
Deficit strutturale, pre-dissesto e dissesto finanziario: tre stadi di una patologia che accomuna ormai tutta la Sicilia . Sono centinaia i comuni siciliani in crisi .
Cosa dice la legge e quando scatta il default? Gli esperti in merito dicono cosa si deve fare in caso di stallo finanziario. La dichiarazione del dissesto non può essere legato a giudizi ad personam. Occorre applicare la legge secondo i reali parametri di bilancio. Addirittura, è previsto , in certi casi, l’intervento dello Stato con un fondo di rotazione
1. Classificazioni basilari
Le statistiche dividono gli enti locali in tre gruppi di sofferenza finanziaria. I comuni deficitari, quelli in pre-dissesto e quelli in dissesto vero e proprio.
Sono deficitari quegli enti che sforano almeno cinque dei dieci parametri stabiliti dal decreto ministeriale del 18 febbraio 2013, per esempio un saldo negativo del risultato contabile di gestione superiore al 5% delle entrate correnti, oppure l’eccessiva quota di residui attivi o passivi in relazione a spese.
Il cosiddetto pre-dissesto è stato introdotto nel 2012. Si tratta di una procedura che i comuni in crisi strutturale possono mettere in atto per evitare il dissesto vero e proprio, e consiste in un piano di riequilibrio pluriennale che può essere assistito dallo Stato, il quale può anticipare risorse attingendo ad uno specifico fondo, il Fondo rotativo. In sostanza l’obiettivo della procedura del pre-dissesto è aumentare le entrate dei Comuni e diminuire le spese: ecco perché solitamente gli enti che scelgono questa opzione vedono impennare la pressione fiscale e talvolta tagliare i propri servizi.
La legge dice che un Comune è in dissesto finanziario quando “non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili” oppure quando “esistono nei confronti dell’ente locale crediti di cui non si possa far validamente fronte. In pratica, si tratta a tutti gli effetti di enti che dichiarano il fallimento. Per semplificare, la differenza con il pre-dissesto è la maggiore gravità della situazione. Nel caso del pre-dissesto, i Comuni possono presentare un piano di risanamento alla Corte dei Conti con alcuni margini di manovra. Viceversa, le misure correttive, tipo l’aumento delle aliquote, scattano automaticamente
2. Introduzione dell’istituto
Il dissesto finanziario è stato introdotto per la prima volta nell’ordinamento giuridico italiano con l’articolo 25 del Decreto Legge 2 marzo 1989: in seguito questo istituto si è modificato, seguendo un’evoluzione che lo ha portato a trovare il maggiore equilibrio possibile fra i diritti dei cittadini e i diritti dei creditori dell’ente.
Il dissesto finanziario di un Comune è una procedura che coinvolge sia la politica che il mondo economico-finanziario. L’art. 244 del Testo Unico D. Lgs. n. 267 del 2000 stabilisce che si ha dissesto finanziario quando il Comune non è più in grado di assolvere alle funzioni ed ai servizi indispensabili oppure quando nei confronti dell’ente esistono crediti di terzi ai quali non si riesce a far fronte con il mezzo ordinario del ripristino del riequilibrio di bilancio né con lo strumento del debito fuori bilancio.
Passaggio da pre-dissesto a dissesto
Il «pre-dissesto» è stato promosso come la soluzione soft a quei default comunali dei quali diversi sindaci sono, da tempo, largamente consapevoli. Il Piano di Riequilibrio, anche detto Pre-Dissesto, ha una durata di 10 anni e può prevedere la richiesta di accesso al Fondo di rotazione; fatto questo che comporta una maggiore rigidità nelle conseguenze e nei controlli sull’applicazione delle misure previste.
Quindi, in base agli art. 243 (e seguenti bis, ter, quater), le conseguenze sul piano finanziario saranno le seguenti:
Aliquote o tariffe dei tributi locali nella misura massima consentita;
Copertura integrale del servizio smaltimento rifiuti con i proventi della tariffa;
Copertura del servizio acquedotto con i proventi della tariffa;
Copertura dei costi di gestione dei servizi a domanda individuale.
Passaggio da pre-dissesto a dissesto
Il «pre-dissesto» è stato promosso come la soluzione soft a quei default comunali dei quali diversi sindaci sono, da tempo, largamente consapevoli. Il Piano di Riequilibrio, anche detto Pre-Dissesto, ha una durata di 10 anni e può prevedere la richiesta di accesso al Fondo di rotazione; fatto questo che comporta una maggiore rigidità nelle conseguenze e nei controlli sull’applicazione delle misure previste.
Quindi, in base agli art. 243 (e seguenti bis, ter, quater), le conseguenze sul piano finanziario saranno le seguenti:
Aliquote o tariffe dei tributi locali nella misura massima consentita;
Copertura integrale del servizio smaltimento rifiuti con i proventi della tariffa;
Copertura del servizio acquedotto con i proventi della tariffa;
Copertura dei costi di gestione dei servizi a domanda individuale.
Nel piano di riequilibrio deve essere dimostrato che gli oneri dei contratti trovano copertura nel bilancio e devono essere consolidate le relative scritture contabili, dimostrando che le somme che le società iscrivono a credito nei confronti dell’ente trovano corrispondente iscrizione fra i debiti di quest’ultimo.
La mancata definizione di un piano di rientro espone dunque un’amministrazione ai tanto temuti interessi passivi sul debito: giorno dopo giorno infatti, anche se non si contraggono nuovi debiti, l’esposizione debitoria aumenta, proprio per effetto degli interessi. I mutui vengono rinegoziati allungando i tempi di pagamento ma aumentando le rate, le finanziarie erogano prestiti ad interessi del 14%; insomma, più o meno ciò che succede a qualsiasi famiglia che abbia bisogno di liquidità.
4. Cosa accade in caso di dissesto finanziario?
Nel momento in cui viene dichiarato il dissesto del comune, sindaco, giunta e consiglio resterebbero in carica ma verrebbero coadiuvati da una commissione espressamente designata dal Ministero degli Interni.
La commissione si occuperebbe del disavanzo pregresso, mentre l’amministrazione gestirebbe il bilancio “risanato”. La sola ipotesi di commissariamento del Comune si verificherebbe nel caso in cui l’amministrazione non dovesse approvare il bilancio di previsione.
L’eventuale dichiarazione del dissesto di fatto congelerebbe invece la scadenza del bilancio stesso, mettendo in moto una procedura del tutto diversa per la definizione e l’approvazione del bilancio stesso; le conseguenze maggiori del dissesto finanziario si hanno sotto il profilo contabile.
Viene chiesto all’Ente locale di “contribuire” al risanamento attraverso l’adozione di provvedimenti eccezionali. I provvedimenti da adottare in materia di personale e di tributi locali sono ritenuti così pesanti che gli enti arrivano il più delle volte alla dichiarazione di dissesto solo quando, a seguito delle azioni esecutive dei creditori che pignorano le somme della cassa comunale, non è più possibile pagare neppure gli stipendi al personale dipendente.
Fonte : il diritto William Iaria