Nella Direzione di lunedì del Partito democratico è intervenuto a nome dell’area Emiliano per porre tre questioni fondamentali.
- Andare alla radice della sconfitta e non limitarsi ad una lettura edulcorata.
Minimizzare o addolcire la pillola è l’anticamera della fine del Partito democratico. Questa sconfitta non è stata un fulmine a ciel sereno, non è neanche un risultato imprevisto, né a ben vedere doveva coglierci di sorpresa. Nel mondo tutti i partiti progressisti subiscono sonore sconfitte elettorali. Da tempo abbiamo chiesto a Renzi e al gruppo dirigente del Pd un cambio di passo radicale.
In più occasioni abbiamo fatto notare che la vittoria populista di Trump non riguardava solo gli Stati Uniti. Il voto degli operai, non solo del Michigan, del Minnesota e dell’Ohio, non interpellava esclusivamente solo il Partito democratico americano, ma tutti i partiti progressisti dell’area occidentale. Lo stesso dicasi con la Brexit in Inghilterra, dove la rivolta del ceto medio e del mondo del lavoro, per il grave peggioramento dell loro condizioni di vita, esprimeva un disagio che andava ben al di là di quel Paese. E così via in Olanda, in Francia, più di recente in Germania. Insomma l’uguaglianza, che è sempre stato un grande valore storico della sinistra, è ritornata dirompente a caratterizzare la vita reale delle fasce sociali povere e dello stesso ceto medio nelle società cosiddette a capitalismo maturo. Avere voltato le spalle a questo immenso valore e aver rinunciato a declinarlo in modo nuovo e moderno ha causato sconfitte cocenti e messo in ginocchio i grandi partiti popolari, progressisti e di sinistra.
In Italia abbiamo fatto finta di niente. Ci siamo limitati a recitare una litania risultata agli occhi degli italiani stucchevole e arrogante: “siamo usciti dalla crisi, il Paese è in ripresa, meritiamo grandi consensi”. Anche da noi l’uguaglianza di reddito, di diritti e di territorio, con in testa la lotta alle povertà, alla disoccupazione e il rilancio del Sud, è ancora di più una domanda attuale e centrale. Averla buttata alle ortiche da parte del Partito democratico è imperdonabile.
Lo stesso ragionamento vale per il tema della sicurezza che sollecita l’inquietudine di molti Paesi simili al nostro. Considerarlo un disvalore, perchè arriva con un vento impetuoso da destra, è un altro errore madornale. Non è servito pertanto fare spallucce o limitarsi a delle prime, seppur positive, risposte sul fronte dlel’immigrazione. Qualunque grande partito popolare, a maggior ragione se progressista, si deve far carico di questa inquietudine, considerando la sicurezza un valore di nuova generazione, senza per questo scimmiottare la destra o addirittura minimizzare o ignorare il problema. Al contrario è necessario dare soluzioni innovative e concrete sulla governance dell’immigrazione, sul contrasto ai reati comuni e sulla la lotta alle mafie. Invece, anche questi temi all’interno del Pd sono stati declassificati, anche in campagna elettorale dall’elenco delle priorità. In sostanza, non si è preso sul serio la lezione che ci arriva dal mondo della globalizzazione senza ancora una governance democratica. In Italia, ci si è limitati, stringi stringi, alla risposta del “Partito Io”, convinti anche nel Pd che l’”Io Renzi” sarebbe stato capace di saltare l’asticella sempre più alta della domanda di uguaglianza e sicurezza. Confidando solo sull’”Io Renzi comunicatore” si è strutturato un gruppo dirigente fondato sulla piaggeria, come lui stesso ha definito le persone di cui si è circondato in questi anni di bassa politica. Si è pensato, inoltre, di delegare al solo governo la dimensione politica. Anche questo è stato un errore grossolano, perchè un governo, anche quando fa delle cose buone e giuste, senza un partito politico forte e radicato alle spalle e senza un progetto politico credibile di futuro va a sbattere nel momento elettorale, così come è successo il 4 marzo scorso.
Abbiamo quindi bisogno di andare alla radice profonda della sconfitta elettorale e ripensare un’idea moderna di sinistra, visto che anche le forme più tradizionali e radicali non hanno ottenuto i benchè minimi risultati. E’ tempo ormai di dotare il Paese di un grande, popolare e radicato Partito progressista europeo, che riorganizzi il centrosinistra in una dimensione unitaria e proiettata sulle grandi sfide che sono presenti in tutte le società avanzate.
Comunicato sen. Lumia
Il Circolaccio