Caldo aiutando e Mattarella esortando i due “capi ex contracto” del Governo populista (con tante scuse ai populisti di tutti i tempi) hanno deciso di far pace, cioè di continuare a farsi la guerra. Il tutto in una cornice di irreale follia. Il Governo, per bocca del Presidente, che negli ultimi tempi, in verità, si è ricordato di essere tale e non solo un bamboccio in perenne tentativo di non contraddire le azioni dei suoi “vice”, veri capi del Governo, o, almeno di un pezzo ciascuno di esso, proclama che, sia pure suo malgrado, la TAV s’ha da fare. Il Ministro “del ramo”, l’ineffabile Toninelli, uomo simbolo della stupidità incapace di tutta la baracca, dichiara che rimane contrario a quell’opera, come ha sempre sostenuto, sarebbe inutile, dannosa, pericolosa, antiestetica, contraria alla morale ed ai buoni costumi. Però resta Ministro e come tale firmerà di malavoglia e con ogni possibile ritardo contratti e decreti. “Prima la poltrona” è il motto che i Cinquestelle non hanno tardato ad assumere come regola fondamentale del mondo politico.
Quando il Presidente del Consiglio è andato in Aula al Senato a dire quel che sapeva (cioè che non sapeva) del viaggio in Russia in pompa quasi magna del suo Vice, i suoi (suoi, oramai, solo per modo di dire) se ne sono andati dall’Aula, gesto che fino ad allora aveva sempre significato la contestazione della legittimità del governo come “ultima ratio” delle Opposizioni. Ma quello dei Cinque Stelle dell’altro giorno, quell’andarsene quando è arrivato Conte, hanno poi spiegato, non era protesta per Conte che arrivava ma per Salvini che era rimasto a fare altro. “Espressione di uno stato d’animo”. Raffinatezza psicologica. Ma, pensate un po’ è come se l’Aventino “lo avessero proclamato i fascisti!!!”.
Salvini ha respirato, anche se Conte ha detto quello che in ogni governo di gente un pochino ragionevole sarebbe bastato ad imporgli di andarsene a casa. Bastato ed avanzato. Salvini è andato in Russia “in corpo e deputazione” con corteggio, addirittura, addetti stampa etc. con pranzo e cene e quanti altri dell’armamentario politico diplomatico senza avvertirlo, senza avvertire il Ministro degli Esteri, che, benchè non si sappia manco chi è, deve pur esserci.
Resta pendente sul capo di Salvini la mozione di sfiducia “individuale” proposta dal P.D.
Io ho sempre avuto e tuttora conservo forti dubbi sulla legittimità costituzionale della mozione di sfiducia al singolo ministro.
Ero Deputato quando fu per la prima volta proposto un simile atto nei confronti di non ricordo quale ministro D.C.
Provai a convincere i miei a condividere i miei dubbi. Inutilmente, manco a dirlo.
La Costituzione prende un rapporto fiduciario tra Parlamento e Governo nella sua interezza e globalità. Questo è il sistema “Parlamentare”. Se la fiducia, deve essere data e mantenuta nei confronti dei singoli ministri si scivola verso il “governo d’Assemblea”, che è cosa ben diversa.
Naturalmente a nessuno, passerà per l’anticamera del cervello che possa sussistere anche il dubbio della fondatezza di una tale tesi. E non gioverebbe nemmeno a Salvini che qualche persona raziocinante, che nel Parlamento deve pur esserci, volesse mettersi a rappresentare tale eccezione.
Ma, oramai è chiaro. Poiché mandare a casa Salvini significherebbe crisi di Governo ed elezioni anticipate, anche i P.D. avranno cura di non prendere sul serio la loro mozione.
Così si va avanti. Governare per sgovernare, appoggiando il Governo per poterlo combattere mantenendo l’alleanza dei due partiti per potersi scornare a vicenda.
E, tutto sommato, finchè si scornano si è al male minore. Quando, magari, arriveranno ad accordarsi, allora i guai saranno veramente grossi.
Mauro Mellini
26.07.2019
P.S. Nella storia della nostra Repubblica, a fronte di varie mozioni di sfiducia individuali, una sola è stata approvata, quella contro Filippo Mancuso del Governo Dini, “reo” di aver inviato ispettori ministeriali a Milano, dove il pool di Mani Pulite praticava spudoratamente la minaccia di mantenere gli imputati in stato di arresto se non avessero “chiamato in causa” altri “correi”.
Mancuso pronunziò un memorabile discorso di cui troppo facilmente si è dimenticato l’ammonimento: “non aspettate che l’Ingiustizia arrivi alle soglie delle vostre case”.
Dini non osò schierarsi a difesa del suo Ministro della Giustizia.
M.M.