“Bidet”, è termine che oggi evoca solo quel certo attrezzo di ogni bagno. Ma la parola è derivata, per via delle quattro zampe che avevano i primi bidet, dal francese, lingua nella quale “bidet” significa “cavallino”.
Nel mio paese d’origine, Tolfa, per secoli la popolazione è vissuta allevando bovini e cavalli con i relativi puledri, quelli che in francese sono i “bidet”.
Conosciutissimi da sempre cavalli, puledri e cavallini. Sconosciuti, fino agli anni ’30 del secolo scorso i bidet, d’uso per le abluzioni intime. Ora i bidet-puledri sono assai diminuiti e rimangono importanti (se non nelle caricature).
Ma nelle case tutti hanno il bidet.
Il vecchio borgo ha avuto varie fasi di espansione. Ma negli anni ’30.
Muratori, per lo più amici tra loro e come tali associati, costruivano edifici grandi e quasi moderni. Ne vendevano gli appartamenti ancora da costruire a compaesani che li pagavano a rate cominciando prima che fossero finiti.
Nel palazzo di Piazza Vittorio Veneto, dov’è l’appartamento della mia Famiglia, un appartamento fu acquistato da tale detta “La Mora”, moglie di un allevatore di pecore, capre e vacche.
I muratori Pipitò e tale Zecchinelli soprannominato Focaraccio, un bravo artigiano così detto perché facilmente portato ad esplosioni di rabbia di poca durata: come i fuochi di frasche (focaracci).
Arrivati quasi al compimento dell’opera (ed a buon punto dei pagamenti), Pipitò e Focaraccio decisero che era il caso di mostrare alla “Mora” l’opera fin lì compiuta.
“La Mora” venne, guardò, giudicò.
Giunti al bagno si soffermò davanti al bidet. Lo guardò curiosa e domandò ai due capomastro: “E què che d’è?”. Risposero “è er bidè pe lavasse”…
“La Mora” rimase perplessa avanti a quel “coso” guardandolo curiosa: “E io mè dovrebbe da lava’ co’ quer coso lì giù?”.
Pronto Focaraccio: “Ma mica te c’hai da lava’ la testa!” “NO? e che? “O bella! Er culo! Rispose Focaraccio.
“La Mora” rimase interdetta. Zitta e già furente per qualche minuto gridò “Levatelo!”.
“Levatelo?” Ma tu s’è matta!” gridò inviperito Focaraccio!
“Levelo che sto scannolo in casa mia nun ce lo voio, che c’ho na fia giovinetta”…”e ridateme li mi quatrine e ripiateve sta casa e annatela a vende a qualche puttanaccia de città”.
Focaraccio esplose, tirando in ballo virtù morali ed estetiche dell’assente “giovinetta”.
Tirò in ballo anche “le paure capitaliste che tengheno la gente ignorante e sporca”.
(Focaraccio era fervente comunista tale, a suo rischio, in quel periodo fascista).
Urlarono. Strepitarono.
Dei presenti, molti si allarmarono di quegli assai pericolosi riferimenti ai paesi capitalisti, alla politica e alle note opinioni di Focaraccio.
Dopo molto sbraitare Pepitò si assunse il penoso ed oneroso compito di togliere lo “scannolo”.
E così, presente in tutti gli appartamenti del palazzo lo “scannolo” del “bidet” (ed il buon uso di esso) ne furono muniti.
Tranne uno. Anche lui di un paese capitalista.
Mauro Mellini