I segreti dell’Hotel des Palmes nelle dodici camere dei misteri
Il famoso Hotel palermitano negli anni caldi fu una specie di “zona franca ” dove si incontravano mafiosi, nobili, uomini dei servizi segreti della Cia e politici locali. Tra queste stanze “segrete” vi era anche quella del “barone Sciacca” di Castelvetrano che subito dopo la fine della seconda guerra mondiale si trasferì all’ Hotel delle Palme, per uscirne morto nel 1998. Quanti segreti ha portato con se “lu baruni” di Castelvetrano?
I nobili eccentrici le spie assassinate i giornalisti spariti lo scrittore morto Ecco uno per uno gli enigmi vissuti dietro le porte del celebre edificio di Via Roma dove anche Andreotti amava dormire
Si riferisce , in alcuni documenti che, tanti castelvetranesi “dell’alta borghesia” lo andavano a trovare
Chi sono stati i suoi interlocutori e che relazioni avevano con il Barone che godeva di alte frequentazioni?
Addirittura , in albergo , incontrava i boss americani degli anni 50 che controolavano il giro mondiale della droga
CHI GESTIVA E SOPRATTUTTO CHI CURAVA L’INGENTE PATRIMONIO DEL BARONE? Che rapporti ebbe con i mafiosi per non farsi danneggiare i suoi tesori?
VALERIA FERRANTE :”LE STANZE dell’Hotel et des Palmes raccontano di uomini e numeri legati l’un l’altro da sottilissime coincidenze, fatalità, stramberie, che ridisegnano in maniera inedita la geografia di questo luogo, dove molti eventi sono accaduti e tante vite sono passate. Alcune interrompendosi per sempre lì, tra le pareti di una stanza numerata. Ecco un viaggio immaginifico attraverso una sorta di “numerologia da camera”.
124 – IL BARONE ECCENTRICO
Era il numero che sceglieva sempre il barone La Lomia, perché sosteneva di essere stato concepito in quella camera, dove alloggiava in compagnia di Sua Eccellenza Referendario Paolo Azzarino (il suo gatto) e di Monsignor Turi Capra, Duca di Santa Flavia (il suo merlo). Era noto per i suoi scherzi (celebre quello in cui autocelebrò il proprio funerale a Canicattì). Pagava donne bellissime perché trascorressero la notte con lui, e quando il giorno i camerieri andavano a riordinargli la camera, lo trovavano inginocchiato:«Anche pi sta vota u signuri nn’aiutò », diceva loro.
129 – L’UFFICIO DELLA CIA
Questa è la stanza che veniva invece prenotata da agenti in borghese della Cia e che si trasformava in un vero e proprio quartier generale, funzionale per operazioni e appostamenti.
131 – IL PENSATORE AVVELENATO
Qui pernottò per circa un mese, dal 3 aprile all’uno maggio 1917, Camilo Josè Enrique Rodò Pineyro, giornalista, filosofo uruguaiano, tra i maggiori pensatori liberali del suo tempo. Rodò, corrispondente della rivista argentina “Caras y Caretas”, giunse a Palermo dopo un lungo viaggio. Nella notte del 30 aprile venne ricoverato a causa di forti dolori. Sarebbe morto poco dopo. Il referto parlò di “tifo addominale e nefrite”. Aveva 45 anni. La modalità della morte e la diagnosi non convinsero tutti: per molti si trattò di un avvelenamento.
150 – IL GIORNALISTA SCOMPARSO
Jack Langfors Begon, giornalista americano, si trovava al des Palmes il 20 luglio 1973, perché era «sulle tracce della prova decisiva». «Oggi a Palermo ho incontrato quel tipo infido che sai. Mi ha chiesto di rivederci domenica. Ho paura». Due giorni dopo il giornalista scompare. Era a Palermo per la hot money, ovvero la «moneta che scotta»: aveva scoperto come la mafia siculo-americana ripuliva miliardi di dollari, provenienti da gioco d’azzardo, racket, prostituzione, droga, attraverso le banche svizzere.
204 – IL NOBILUOMO INVISIBILE LU BARUNI DI CASTELVETRANO
Era la suite del «barone invisibile» Giuseppe Di Stefano, del quale si è scritto e detto moltissimo. La verità sul perché scelse l’Hotel e decise di rimanervi non si saprà mai. Si disse anche che era stato lì rinchiuso dalla mafia per avere ucciso nella sua proprietà un picciotto. Era un appassionato di lirica e degli artisti. Amico di Renato Guttuso, Carla Fracci, del tenore suo omonimo, visse qui per quarant’anni, sino a quando novantunenne non vi morì nel 1998. Al suo funerale c’era solo il personale dell’albergo.
