Una montagna di soldi italiani sono nelle banche svizzere di chi sono?
Sarebbe interessante capire come ci vanno a finire e poi  Lo Stato spesso vessa la povera gente

La Guardia di Finanza ha chiesto alle autorità fiscali della Svizzera di conoscere i beneficiari italiani titolari di 9.953 posizioni finanziare accese presso il gruppo bancario elvetico Credit Suisse. Si tratta di conti per un importo complessivo di oltre 6,6 miliardi di euro. L’iniziativa delle Fiamme Gialle rappresenta l’ultimo sviluppo di un’indagine senza precedenti partita nel 2014 con un’ispezione fiscale nella sede di Milano del Credit Suisse e decollata nel marzo del 2016 con l’iscrizione nel registro degli indagati della procura di Milano della casa madre del gruppo bancario, il Credit Suisse AG di Zurigo.

Al termine dell’attività di analisi svolta con l’Agenzia delle Entrate, le indagini hanno consentito di identificare, fino ad ora, i titolari di 3.297 posizioni – contenute in elenchi acquisiti nel corso delle indagini – la maggior parte dei quali già destinatari di contestazioni degli uffici finanziari conclusesi con la riscossione – anche per effetto dell’adesione alla prima procedura di voluntary disclosure – di circa 173 milioni per imposte, sanzioni e interessi.

Al vaglio degli uomini del Nucleo di polizia tributaria della Gdf di Milano, comandati dal colonnello Vito Giordano, erano finiti 13mila presunti evasori fiscali clienti della banca svizzera (la filiale italiana del Credit Suisse non è coinvolta nelle indagini), sui conti dei quali erano depositati 14 miliardi di euro portati all’estero anche grazie a finte polizze assicurative. Era la prima volta che un grande gruppo bancario estero veniva messo direttamente sotto accusa in Italia. L’indagine aperta dalla procura di Milano era stata coordinata dall’attuale procuratore della Repubblica, Francesco Greco, e dai sostituti procuratori Gaetano Ruta e Antonio Pastore.

Le finte polizza vita 
Gli investigatori della Gdf e gli uomini del Nucleo per la consulenza all’autorità giudiziaria della Banca d’Italia coordinato da Nicola Mainieri avevano scoperto che buona parte dei 14 miliardi depositati all’estero erano stati dirottati in polizze vita definite dagli investigatori “ di copertura”. Si trattava di circa 8 miliardi di euro investiti da quattromila italiani in polizze unit linked del Credit Suisse Life & Pension Aktiengesellschaft (Cslp). Il meccanismo utilizzato era semplice. I gestori del Credit Suisse facevano sottoscrivere ai clienti italiani le polizze che venivano vendute attraverso due società domiciliate in Liechtenstein e alle Bermuda. Le due società poi – secondo le risultanze delle indagini – retrocedevano tutte le somme al Credit Suisse ed era la banca svizzera a occuparsi della gestione totale dei fondi.

Analizzando le migliaia di email rintracciate nei server del Credit Suisse, gli investigatori avevano scoperto che le polizze sarebbero state un sistema per far rientrare soldi non dichiarati dall’estero. Insomma, finti strumenti finanziari.
Le polizze, infatti, prevedono una serie di condizioni che il cliente deve sottoscrivere, come per esempio l’impossibilità di recedere dal contratto (e riottenere così la disponibilità dei fondi) per un certo periodo di tempo e l’impossibilità di decidere in che modo investire la somma vincolata nella polizza. Ma nel caso del Credit Suisse queste condizioni non venivano rispettate, almeno secondo quanto emerso dal materiale sequestrato. I clienti potevano interrompere la polizza senza pagare commissioni o con commissioni circa quattro volte più basse della media del mercato.

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