dal 18 ottobre al 21 dicembre 2019
“Una sera a Piazza Navona mi accorsi, in questo grande
spazio, che il vuoto era più importante del pieno
e che le ombre, oltre a essere più affascinanti e presenti
con il buio della sera e l’illuminazione artificiale,
avevano un’importanza notevole,
esse ci appartengono come i nostri corpi,
come i nostri spazi…”
Giuseppe Uncini, 1998
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Fondazione Marconi ha il piacere di presentare la mostra Giuseppe Uncini. La conquista dell’ombra dedicata al lavoro dell’artista marchigiano tra il 1968 e il 1977.
Questo progetto espositivo in collaborazione con l’Archivio Uncini, a distanza di quattro anni dalla mostra del 2015 incentrata sul disegno, mira oggi a documentare l’evoluzione della lunga e approfondita indagine dell’artista sul tema delle ombre.
Punto di partenza è la mostra, intitolata appunto “Ombre”, che ha luogo nel 1976 allo Studio Marconi e per la quale l’artista realizza Grande parete Studio Marconi MT 6, espressamente progettata per la galleria milanese.
Quest’opera rientra nel periodo in cui Uncini decide di spostare la sua attenzione dalla “costruzione di oggetti” alla “costruzione dell’ombra”, dalla forma reale dell’oggetto costruito, alla sua forma virtuale.
In questa nuova ottica egli trasforma ciò che è da sempre percepito come ambiguo e labile in un elemento sostanziale dell’opera, qualcosa di stabile, visibilmente e tattilmente concreto.
Luce e ombra vengono così poste allo stesso livello di valore e considerate “materie” alla stessa stregua, permettendo una nuova e inedita lettura dell’opera.
Questa scoperta, motivo dominante della sua ricerca fino agli anni Ottanta, lo porta anche a riflettere sulle antinomie luce-ombra, pieno-vuoto, presenza-assenza. È dunque lo spazio a farsi materia dell’atto costruttivo dell’artista e non esiste più distinzione tra il fare pittura e il fare scultura.
“Fino ad allora avevo pensato di essere e di voler fare il pittore. Poi questa convinzione a poco a poco mi cadde sotto le mani. In seguito sono diventato, mi dicono, scultore. Io ancora non ci credo e mi sento tra la scultura e la pittura e mi va benissimo, non c’è problema in questo.” (G. Uncini, 1998)
Per la sua maestosità, la Grande parete rappresenta un momento apicale della ricerca di Uncini e segna la sua definitiva conquista di quella “fuggevole essenza” che fa ormai parte integrante dell’opera stessa.
“L’ombra, questa fuggevole essenza, questa negatività del segno, che troppo spesso viene ignorata o passata sotto silenzio, che quasi sempre vale solo come fattore passivo, di assenza, tutt’al più di completamento dell’indagine – doveva invece costituire, a un certo punto, il centro delle indagini dell’artista; non già come artificio per una resa prospettica o naturalistica, ma come ‘messa in luce’ (non solo metaforicamente) di un elemento sostanziale dell’opera.” (G. Dorfles, 1976)
La mostra presenta un nucleo di opere, comprese tra il 1968 e il 1977, con l’obiettivo di fornire un excursus completo sulla produzione creativa di Uncini in questo arco temporale.
Verranno così passate in rassegna tutte le principali declinazioni di quell’assidua necessità dell’artista di indagare la dimensione virtuale della proiezione dei volumi: dalle prime Sedia con ombra e Finestra con ombra (1968), alle Colonne con ombra (1969), Ombra di un cubo sospeso (1973), Muro con ombra T.23 (1976).
A questi si aggiungono alcuni significativi lavori provenienti dal fondo dell’Archivio Uncini: Mattoni con ombra n. 12 (1969), Parete interrotta (1971), Ombra di due parallelepipedi T.1 (1972), Ombra di un parallelepipedo M.29 e Ombra di tre quadrati M.30 (1975).
Accanto alla Grande parete saranno esposte la maquette originale dell’opera, realizzata in cemento e laminato di legno (1975-1976), alcune foto documentarie scattate durante l’esecuzione dell’opera e una selezione di disegni eseguiti negli stessi anni, visto che in Uncini il disegno ha rivestito, sin dagli inizi della sua attività, un ruolo di primaria importanza per la progettualità del suo lavoro.
“Nella nostra cultura, nella nostra storia, penso che il disegno sia il nostro linguaggio, il nostro modo di memorizzare le cose, di costruire. Ritengo che sia molto difficile pensare senza il disegno… Qualsiasi disegno su di un foglio è uno strumento, un linguaggio per individuare il nostro pensiero.” (G. Uncini, 1998)
Farà seguito alla mostra un volume sul tema delle ombre, a cura di Bruno Corà, e in collaborazione con l’Archivio Uncini.