Si chiama Gabriele Paci, è un pm romano che oggi fa il capo della procura di Trapani. E’ stato l’unico magistrato che ha fatto condannare Messina Denaro per le stragi di Palermo. Una toga seria alla ricerca della vera verità. Paci, ha testimoniato nel processo di Marsala, su Vaccarino
Dove sono finiti i soldi del boss? Tanti sequestri con la terra bruciata e Lui sempre pieno di denaro
Sulla base della lunga esperienza sul campo , Paci ha ricostruito l’origine della carriera criminale di Messina Denaro. Il magistrato ha portato avanti un’indagine che ordine in 40 anni di carte giudiziarie dimenticate. Il risultato è stato proiettare una luce diversa non solo sul fondamentale ruolo che Matteo ha avuto nelle stragi, ma anche sulle alte connessioni stabilite in anni remoti dai Messina Denaro nel complesso panorama criminale. Paci, non ha mai fatto indagini per fare scoop o carriera. Ha cercato piste difficili e ha lavorato sui riscontri
La famiglia Messina Denaro e il clan Cuntrera Caruana
Il sodalizio tra le due famiglie (i Caruana sono di Siculiana, nell’agrigentino, mentre i Cuntrera di Castelvetrano) risale all’inizio del ‘900, quando Gerlando Caruana e Giuseppe Cuntrera, capostipiti della dinastia, presero in moglie le sorelle Spataro, Rosa e Croce.
Nel 1952 Leonardo Caruana viene accusato di omicidio, furto e
incendio doloso a Castelvetrano, ma viene prosciolto; nel 1956 viene nuovamente
imputato e prosciolto; Nel 1957 si reca in Canada con il fratello Giuseppe dove
costituisce una societa’ edile; con i suoi fratelli Giuseppe e Giovanni, con il
cognato Domenico Vella e con i fratelli Giuseppe e Antonio Cuffaro fonda in
Venezuela la “Maditerranea Pesca”. I Caruana a Castelvetrano, per anni hanno avuto rapporti con la famiglia Messina Denaro e con imprenditori e politici locali come evidenziato da alcune informative rimaste nei cassetti. Tra gli anni 70 e 90 . Il gruppo criminale ha avuto un peso economico nel territorio. Il magistrato Paci ha messo le mani su questa pista già battuta da Giovanni Falcone. Soldi , tanti soldiDa Castelvetrano per arrivare al Nord Italia e nel mondo
I tentacoli di Messina Denaro sarebbero arrivati anche in Venezuela, regno dei clan Cuntrera e Caruana che da Siculiana, paese dell’agrigentino, colonizzarono Canada e Sudamerica diventando monopolisti del narcotraffico.Un pentito, Franco Safina, raccontò che Messina Denaro aveva un tesoro in Venezuela creato investendo 5 milioni di dollari in un’azienda di pollame.
Paci, ha scoperto che già negli anni ’50 don Ciccio Messina Denaro si era legato ai Cuntrera e Caruana: addirittura un esponente del clan dei Siculiana fu testimone di nozze del padre di Matteo. Negli anni ’60 i Cuntrera e Caruana lasciano la provincia di Agrigento per emigrare in Canada e poi anche in Gran Bretagna e Venezuela: diventeranno in breve tempo tra i principali narcotrafficanti del mondo. Si calcola che l’80 per cento della droga prodotta in Colombia arrivasse negli Stati Uniti passando da Caracas: lì era la gente di Siculiana che la distrubuiva. Il picco, secondo la Dea, viene raggiunto nel 1983: 3 miliardi di narcodollari riciclati dai mafiosi agrigentini, che lavoravano coi cartelli colombiani, da Pablo Escobar a Calì. l legame tra il Venezuela e i Messina Denaro spunta fuori anche da altre vecchie carte dimenticate. C’è un pentito di mafia, uno di secondo piano, che si chiama Franco Safina: vent’anni fa raccontò che Messina Denaro aveva un tesoro in Venezuela, creato dopo aver investito cinque milioni di dollari in un’azienda di pollame. Cinque milioni per un’azienda di pollame non sono un po’ troppi? Era pollame o era cocaina? Di Venezuela parla pure Salvatore Grigoli, il killer di don Pino Puglisi: negli anni ’90 era rimasto ferito dopo un attentato ad Alcamo. Con lui c’era Matteo, che gli disse: “Se vuoi, per un certo periodo te ne vai in Venezuela e stai tranquillo”. Grigoli in Venezuela non andò mai. Messina Denaro chissà.
