GLI UOMINI POTENTI DELLA LOGGIA di VIA ROMA
PALERMO anno domini 1986
Viene scoperta dalla polizia, una sede di massoni davvero particolare.
La polizia sequestra casualmente, un elenco con duemila aderenti alle logge e di cui si è saputo molto poco
Il potere era ben saldo a politici, professionisti, uomini delle istituzioni e mafiosi con la cartella che si incontravano nelle sedi massoniche
Documenti di stampa bene conservati e poco conosciuti dicono tante verità storiche
– “La pietra entra grezza ed esce levigata”. La scritta in vernice bianca risalta sulla parete nero pece di un ripostiglio di un metro per due. E’ la camera di iniziazione dove magistrati e mafiosi, avvocati e giornalisti, ufficiali dell’ esercito e ricchi professionisti sono diventati “fratelli” in quel periodo.
Tutto avviene al secondo piano di un malandato palazzo liberty di via Roma, numero civico 391, quasi di fronte alla scalinata delle Poste centrali. Una portineria deserta, sei rampe di scale buie, una pensione, uno studio dentistico, due vecchi appartamenti disabitati, una porta di legno marrone. Sulla porta, una targhetta bianca: “Centro sociologico italiano”. Era la sede di una mezza dozzina di logge palermitane che facevano capo alla “Massoneria universale di rito scozzese antico e accettato. Supremo Consiglio d’ Italia. Sezione Sicilia”.
E’ qui che sono stati “iniziati”, nello stesso stanzino nero, in quel periodo buio, sei magistrati e i terribili Greco di Croceverde Giardini, famosi avvocati, il commercialista Nino Buttafuoco, il presidente del consiglio di amministrazione del Giornale di Sicilia del tempo , Federico Ardizzone, ritenuto addirittura la “mente” di tutti i grandi affari siciliani da alcuni pentiti; Vito Guarrasi che fu presente alla firma dell’armistizio di Cassibile originario di Alcamo, potenti assicuratori appartenenti ad altre logge segrete, l’ esattore Nino Salvo, suo fratello, qualche generale e molti colonnelli. Gli investigatori trovarono anche il nome di Giuseppe Guttadauro capo della famiglia mafiosa di Brancaccio ,imparentata con i Messina Denaro di Castelvetrano
“Quelli là vengono solitamente di pomeriggio o di sera”, raccontava il portiere del palazzo, “qualche volta ho visto anche entrare un magistrato conosciuto… come si chiama? Non me lo ricordo… proprio non me lo ricordo”. Il portiere fece finta di non ricordare: ricordare poteva significare finire in carcere per nulla. Dice di avere visto sfilare nell’ androne famosi professionisti palermitani, che poi sparivano dietro la porticina di legno marrone. Chi erano ? Che cosa era il Centro sociologico italiano? Perchè grandi boss come Salvatore Greco o suo cugino Toto Greco detto “l’ ingegnere” erano nella stessa loggia con giudici e avvocati? I nomi dei magistrati iscritti ad una delle sei logge ancora oggi sono top-secret. Il solo elenco completo dei quasi duemila “fratelli” è rimasto , secondo alcuni investigatori, custodito in una cassaforte di Palazzo di Giustizia. Un elenco su cui si è indagato , fino alla morte di Falcone che, dopo averlo ricevuto dalla Procura della Repubblica, da giudice istruttore cominciò a metterci le mani
L’ inchiesta non accerterà perchè giudici e boss convivevano tranquillamente tra il “pensatoio” e la camera di iniziazione del vecchio palazzo. Gli investigatori di quel tempo fecero un lavoro certosino e serio
Dall’ Ufficio istruzione non arrivano più notizie sugli sviluppi dell’ indagine. In verità ne parlarono poco anche il consigliere istruttore Antonino Caponetto e suoi collaboratori del tempo. Non potè parlarne , per ovvi motivi il giudice Falcone. Dagli ambienti giudiziari, come sempre, scappò il nome di qualche iscritto. Si seppe degli avvocati Salvatore Cosma Acampora, Alessandro Bonsignore, Girolamo Bellavista. I poliziotti che ebbero la lista degli iscritti alla Loggia furono interessati a diversi personaggi: il commercialista Antonino Buttafuoco e l’ influentissimo Vito Guarrasi, l’ assicuratore Giuseppe Attinelli e il ginecologo Michele Barresi. Perchè si applicarono a pochi nomi? I primi due erano dei professionisti coinvolti in qualche modo nel caso De Mauro, il giornalista del quotidiano del pomeriggio “l’ Ora”. Gli altri due sono stati invece “registrati” negli archivi di polizia durante le indagini sul falso sequestro di Michele Sindona. Il bancarottiere, scomparso da New York il 2 agosto del 1979, era nascosto in Sicilia, aiutato dai boss dei clan Spatola, Inzerillo e Gambino, ma anche dai componenti di una loggia segreta palermitana: la Camea.
