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La Corte Costituzionale boccia il diritto di prevenzione: troppo generica la categoria dei “traffici illeciti” usata dalle procure senza riscontri certi
La Corte Costituzionale boccia il diritto di prevenzione che spesso viene chiesto e applicato dalle procure con il semplice sospetto basato su relazioni investigative. Un metodo che è stato applicato, secondo la Cassazione in modo superficiale. E’ evidente che la misura è utile e serve a contrastare il riciclo di denaro sporco che aiuta la malavita. E’ chiaro che la Cassazione non indica un errore di sostanza ma di metodo. Spesso sono state sequestrate aziende decotte e piene di debiti, anche con il fisco e che di fatto , non potevano generare flussi di denaro la Cassazione definisce : troppo generica la categoria dei “traffici illeciti” occorre avere prove circostanziate di beni e soldi di dubbia provenienza e che possano comprovare il vantaggio economico reale e la sussistenza del reato di occultare somme e beni che comunque danno vantaggi economici ,per cui scatta il sequestro e il processo per i responsabili in ragione del blocco del giro illecito di denaro e beni. Il meccanismo è anche relativo all’intestazione fittizia . L’articolo 12-quinquies della Legge 7 agosto 1992, numero 356 e successive modifiche disciplina il reato di Trasferimento fraudolento e possesso ingiustificato di valori; articolo molto usato per incriminare persone anche con valutazioni generiche e non supportate dal rapporto reale tra beneficio personale e di terzi interessati e dunque dolo , nella gestione di un bene o di una quota societaria.
Dunque la Cassazione finalmente chiarisce questo aspetto che è determinante:non basta la relazione indiziaria da parte delle Forze di Polizia. Questo meccanismo generico era stato contestato anche dalla Corte europea . La legge andrebbe rivista visto che ormai ha più di 25 anni. i tempi sono cambiati e necessita di miglioramenti normativi che consentano di aggredire i traffici molto remunerativi e non agire dove di fatto non c’è un vero valore dimostrato di denaro sporco
Da Osservatorio MdP Febbraio 28, 2019
È illegittimo sottoporre alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e alla misura di prevenzione della confisca dei beni le persone che “debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dedite a traffici delittuosi”.
Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 24, (relatore Francesco Viganò), condividendo la valutazione di eccessiva genericità dei potenziali destinatari delle disposizioni ora censurate, già espressa nel 2017 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella pronuncia De Tommaso contro Italia.
L’espressione “traffici delittuosi” non è, in particolare, in grado di indicare con sufficiente precisione quali comportamenti criminosi possano dar luogo all’applicazione della sorveglianza speciale o della confisca dei beni. Ne consegue la violazione del principio di legalità, che esige che ogni misura restrittiva della libertà personale o della proprietà dell’individuo si fondi su di una legge che ne determini con precisione i presupposti di applicazione.
La Corte ha invece ritenuto sufficientemente precise, e dunque conformi al principio di legalità, le disposizioni che consentono di applicare le stesse misure a chi vive abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose.
Secondo la giurisprudenza più recente, infatti, le misure in questione possono essere applicate solo a chi, sulla base di precisi elementi di fatto, si può ritenere che abbia commesso, in un significativo arco temporale, delitti fonte di profitti che abbiano costituito il suo unico reddito, o quanto meno una componete significativa del reddito. Tutti questi elementi devono dunque essere dimostrati dal pubblico ministero o dall’autorità di polizia nel procedimento di prevenzione affinché il Tribunale possa applicare la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza o la confisca dei beni presumibilmente acquistati grazie alle attività delittuose e dei quali il soggetto non possa giustificare l’origine lecita.
La Corte ha infine precisato che la sentenza non tocca le norme che consentono di applicare misure di prevenzione nei confronti degli indiziati di delitti di mafia, terrorismo, violazioni della disciplina sulle armi, violenza sportiva, corruzione, atti persecutori.