Un rapporto della Dia rimasto 29 anni nel cassetto fra le carte della commissione d’inchiesta siciliana
Il dossier dimenticato nei cassetti di quattro procure
A distanza di 30 anni, la verità su quanto successo nel periodo delle stragi è ancora lontana. Piccole verità emergono per essere, poi, subito soffocate da un mare di menzogne e depistaggi ad hoc, come, purtroppo, è consuetudine nella nostra Repubblica. Report di recente ha riportato alle cronache nazionali i collegamenti mafiosi con nuclei terroristici di destra. Non è una novità ma su questa pista già identificata dalla DIA nel 1994 ci sono state troppe distrazioni. Anche i numerosi libri scritti da sapienti giornalisti( spesso con contenuti romanzati ,di parte e anche lontani dalla verità) non hanno dato molta evidenza a questa pista che invece ha una sua specifica valenza. Chi sa ,a Castelvetrano, oltre al boss, di questi rapporti segreti con terroristi e faccendieri? Negli ultimi anni si è data la caccia a parenti e fiancheggiatori del boss. Gente piccola rispetto a quanto detto da Report
Quello che è certo è che nelle stragi del ’92-’93 paiono esservi diverse vicende non adeguatamente approfondite, prima fra tutte la Falange Armata, ovvero la “presunta” organizzazione che ha rivendicato le stragi.
LA MAFIA CHE DEPISTA?
Le sentenze dei vari processi hanno stabilito che le stragi del ’92-’93 sono state stragi di mafia .Eppure ci sono state informative serie che parlavano di servizi deviati , massoni della P2 e terroristi neri. Qui qualcosa non torna. Può essere stata la mafia a depistare? Difficile credere che Scarantino sia stato opera dei mafiosi
«Matteo Messina Denaro conosceva la trattativa di Bellini sulle opere d’arte»
Il terrorista di destra, Bellini spunta anche nel dossier dimenticato sulle stragi di mafia. Bellini e Matteo Messina Denaro si conoscevano. Gli inquirenti lo sapevano. I primi contatti i due criminali li hanno per l’interesse comune nel mercato dei reperti archeologici e delle opere d’arte rubate
«La tesi del contatto privilegiato tra Cosa Nostra e terminali delle Istituzioni statali è certamente avvalorata dal tentativo di interscambio di opere d’arte in cambio di un alleggerimento delle condizioni carcerarie fra Gioè e Bellini che, seppur non lo possiamo inquadrare nell’ambito della trattativa “madre” certamente ha rappresentato uno dei diversi piani in cui si è inverata l’interlocuzione tra le autorità pubbliche e la criminalità organizzata di matrice mafiosa, livello a cui partecipò Matteo Messina Denaro». È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza emessa dalla Corte d’Assise di Caltanissetta nei confronti del boss Matteo Messina Denaro, condannato all’ergastolo con l’accusa di essere tra i mandanti delle stragi di Capaci e via D’Amelio del 23 maggio e del 19 maggio 1992, costati la vita a Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e a uomini e donne delle scorte. La sentenza è stata emessa il 21 ottobre del 2020 dalla Corte presieduta dal giudice Roberta Serio.
Le piste terroristiche
Nel documento venivano citati il capo della P2, Licio Gelli, i servizi segreti deviati e «ambienti imprenditoriali finanziari», con il coinvolgimento di esponenti dell’eversione nera. A cominciare da Pietro Rampulla, mafioso della famiglia di Mistretta con una militanza in Ordine Nuovo, che confezionò l’esplosivo usato a Capaci.
«È stato il procuratore generale Roberto Scarpinato — si spiega nella relazione — a citare alla commissione un rapporto della Dia in cui si delineava il quadro “economico politico finanziario” delle stragi. Rapporto inviato a quattro procure, ma mai utilizzato nelle decine di inchieste che si sono succedute». È in questo contesto che la Dia segnalò anche il legame fra Gioè e Bellini, in relazione alla trattativa Stato-Mafia sulle opere d’arte, imbastita per il recupero di alcune preziose tele rubate dalla banda di Felice Maniero alla Pinacoteca di Modena in cambio di arresti domiciliari o detenzioni ospedaliere per cinque mafiosi, fra i quali Pippò Calò.
Gioè venne poi trovato suicida in carcere a Rebibbia in circostanze misteriose nel 1993, lasciando una lettera in cui anche c’è un riferimento alla Primula Nera, considerandolo un infiltrato. Le opere furono poi recuperate grazie all’intervento dello stesso Maniero, in due fasi, nel 1993 e nel 1995. Argomenti in parte affrontati anche nel processo mandanti sulla strage di Bologna, dove la Primula Nera reggiana – che si è sempre proclamato innocente – è stato condannato all’ergastolo. Era il quinto uomo dell’attentato, colui che il 2 agosto 1980 portò la bomba in stazione, provocando 85 morti e oltre 200 feriti in concorso con i Nar Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini (condannati in via definitiva) e con Gilberto Cavallini (condannato in primo grado all’ergastolo). Fra i teste che hanno già sfilato davanti alla Corte d’Assise di Bologna, presieduta da Francesco Caruso, la trattativa Stato-Mafia è diventata argomento di deposizione nelle udienze in cui sono stati convocati l’antiquario Agostino Vallorani, condannato per reati contro il patrimonio, vecchia conoscenza di Bellini, e il luogotenente dei carabinieri Roberto Tempesta, un tempo maresciallo del Nucleo tutela patrimonio artistico, al quale Bellini – con il nome in codice di Aquila Selvaggia – consegnò il foglietto con il nome dei mafiosi. Vicende su cui avrebbe dovuto testimoniare Mario Mori, ex comandante del Ros ed ex direttore del Sisde, che si è avvalso della facoltà di non rispondere perché considerato testimone assistito, in quanto finito sotto indagine per falsa testimonianza al termine del processo Cavallini.
Stefano Delle Chiaie, Roma come base per infiltrare e manipolare
Anche in questo caso ci potrebbero essere stati incontri e co9llegamenti con Matteo Messina Denaro che come è già noto andava a Roma spesso, frequentando anche personaggi riconducibili alla banda della Magliana. Incontri riportati nelle carte dei processi di Firenze. Dal 1989 al 1992 Stefano Delle Chiaie avvia una operazione politica rifondando, di fatto, la disciolta Avanguardia nazionale. Prima tenta di inserirsi all’interno del Movimento sociale italiano, con la sponda di Pino Rauti. Nello stesso tempo finanzia e gestisce i gruppi neofascisti giovanili dell’epoca, come il Movimento politico di Maurizio Boccacci. E, nel 1991, crea la Lega nazional popolare, alleandosi con imprenditori, politici ed ex avanguardisti calabresi e siciliani. Cosa c’entra tutto questo con le stragi? Si poteva iniziare già nel 1994 a capirlo.