Luca Palamara, “quando mi sono spostato a destra…”: la verità sulla magistratura, “se non fai politica conti zero”
Luca Palamara, romano, classe ’69, ex enfant prodige dell’Associazione Nazionale Magistrati e membro del Csm, ha l’aria allegra dell’angelo sterminatore. In questi giorni infiammabili col suo libro scritto con Alessandro Sallusti “Il sistema” (Rizzoli) ha spalmato di napalm quell’intreccio vischioso di magistratura e politica di cui è stato per anni centro di gravità. Doveva pensarci prima a dire queste cose. Per troppi anni queste dinamiche hanno minato l’azione giudiziaria. Che vi erano condizionamenti politici in certe inchieste, lo avevano capito anche i topi dei palazzi di giustizia. Solo certa stampa filo procure smentiva e attaccava chi lo diceva. Quella stampa con il dna clonato dai Pm carrieristi. Dovrebbero far pulizia all’interno delle toghe per dare valore alla Giustizia. Non lo faranno. Tutto sarà insabbiato come nei processi di mafia e politica degli anni 70. Ci sono troppi interessi in gioco e troppe poltrone. Meglio rovinare la vita agli altri. Il fango si usa per gli altri.
Intervista di Francesco Specchia -Libero
Palamara, lei è stato espulso dalla magistratura per le note vicende che partono dalla “degenerazione correntizia” al pilotaggio politico delle nomine. Ma il suo memoir vende, e spacca la magistratura. Perché?
«Ho scritto questo libro, oltre che per i cittadini, anche e soprattutto per venire incontro alle richieste di molti magistrati – 24 di loro mi hanno scritto un lettera aperta (la più nota è Clementina Forleo, ndr) – dove che mi chiedevano di mettere a nudo il meccanismo della giustizia italiana, di raccontare di come davvero stavano le cose. Che non erano solo quelle della notte dell’Hotel Champagne (che poi non era notte, ma sera tarda); ma si trattava di una sorta di ragnatela di potere che coinvolgeva chiunque avesse una rappresentanza. Ecco, l’idea è che debba esserci una seria riflessione su questo, mi pare giusto specie per quei colleghi che rimangono ai margini perché non si identificano nelle correnti, soprattutto le correnti di sinistra».
Dove vuole arrivare con le denunce del suo libro? Vuole vendicarsi di avversari come il vicepresidente del Csm Ermini che la giudica “una scoria”, di chi – come dice lei – ora la attacca e prima le chiedeva favori?
«Non capisco chi mi imputa di voler scardinare la magistratura. Questo è un libro a favore della magistratura. Ma se lei mi chiede se ora la magistratura è credibile, bé, è un altro paio di maniche. La magistratura è fatta di posizionamenti, collateralismo, gerarchie».
Il “sistema”, appunto. Quindi ammette che esisteva un “sistema Palamara” con cui si gestivano le carriere in nome di un consociativismo con la politica?
«Certo, ma non era il “sistema Palamara”. E “sistema”, da vocabolario, non è un’organizzazione criminale, ma una relazione fra più soggetti. L’idea che una sola persona potesse decidere – io, nella fattispecie – stride con la realtà. Il sistema è quello delle correnti, e i meccanismi di potere sono regolati da un’oligarchia di cui io facevo parte. Chi era fuori dalle correnti non contava. Ma non c’ero solo io, ripeto. Le pare possibile che, parlando di intrecci tra magistrati e politici, i protagonisti riuniti all’Hotel Champagne erano gli stessi che hanno partecipato all’elezione di Ermini, ma lì nessuno ha avuto da ridire. Sono diventato il capro espiatorio. Ma non è che “se esce Luca risolviamo i problemi”, così non funziona»