di Achille Colombo Clerici
Italia cenerentola quanto a materie prime: ma pure colpevole di non cercare e di non sfruttare le scarse risorse che possiede.
Un primo passo nella giusta direzione è stato fatto nei giorni scorsi dal governo Meloni, annunciando la ripresa dell’attività di molti pozzi di metano e l’avvio di nuove trivellazioni. Come ho scritto in questa rubrica la scorsa settimana, in tempi relativamente brevi potremmo tornare ad estrarre 20 miliardi di mc. di gas all’anno invece degli attuali 3,5 miliardi riportandoci almeno ai livelli di produzione del 2000; e con nuove trivellazioni moltiplicare la produzione stessa, salvaguardando al contempo l’integrità del territorio. Inoltre, si dovrebbero gestire meglio i rifiuti utilizzandoli a fini energetici, accelerando sulle rinnovabili.
Nonostante l’Italia possieda un know-how all’avanguardia mondiale quanto a ricerca e utilizzo in questi settori – know-how impiegato prevalentemente all’estero a causa degli ostacoli legislativi e burocratici imperanti da noi – abbiamo accumulato un ritardo drammatico rispetto ad altri Paesi anche meno industrializzati del nostro.
Qualche esempio. Nel campo delle rinnovabili si è fatto tanto negli ultimi anni, ma niente di comparabile con quanto sviluppato dagli altri Paesi europei. Per avere dei termini di paragone, noi ricaviamo da tali risorse il 37 per cento dell’elettricità che consumiamo, l’Austria il 78, la Svezia il 74 e la Danimarca il 65, il Portogallo il 54 e la Spagna il 43.
I termovalorizzatori. La letteratura scientifica unanime li considera sicuri ai fini della tutela degli ecosistemi e della salute umana. Si dovrebbe consentire in modo veloce la costruzione quantomeno degli impianti di modeste dimensioni che hanno limitati impatti sul territorio ed enormi benefici sociali ed economici. Nel Codice ambientale italiano se ne deve tener conto e va modificata l’attuale procedura che tratta erroneamente allo stesso modo varie tipologie di impianti con caratteristiche assai diverse tra loro non comparabili sotto il profilo tecnologico e di impatto per la salute e gli ecosistemi.
Scelte non facili per il nuovo esecutivo. Ma l’alternativa è la perdita di competitività con gli altri Paesi industrializzati che l’ombra della recessione mondiale rende sempre più attivi ed aggressivi anche all’interno della stessa Comunità europea.