L’AMICO DI DELL’UTRI e i collegamenti con Castelvetrano
Chi di sicuro è stato ospite dei Cuntrera e Caruana è Filippo Alberto Rapisarda, un uomo appariscente che dal cuore della Sicilia era finito a Milano a guidare l’Inim, una società che era diventata il terzo gruppo immobiliare italiano. Ben vestito, simpatico e dai modi sanguigni, aveva fissato il suo quartier generale in via Chiaravalle, in un grande palazzo del Cinquecento a due passi dal Duomo: è lì, in quei novemila metri quadrati coi soffitti affrescati, che anni dopo sarà fondato il primo club di Forza Italia. Quando era all’apice del successo, infatti, per Rapisarda era andato a lavorare un altro giovane siciliano trapiantato a Milano: si chiama Marcello Dell’Utri e nel campo immobiliare aveva già lavorato, come stretto collaboratori di Silvio Berlusconi all’Edilnord.
L’esperienza del terzo gruppo immobiliare italiano, però, va male: le società fanno crac e per Rapisarda viene emesso un mandato di cattura per bancarotta fraudolenta. Il siciliano fugge, lascia Milano e l’Italia e per sette anni si butta latitante. Prima va a Parigi, poi in Venezuela dove è ospite dei Cuntrera e Caruana. Quelli sono anni in cui Caracas e Castelvetrano sembrano vicinissime. Rapisarda, infatti, tenterà di realizzare una speculazione immobiliare dalle parti di Selinunte, vicino ai ruderi dell’antica città greca. Come era già era avvenuto nella vicenda dell’Inim, anche nell’affare di Selinunte il socio di Rapisarda è Francesco Paolo Alamia, un ingegnere magrissimo con amicizie importanti: era un uomo di Vito Ciancimino, l’ex sindaco mafioso di Palermo, la mente del “sacco” che distrusse il centro della città per realizzare una delle più imponenti speculazioni edilizie della storia italiana. Legatissimo a don Vito, Alamia avrà anche rapporti con Messina Denaro. Una circostanza emersa solo pochi anni fa, poco prima della morte dell’ingegnere. Dopo aver dribblato quarant’anni d’inchieste giudiziarie, infatti, Alamia fu sospettato di aver ordinato l’omicidio di un suo socio, Antonio Maiorana, scomparso nel nulla insieme al figlio nel 2007. Quella vicenda turberà non poco le acque dentro Cosa nostra: Salvatore Lo Piccolo, che all’epoca era il capo incontrastato di Palermo, ordinerà addirittura un’indagine interna alla mafia per capire chi avesse osato macchiarsi di quel duplice delitto senza il suo consenso. Chiederà spiegazioni persino a Messina Denaro, convocato nella sua villa alle porte di Palermo per un summit. Quella riunione non si terrà mai: nella stessa giornata, infatti, Lo Piccolo viene arrestato dopo una latitanza lunga un quarto di secolo. Matteo, invece, riesce a salvarsi ancora una volta. Diabolik sparisce. Forse informato da gente in divisa. Ancora una volta riesce a non farsi fottere. E a Castelvetrano, invece di capire chi sono i veri soci occulti che non sono mai stati toccati dalla Giustizia del malefico boss , si spendono fiumi di parole per un film. I soldi della mafia castelvetranese, provenienti anche dal traffico dei reperti selinuntini , sono finiti anche nel sistema fin qui raccontato? Molti anni fa, una villa a Selinunte, riconducibile alla famiglia Caruana doveva prendere fuoco. Gli autori, mai trovati probabilmente sbagliarono casa e diedero fuoco ad altra abitazione. Rimase il dubbio. Oppure, Ciccio Messina Denaro, in piena guerra di mafia. fece da tramite tra i Cuntrera e Riina. I boss siculo-canadesi erano vicini a Buscetta negli anni d’oro del narcotraffico. Probabile l’aiuto dei Messina Denaro . Gli accordi consentirono a Riina altri lauti affari? Ci piacerebbe saperlo. Di certo Matteo, ha fatto affari con questa gente. I Cuntera-Caruana- avevano amici e compari anche tra politici della prima Repubbica, riciclatisi nella seconda. E anche con alcuni famosi imprenditori dell’epoca. Alcuni carabinieri coraggiosi scrissero informative in merito tra gli anni 80 e 90
P.S. Nella foto di copertina pubblicata a margine dell’articolo, (tra le tante foto segnaletiche fatte al PC) ne rimane una che è particolarmente vicina al reale viso del boss arrestato nel 2023.
Ass. Verità e Giustizia
Fonte: il Fatto- documenti