Matteo Messina Denaro anche da morto continua a dividere “antimafisti ” , opinione pubblica e inquirenti. Le sue dichiarazioni sanno di “presa in giro”.
Continua il tormentone di tanti giornalisti e opinionisti che si sono nutriti molto di sospetti facendo forse ridere il boss defunto
Come si possono fare le condoglianze ad un uomo così crudele e violento? Una dimostrazione che lo Stato , con i tanti errori commessi per catturarlo negli anni, ha perso di credibilità
“Tutte le telecamere di Campobello e Castelvetrano le so, primo perché ho l’aggeggio che le cercava, che non l’avete trovato; e poi perché le riconosco”. Così, nell’interrogatorio reso ai pm di Palermo dopo l’arresto, Matteo Messina Denaro spiega come era in grado, da latitante, di individuare le videocamere piazzate nel trapanese dagli investigatori che gli davano la caccia. E’ evidente che la scusa dell’aggeggio capace di scovare le telecamere sa di “sfuttuta” . Sapeva perchè qualcuno lo informava. Di “sfuttuta” sa anche la dichiarazione sulle stragi quando dice ai magistrati- Vi siete accontentati del maxi processo-. Una vera sfida all’intelligenza che misura oltremodo il suo essere arrogante e presuntuoso. Aveva protezioni molto in alto. Solo certe garanzie consentono certe sicurezze. E il boss, nonostante la terra bruciata iniziata con Teresa Principato non aveva nessuna paura di andare in giro sedurre donne e bere champagne. I mafiosi che lo avevano aiutato si sono tutti fatti male e dal boss non hanno avuto nulla. La riconoscenza non era nelle sue corde. E verosimilmente ha sfruttato le famiglie per non farsi prendere. Ecco perchè Riina lo boccia come mafioso e se avesse potuto lo avrebbe fatto ammazzare. Riina anche se “peri incritatutu“, aveva cervello. Una belva con i suoi principi mafiosi al primo posto. Lo dice chiaramente in carcere: ” a Matteo ci interessa solo fare soldi e le pale eoliche se li infilissi in culu” Riina sapeva benissimo di essere ascoltato e dice tutto con cognizione di causa.
Arrogante e presuntuoso
Al procuratore di Palermo che gli chiede dove avesse nascosto l’apparecchio usato per intercettare le telecamere, mai trovato nei covi del capomafia il boss risponde: “In un altro posto. No, a Campobello no, era un altro… non era in quella casa..”. Ancora giri di parole per dire tutto e niente allo stesso tempo. E’ evidente che Messina Denaro non ha temuto le inchieste neanche per la sua famiglia. Arresti a centinaia , la sua famiglia quasi tutta in carcere e il boss a fumare tranquillamente il sigaro e giocare a poker. I soldi, nonostante i sequestri non gli sono mai mancati. Ecco il punto debole. La latitanza costa e sena soldi non si può fare. Come è stato possibile che, il boss, nonostante le decine di operazioni contro il suo impero avesse tanti piccioli? E’ evidente che il boss è stato più furbo di chi lo cercava. Oppure, qualcuno lo imbeccava talmente bene per non farsi fottere. Messina Denaro non era certo laureato alla Luiss. Fare scomparire tanti soldi non è cosa facile. Eppure, gli inquirenti, spesso hanno perso tempo dietro a morti di fame. Un colpaccio è stato quello dell’imprenditore Grigoli. Era il 2006. E poi come ha fatto? La vera domanda rimane questa: chi ha davvero il tesoro di Matteo Messina Denaro? Se gli inquirenti cominciano a seguire i soldi di chi negli anni ha fatto” lusso” e spese immobiliari senza molto faticare forse ci possono arrivare. Il lascito del boss parte dai soldi. Soldi che hanno ancora un significato. Vengono da lontano e magari ereditati anche dal padre Ciccio? La storia aiuta capire. Chi non la conosce fa solo confusione
Ass. verità e Giustizia