corrimprocura”. Parlo del galeotto-avvocato Giuseppe Arnone, autodefinitosi “ecologista”, padrone locale di Legambiente, capace di bloccare e non far mai entrare in funzione un depuratore con incredibili pretesti pseudolegali (presi sul serio dai magistrati locali, e demoliti solo dalla Cassazione). Il suo dominio indecente sulla Città durò finchè, raggiunto oramai da una condanna per diffamazione (gravissima, ma punita con una benevola multa di 500 euro!!!) cominciò ad inveire contro giudici e P.M. con manifesti e striscioni. Condannato diecine di volte, continua a fare paura. Tanto è vero che lo si è lasciato fare l’avvocato in regime di “semilibertà”: di notte al carcere, di giorno in toga al Tribunale.
Ora pare che una dei Sostituto Procuratore di Agrigento, la dott.ssa Antonella Pandolfi, sia indagata dalla Procura di Caltanissetta. Non so perché e percome. Guarda caso è lei che ha trattato la gran parte dei procedimenti riguardanti Catanzaro e Compagni ed ha archiviato gran parte degli esposti dell’indomito Petrotto, e magari, lo ha incriminato.
Sui fatti, quelli importanti, quelli del “Sistema Montante”, di Agrigento, la stampa, chi sa perché, è particolarmente reticente e verso di lui benevola.
Mentre in tutta Italia pare che tutto sia mafia (anche a Roma domina la mafia!??) ad Agrigento succede di tutto e di più. La Città è sottoposta al succedersi di “padroni” di cui si ha paura anche di dire una parola, che continuano a far paura anche quando perdono la partita. Ma quella di cui si ha tanta paura, “non è mafia”.
Si parla, sì di mafia. Ma di quella oramai al tramonto, con le coppole storte e con la lupara. Certo ancora pericolosa. Ma della nuova mafia, della mafia dell’antimafia non si parla. Non è mafiosa.
Forse, quindi se mi domandassero se ad Agrigento qualcosa si muove, dovrei rispondere a me stesso che, certo, si muove, si rinnova. Si rinnova la mafia. Gli intoccabili vengono “toccati” con delicatezza. Ma la nuova mafia ancora “non s’ha da vedere”.
Non è, tuttavia, movimento “da poco”: sta passando in archivio passata la vecchia mafia, nasce e si rafforza, malgrado tutto, la nuova. La mafia dell’antimafia. “Non è mafia”. E’ “sistema”. Già. E’ proprio sistema.
Mauro Mellini
08.10.2019