C’è chi prende lo spunto dalla emergenza Covid per sostenere che Milano, per come è strutturata – forte carico insediativo su un territorio e un impianto urbani secolari – vada ripensata a causa dell’impatto che la pandemia ha avuto per l’eccessivo ‘congestionamento’: che si aggraverebbe se, secondo l’impostazione del Piano di Governo del Territorio, la popolazione si accrescesse di altre 300.000 unità entro il 2030.
Osservazione non priva di logica. Ma la questione va affrontata diversamente. Se la nostra vita viene impostata sul modello, per ora vincente e comunque dominante a livello mondiale, della ‘crescita continua’ bisogna decidere se la città deve essere motore di crescita o fattore di conservazione.
Nel mondo le “città globali”, come Milano, esercitano un ruolo sempre più importante. Sono nodi fondamentali del sistema produttivo globalizzato e acquisiscono man mano rilevanza come attori internazionali veri e propri, anche per via dell’impatto che hanno su dinamiche demografiche, climatiche, culturali e tecnologiche che superano i confini nazionali e trasformano il nostro pianeta.
Le città coprono soltanto il 2% della superficie terrestre. Eppure, esse ospitano il 54% della popolazione mondiale, consumano il 78% dell’energia prodotta e sono responsabili del 60% delle emissioni inquinanti del pianeta. Al contempo, le aree metropolitane producono più di due terzi della ricchezza mondiale e sono centri di sviluppo culturale e sociale le cui tendenze e innovazioni hanno un’influenza che si estende ben al di là dei confini cittadini e nazionali. Sotto tutti i punti di vista considerati, l’importanza relativa dei centri urbani rispetto al resto del territorio è destinata a crescere nei prossimi decenni.
Secondo una classifica elaborata da ISPI su dieci città globali Milano, pur perdendo qualche punto, rimane comunque ben al di sopra della media confermando una crescita sostenuta ma complessivamente equilibrata negli ultimi anni. Gli strumenti per tenere in equilibrio il rapporto congestione urbana/abitanti ci sono: costruzione in altezza, rigenerazione urbana, razionalizzazione dei carichi funzionali, anche alla luce dell’esigenza del modello di vita phygital.
L’alternativa “filosofica” allo sviluppo di Milano così come è stato impostato quale potrebbe essere? Abbandonare il ruolo di metropoli, che resta leader del Paese nonostante l’emergenza sanitaria, e tornare al ruolo di città ottocentesca?