QUEL BARONE CHE PASSÒ TUTTA LA VITA NELLA SUITE PER ORDINE DELLA MAFIA
Il Grand Hotel et des Palmes di Palermo, di cui è stata annunciata la chiusura, è stato per lunghissimi anni la location di un grande film, mai realizzato: la storia del barone Giuseppe Di Stefano, condannato da un tribunale invisibile, ma spietato, a un esilio dorato da scontare tra gli specchi, gli stucchi e i velluti barocchi del più famoso albergo della Sicilia.
Solo che la leggenda del barone ricco e poco felice non era frutto della fantasia popolare ma storia vera, fatta di carne viva e sangue. Giuseppe Di Stefano era uno degli uomini più facoltosi del Trapanese. Cresciuto a Castelvetrano in uno dei feudi della sua famiglia, un giorno nefasto provocò la morte di un ragazzo, anch’egli – a suo modo – baciato dal privilegio di appartenere a una famiglia «rispettata».
I racconti, non si sa quanto attendibili e trasmessi solo per via orale, parlano di un tragico incidente stradale, ma altri giurano che «qualcosa accadde a Castelvetrano, ma non quello che si dice». Incidente o altro, il morto ci fu e provocò pericolose reazioni.
Il papà della vittima si dice pretendesse lo stesso destino per il giovane omicida che, però, aveva difensori di un certo calibro. E allora la vicenda finì davanti al tribunale mafioso che sentenziò: «No alla pena capitale, ma se ne deve andare da Castelvetrano» per scontare una specie di carcere a vita, seppure comodo e dorato. Così il barone sbarcò a Palermo, alle Palme, e ne uscì raramente e solo previa autorizzazione.
La 204, due suites in una, diventò il luogo del proprio esilio e lì Di Stefano trascorse praticamente la sua seconda vita, molto simile alla prima ma senza libertà. Non abbandonò le abitudini antiche, il barone. Non cambiò gusti: il pesce fu sempre quello di Mazara del Vallo, il pane e l’olio di Castelvetrano, come la carne e la cacciagione. Negli anni 80 decise di affidare al giovane e brillante avvocato, Giuseppe Bomgiorno i suoi interessi. Nel 1993, Bongiorno si dimise da curatore, per fare il sindaco di Castelvetrano.
224 / 226 – IL MISTERO ROUSSEL
Qui fu trovato senza vita nel 1933 il corpo dello scrittore francese Raymond Roussel. Un’oscura tragedia alla quale nessuno seppe dare una spiegazione. Da Mauro De Mauro a Leonardo Sciascia, in molti si appassionarono al suo caso, chiedendosi se si fosse trattato di un delitto o di un suicidio. Nella camera attigua alloggiava Charlotte Fedres, infermiera e amante, non è dato saperlo con certezza, di Roussel.
234 – L’AVVOCATO BON VIVANT
Fu la suite scelta dall’avvocato Paolo Seminara, principe del foro, socio del Rotary, bon vivant. La abitò per vent’anni, tanto che l’aveva arredat con giradischi, quadri e un mobile «per sentirsi a casa». Un bel giorno fece le valigie, salutò tutti, lasciò una busta con una bella somma «per il personale » e andò via. Si trasferì a Roma e al des Palmes non tornò mai più.
300 – LA STANZA DEI PRESIDENTI
Oggi non più esistente, veniva solitamente riservata ai presidenti della Regione che non avevano casa a Palermo, tra i quali Benedetto Majorana della Nicchiara e Francesco Coniglio.
322- LA SPIA PUGNALATA
Qui, mentre al largo di Palermo si svolgevano le manovre della flotta navale italiana (1937), venne trovato in un lago di sangue il corpo di una spia inglese con un pugnale conficcato nella schiena.
350 – LA CAMERA DEL BOSS
Al suo interno fu arrestato mentre si trovava in dolce compagnia il boss mafioso Charles Orlando. Correva l’anno 1965: otto anni prima aveva partecipato alla riunione della “Piccola Appalachin” nello stesso hotel, con boss del calibro di Lucky Luciano e Giuseppe Genco Russo. L’incontro sarebbe avvenuto nello stesso appartamento in cui abitò Richard Wagner, ma di questo non c’è conferma.
351- L’AGENTE SEGRETO MORTO
Per raccontare questo ultimo enigma è necessario avvicinarsi lentamente alla finestra, perché i fatti, o meglio il delitto, si svolsero lì. Un agente segreto americano venne visto volare giù dalla finestra: rimase ucciso sul colpo. La spia non era sola, dentro la camera fu trovata sotto shock la sua segretaria. Era il 1961. E il caso, naturalmente, rimase irrisolto.
Fonte Archivi storici R.
Il Circolaccio