Attilio Bolzoni continua a scavare sull’antimafia in salsa siciliana costruita da Antonello Montante. Una battaglia, quella di Bolzoni che spesso, non ha trovato spazio in diverse testate. Eppure, se si grida alla giustizia come valore, non si può solo guardare da una parte. Dopo aver letto i libri di Palamara e Rizzo molti dubbi arrivano alla mente sull’obiettività di alcune procure. Crocetta se la gode in Tunisia e nessun Pm pensa di portarlo in Sicilia. Eppure, cose da chiarire ve ne sono. Crocetta aveva costruito un movimento con tanti amici in giro che con il suo potere hanno guadagnato soldi e fatto carriere. Tutto lecito? Anche sui rapporti con Montante dovrebbe spiegare molto. Lui sta zitto e non fa nulla. Sa che i Pm non lo disturberanno? Le toghe valutano con occhi diversi? Qualcuno tende ad insabbiare? A voi la risposta
Come ha fatto Antonello Montante a presentarsi come simbolo dell’Antimafia per tanto tempo, celebrato a livello nazionale, mentre in realtà era legato ai boss? Con un’abile strategia di comunicati di solidarietà, cronisti che lo incensavano e investigatori che coprivano il suo nome nelle indagini
Pubblichiamo di seguito l’articolo scritto da Bolzoni
Evitare la diffusione di un video a contenuto sessuale che lo ritraeva in atteggiamenti intimi». C’è anche questo su Rosario Crocetta nell’inchiesta della squadra mobile di Caltanissetta su Antonello Montante: indagati l’ex direttore della Direzione distrettuale antimafia De Felice, l’ex governatore Crocetta, la sua segretaria Linda Vancheri, il funzionario di polizia Vincenzo Savastano e il “re della monnezza” Giuseppe Catanzaro. Un’associazione a delinquere guidata dall’ex capo di Confindustria Sicilia
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C’è un presidente della Regione Siciliana inginocchiato ai suoi piedi. Per i soldi che ha ricevuto in campagna elettorale ma anche per altro. È Rosario Crocetta. C’è la sua segretaria nominata assessore che poi dirotta denaro pubblico agli amici. È Linda Vancheri.
- C’è un funzionario di polizia che non lo controlla mai quando è in transito a Fiumicino. È Vincenzo Savastano. C’è un direttore centrale della Dia che su sua sollecitazione ordina inchieste dal nulla su giornalisti «da abbattere». È Arturo De Felice.
- A tutti loro è stato notificato l’avviso di conclusioni indagini per un’inchiesta che scopre un sistema marcio, inchiesta tormentata dalle scorrerie di spioni, dalle ambiguità di alcuni giudici dell’antimafia, da talpe, corvi, da tentativi di depistaggio. La storia di un’“Anonima Ricatti” messa su dal Cavaliere Calogero Antonio Montante meglio conosciuto come Antonello.
- Protetto dai ministri dell’Interno Annamaria Cancellieri e Angelino Alfano, dal direttore dei servizi segreti Arturo Esposito e da quello della direzione investigativa Antimafia Arturo De Felice, dalla presidente dell’Eni Emma Marcegaglia, è stato costruito come simbolo dell’Antimafia nonostante il torbido passato e le frequentazioni in Cosa Nostra.
- I suoi avvocati hanno tentato la carta della disperazione, avanzando richiesta per annullare il verdetto di primo grado, «in quanto era incapace di partecipare coscientemente al giudizio».
- Racconti di feste di compleanno passate insieme ai “don”. Anche un Natale con il boss Vincenzo Arnone che, «in segno di rispetto», gli fa visita nella sua villa.
- Sono tanti i misteri di questa vicenda. Manca la parte dei colpiti per partito preso. Quelle vittime del sistema anche condannati ingiustamente per difendere il sistema Montante