Fra i responsabili della loggia, da quel poco che si seppe, oltre al medico Josef Miceli Crimi, c’ era anche il ginecologo Michele Barresi (che fu arrestato per favoreggiamento nel falso sequestro) e l’ assicuratore Giuseppe Attinelli. Gli esperti della Criminalpol indagarono comunque anche sulla composizione della mezza dozzina di logge riunite nel vecchio palazzo di via Roma. Tra le carte sequestrate c’ era anche un calendario con tutti i turni di riunione delle diverse strutture. “Ogni tanto”, raccontò il vecchio portiere dello stabile, l’ unico disposto a scambiare qualche battuta con gli investigatori e cronisti, “veniva, da Roma, per organizzare un incontro, un pezzo grosso della Massoneria…”. I magistrati indagarono pure su un altro fronte: decine di “fratelli” presenti negli elenchi provengono dalla provincia di Agrigento. E’ il caso del trafficante di eroina Giovanni Lo Cascio, ufficialmente commerciante di tessuti, arrestato per un business gestito con alcuni componenti del clan dei marsigliesi. O di suo padre, Vito, indicato nei rapporti di polizia come il capomafia di Lucca Sicula. Quale collegamento tra gli iscritti della provincia di Agrigento e quelli di Palermo? Le indagini rimasero con tanti buchi. E ancora oggi tanti buchi neri sono rimasti su questi strani rapporti
Un investigatore dell’ antimafia dichiarò sulla vicenda a Repubblica, “mancano delle vere e proprie prove, solo tanti indizi sui rapporti tra i clan di Cosa nostra, i centri occulti, le logge massoniche semiclandestine”. Un “buco nero” che risale all’ estate del 1979, quando Michele Sindona si rifugia in Sicilia. Su di lui , il famoso finanziere della mafia ,indagarono infatti un questore e un capo della squadra mobile, Giuseppe Nicolicchia e Giuseppe Impallomeni, iscritti rispettivamente alla Ompam (una loggia segreta fondata da Licio Gelli a Rio de Janeiro) e alla P2. Ma di logge e di boss, in Sicilia , in quel periodo ne aprirono a go go e oggi se continua a parlare ancora. Anche all’ inizio della sanguinosissima guerra di mafia. Il “gran sacerdote” di una segretissima loggia di rito scozzese era, ad esempio, il “principe di Villagrazia”, il capomafia Stefano Bontade. Il “principe” era a capo di una struttura con sede proprio nel cuore della sua borgata. Suo cognato, Giuseppe Vitale, coinvolto nel falso sequestro di Michele Sindona, è invece un affiliato alla Camea. Anche molti potenti trapanesi ne fecero parte e frequentavano il Centro Sociologico di via roma negli anni 80. Farne parte era un segno distintivo. Diversi amici dei Salvo residenti nel Belice furono trovati nell’elenco. Gente che occupava ruoli importanti nel potere locale e nell’economia del territorio. Ovviamente non potevano mancare anche professionisti e politici di Castelvetrano molto in vista in quegli anni e protetti da Nino e Ignazio Salvo .Insomma, la massoneria, fu centrale e per molti anni, in questi strani e torbidi intrecci. Solo massoneria deviata? Forse. In ogni caso, molti misteri sono rimasti e tante indagini su questi rapporti, dopo la morte di Falcone e Borsellino, finite negli archivi dei tribunali
Fonte: archivi Repubblica, documenti web
Il Circolaccio