
di Achille Colombo Clerici
Con pochi altri, ho sempre espresso alcune perplessità sulla “transizione ecologica” che punta – leader mondiale l’Europa che comunque incide soltanto per l’8% sull’inquinamento mondiale – a sostituire i combustibili fossili (carbone, petrolio, gas) con le fonti di energia rinnovabile (solare ed eolico), soprattutto gestite a livello individuale e domestico con gli strumenti del “fai da te” nell’ambito di una green economy. L’obiettivo è più che lodevole e indispensabile per contenere, ma purtroppo non per debellare il riscaldamento climatico che peraltro segue propri cicli naturali.
Il problema è aggravato in Italia dall’assurda carenza di produzione di energia elettro-nucleare e dalla scarsità di quella idroelettrica.
E’ pur vero che l’attività umana sta pesantemente influenzando il cambiamento climatico. Secondo il 6° Rapporto dell’International Panel on Climate Change (IPCC) le concentrazioni atmosferiche di anidride carbonica sono le più alte degli ultimi 2 milioni di anni; la riduzione del ghiaccio artico a partire dagli anni ’50 è senza precedenti negli ultimi 2.000 anni; gli aumenti osservati nelle concentrazioni di gas serra dal 1750 circa sono chiaramente prodotti da attività umana che ha riscaldato il clima ad una velocità senza precedenti negli ultimi 2.000 anni; e, infine, che siccità estreme, alternate ad alluvioni ed a fenomeni metereologici devastanti, si manifestano con sempre maggiore frequenza.
Ma, condividendo l’opinione dell’editorialista Ferruccio de Bortoli esemplare per accuratezza e semplicità espositiva, mi chiedo quanto in realtà possiamo fare. E quanto ci costa non solo in termini economici, ma soprattutto in termini sociali e politici.
Nel mondo, la quota di fonti fossili per la copertura del fabbisogno energetico è ancora dell’80%, il contributo delle rinnovabili, pur in aumento, non supera il 10%, al costo in 15 anni di 3.800 miliardi di dollari. L’Italia, per raggiungere la net zero emission prevista dal PNRR, deve accelerare di 4/5 volte la velocità media di abbattimento degli ultimi 29 anni e moltiplicare per dieci l’installazione delle rinnovabili. Con le tecnologie attuali non si arriverà mai alla neutralità delle emissioni.
Sacrosanto moltiplicare gli sforzi sul fronte del cambiamento climatico, soprattutto per l’avvenire dei nostri figli e nipoti: ma teniamo presente che gli auspicabili risultati avranno conseguenze pesanti soprattutto per l’occupazione – costruire un’auto elettrica prevede un operaio invece di quattro -, i ceti popolari e le produzioni più ‘povere’.
Sarebbe corretto lanciare meno proclami e diffondere maggiore consapevolezza della realtà, ma soprattutto varare programmi di intervento più lungimiranti ed efficaci basati su infrastrutture energetico-produttive d’avanguardia.