Verità e giustizia hanno smesso di andare a braccetto. Intervista al prof. Galantini
Chiacchierata con il docente della Cattolica, coautore con Palmaro del libro libro “Relativismo giuridico. La crisi del diritto positivo nello Stato moderno”
L’uso sfrenato delle carcerazioni preventive e delle misure cautelari accompagnate da vere gogne mediatiche è costituzionale?
Chi paga i danni agli assolti dopo tutto quello che subiscono dal punto di vista psicologico e mediatico?
Gli inquisitori della stampa di regime non pagano mai i conti
Secondo alcuni blogghisti e giornalisti locali particolarmente ambiziosi, rivolgersi ad un avvocato per difendersi è quasi un reato.
Se un Pm ti accusa sei finito prima della sentenza. Se i Pm sbagliano non pagano.
Per i loro amici giornalisti di parte, dovresti finire in galera e buttare la chiave
“Vi è una legge vera, ragione retta conforme alla natura, presente in tutti, invariabile, eterna, tale da richiamare con i suoi comandi al dovere, e da distogliere con i suoi divieti dall’agire male… A questa legge non è possibile si tolga valore né è lecito che in qualcosa si deroghi, né essa può essere abrogata; da questa legge non possiamo essere sciolti ad opera del senato o del popolo” affermava Cicerone ventuno secoli fa nel De re publica.
Con altre parole il dottore della Chiesa San Tommaso d’Aquino ribadiva il concetto rincarando la dose: “Una legge ingiusta, contraria alla legge naturale o alla legge divina, non è una legge ma una corruzione della legge, e non obbliga in coscienza”.
Anche Kant, che non è proprio una delle fonti del Catechismo, considerava la legge morale assoluta, libera da ogni condizionamento, universale e necessaria. Se diamo uno sguardo all’uso che le democrazie moderne fanno del diritto, si capisce bene che qualcosa nel corso della storia è andato storto. Se oggi i parlamenti si trovano a discutere di eutanasia dei minori, aborto, unioni civili, instradandosi su veri e propri campi minati etici e generando dei vertiginosi vuoti giuridici è semplicemente perché i tempi cambiano oppure esiste una motivazione più profonda? Pur partendo da visioni differenti e giungendo a conclusioni differenti, i tre grandi pensatori citati prima riconoscono l’esistenza di un nesso inscindibile tra verità e giustizia, che inevitabilmente condiziona l’elaborazione della norma, intesa come insieme di regole volte a disciplinare la vita organizzata.
Pubblichiamo sull’ argomento una intervista parziale del professore Luca Galantini, docente di Regimi Internazionali all’Università Cattolica di Milano e di Storia del Diritto all’Università Europea di Roma, e autore con il professor Mario Palmaro, scomparso prematuramente due anni fa, del libro “Relativismo giuridico. La crisi del diritto positivo nello Stato moderno” (2012, Vita e Pensiero).
Un testo di riferimento per chi vuole comprendere come, quando e perché verità e giustizia – e di conseguenza il diritto – abbiano smesso di andare a braccetto. Un testo quanto mai attuale per comprendere il modus operandi delle democrazie moderne. Di certo la frattura che abbiamo evocato prima nasce attorno ad un concetto errato di libertà. Abbandonato il concetto di libertà come figlia della verità (“la verità vi renderà liberi” Gv 8, 32), la modernità le ha cucito addosso una veste nuova, intendendola come “capacità di compiere gli atti desiderati”. Dove si colloca temporalmente la recisione del nesso tra verità e libertà?