Il riordino delle cave di materiale di pregio in Sicilia e le norme sul ripristino ambientale. Giovanni Leonardo Damigella: “Il trionfalismo della Regione siciliana è fuori luogo”
Secondo l’imprenditore del marmo, titolare di alcune cave a Custonaci, la nuova legge è ottima, ma non può avere carattere retroattivo. “La legge precedente prevedeva il ripristino a carico della Regione e gli imprenditori hanno pagato all’atto della concessione. Ma la Regione ha incamerato i soldi e non ha fatto nulla”.
L’Assemblea regionale siciliana ha approvato, due giorni fa, la legge per il riordino dell’attività estrattiva in Sicilia. La riorganizzazione del settore prevede, d’ora in poi, l’obbligo – per chi ottiene una concessione per l’estrazione del materiale lapideo di pregio – di assumere l’impegno anche per il recupero ambientale della cava quando sarà completato il ciclo produttivo. L’imprenditore dovrà sottoscrivere una fidejussione bancaria o impegnarsi a dei versamenti annuali. Nessuno potrà più abbandonare le cave. Una buona notizia per la salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio nell’isola.
“È una buona legge – commenta l’imprenditore del marmo Giovanni Leonardo Damigella – che recepisce le indicazioni nazionali e dà un nuovo assetto all’attività estrattiva nell’isola. Ma non è affatto vero che gli imprenditori del marmo siano inadempienti rispetto al ripristino. Tutti i titolari di concessione, me compreso, hanno pagato quanto dovuto per il ripristino e il recupero ambientale quando sarà terminata l’attività estrattiva. Abbiamo pagato quanto dovuto all’atto della concessione. La legge in vigore fino a oggi (n. 127 del 1980) prevedeva che tale incombenza spettasse alla Regione che incamerava però quanto dovuto dai proprietari delle cave. Noi abbiamo pagato e la Regione ha incassato i soldi. Se nessuna attività di ripristino è stata effettuata, la responsabilità non è degli imprenditori, è della Regione. È la Regione ad essere inadempiente, non gli imprenditori del marmo. Questo trionfalismo è fuori luogo. La Regione si è fatta pagare dagli imprenditori, ha incamerato i soldi. Oggi invece punta il dito su di noi”.
Giovanni Leonardo Damigella gestisce da alcuni anni delle cave nella zona di Custonaci (Tp). L’azienda, invece, ha sede a Chiaramonte Gulfi (Rg). Le cave di materiale lapideo di pregio si trovano proprio nel trapanese e, in parte, nella zona di Messina e di Palermo.
“Noi siamo pronti a effettuare i lavori di ripristino – continua Damigella – peraltro, proprio la tipologia dell’estrazione consente di effettuare i lavori di cava nel massimo rispetto dell’ambiente. Se si lavora bene, con criterio giusto e rispettando il progetto e la sua finalità, alla fine non sarà necessario nessun ripristino. Io – man mano che prosegue l’attività di cava – lascio i gradoni puliti e recintati che in futuro potranno essere utilizzati come percorso turistico-emozionale. In fondo alla cava, inoltre, lasceremo uno spazio ad anfiteatro che potrà essere utilizzato in futuro per rappresentazioni culturali o spettacoli”.
E conclude: “La legge non può avere carattere retroattivo. Noi abbiamo stipulato un contratto all’atto della concessione e abbiamo pagato quanto ci è stato chiesto. Non possiamo pagare due volte. E che cosa succederà delle cave abbandonate, dismesse da anni? I titolari – in alcuni casi – non ci sono più e la Regione è inadempiente”.