La vicenda di  questa giovane castelvetranese che ha denunciato i suoi aguzzini, apre uno spaccato  sui rapporti di lavoro che le poche attività  rimaste a Castelvetrano costringono a lavorare i loro collaboratori. Sono poche le aziende che rispettano le regole.   In città tutti sanno che, per non rimanere senza lavoro, ci sono persone costrette  a vivere  nel ricatto continuo del licenziamento e lavorare in condizioni disumane.  La mafia “bianca di chi da lavoro e dice “O chissi o ti nni po iri. Ci sunnu  atri 100 disposti a travagghiari” . Queste cose i sindacati li sanno molto bene. Solo che non fanno comunicati o informano la Polizia. Sarebbe opportuno far chiudere queste attività che sfruttano e ricattano i lavoratori. Anche questa economia è “illegale” e falsa. Inoltre  crea concorrenza sleale verso chi rispetta le regole e paga i lavoratori come da contratto. In passato anche alcune aziende che hanno lavorato con il comune, mettevano in regola i lavoratori per avere il Durc  in linea con le richieste e poi sottopagavano il personale o addirittura i lavoratori sono rimasti senza stipendio. Chi controlla che le aziende che lavorano con gli enti rispettano anche i pagamenti e gli orari di lavoro? Tutti pensano al certificato antimafia come se sfruttare le persone e dare soldi ad aziende che fanno questo, fosse un atteggiamento diverso dal fare mafioso.

 

Comunicato Stampa – Guardia di Finanza – Paghe di 200 euro mensili corrisposti a nero e in contanti, orari di lavoro massacranti e nessun riposo settimanale. Questi gli accordi tra due imprenditori e una giovane del posto costretta ad accettare una simile proposta di lavoro a causa delle pressanti necessità economiche e familiari.

La Guardia di Finanza di Castelvetrano ha dato esecuzione a un decreto di perquisizione e sequestro disposto dalla Procura di Marsala nei confronti di una società attiva nel settore del commercio di giocattoli all’interno della quale lavorava una dipendente sottoposta a condizioni di totale sfruttamento.

Le indagini sono iniziate nel mese di settembre del 2017, a seguito di un normale controllo fiscale eseguito nei confronti della società. In quella sede, nonostante il controllo avesse avuto esito regolare, uno degli esercenti è parso ai verbalizzanti visibilmente preoccupato.Insospettiti dall’insolito comportamento, i finanzieri hanno avviato una approfondita attività info-investigativa condotta anche attraverso l’analisi dei social network.

Ed è stato proprio l’incrocio delle informazioni acquisite da Facebook con le risultanze delle banche dati in uso al Corpo a fare luce sulla vicenda. I militari, infatti, hanno individuato un profilo virtuale intestato al negozio ma amministrato da una signora che non risultava essere tra i dipendenti regolarmente assunti dalla società. I finanzieri hanno quindi invitato in caserma l’amministratrice della pagina Facebook la quale, rassicurata dalla presenza dei militari, ha fornito dettagli e particolari riprovevoli sulle condizioni lavorative a cui è dovuta sottostare per diversi mesi. Ha raccontato ai militari di essere stata più volte minacciata di licenziamento e di aver accettato il lavoro in quanto i titolari avevano promesso di assumerla regolarmente.

 

Il Circolaccio

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