
Il modo crociano di ripensare Hegel e la dialettica riporta il pensiero non a ciò che lo conclude ma a ciò che lo precede e lo accompagna. Al pari di Croce, anche Giovanni Gentile parte da studi di carattere storico-erudito. Molto si è discusso sul primato tra Croce e Gentile. A distinguerli non fu il rigore degli studi ma la politicità delle loro rispettive filosofie. L’ascesa di Gentile s’identificò come porta-tore della stessa ideologia del regime fascista. Croce, a sua volta, nella sua piena affermazione, diventò Ministro della Pubblica Istruzione nell’identificazione trionfale del potere culturale con quello politico ma di segno diverso da quello assunto da Gentile. Il ritorno di Croce, sconfitto il fascismo, lo vide più vecchio e stanco, ma ancora ligio al dovere di servire il Paese prostrato dall’esperienza fascista e dalla guerra. Va anche qui inteso nel giusto verso il suo rapporto con il fascista Gentile. Ne fa testo il turbamento di Croce nell’apprendere la tragica morte di Gentile avvenuta il 17 aprile del 1944.” Fu ucciso il 15 aprile 1944 sulla soglia della sua residenza di Firenze, la Villa di Montalto al Salviatino, da un gruppo partigiano fiorentino aderente ai GAP di ispirazione comunista. “Pur sentendo irreparabile la rottura tra noi e, d’altra parte, essendo sicuro che in un modo o nell’altro l’artificioso e bugiardo edificio del fascismo sarebbe crollato, io pensavo che in questo avvenire mi sarebbe spettato, per il ricordo della giovanile amicizia, provvedere, non potendo altro, alla sua incolumità personale e concedergli tollerabile la vita con il richiamarlo agli studi da lui disertati.” (by Novecento storie del mio tempo di Riccardo Alfonso)