
In pochi anni il Partito democratico ha perso metà dei voti. Ancora in cerca di un leader, i dem sono mediaticamente oscurati dal protagonismo di Salvini, nonostante controllano il 60 % della stampa italiana.
Dovrebbero fare opposizione e provare a essere meno irrilevanti, ma tra i dirigenti c’è chi preferisce aprire nuove polemiche precongressuali.
AL PD PIACE IL POTERE:”IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI”
DA PARTITO DI SINISTRA AL PARTITO DELLE BANCHE E DELL’ANTIMAFIA DI CARRIERA
HA USATO OGNI METODO PER ELIMINARE GLI AVVERSARI E GOVERNARE
NONOSTANTE IL POTERE MEDIATICO E GIUDIZIARIO IL PD OGGI , SE SI VOTASSE NON SUPEREREBBE il 15%
ADESSO LA MAGISTRATURA ALLEATA CERCHERA’ di AGGREDIRE SALVINI E DI MAIO?
Il Partito democratico ha perso il suo popolo. Le recenti elezioni hanno confermato la triste realtà: nel giro di pochi anni sono scomparsi milioni di voti e storiche roccaforti rosse. Intanto al Nazareno si scoprono tutti i limiti strategici di un movimento incapace di fare opposizione, ancora impreparato a offrire un’alternativa alla narrazione del governo legastellato. E così, in attesa di trovare un nuovo leader, il Pd resta in mano alla vecchia classe dirigente. Alla faccia della tanto invocata novità. La discussione interna rimane circoscritta ai soliti protagonisti: cordate e correnti che portano sulle spalle la responsabilità delle ultime disfatte. Sconfitto e scomparso. Come se non bastasse, in queste settimane il Partito democratico è uscito di scena. Il fallimento peggiore è avvenuto sul piano mediatico. Il vicepremier Matteo Salvini è ovunque, i Cinque Stelle riescono ancora a conquistare un po’ di visibilità. Ai dem invece restano le briciole. E a volte neanche quelle. Sui giornali non passa nulla, il poco spazio a disposizione è monopolizzato da noiosissime diatribe precongressuali. Vicende troppo interne per interessare davvero gli italiani.
Tra pochi giorni l’assemblea nazionale eleggerà Maurizio Martina segretario con pieni poteri. La vera partita interna, però, inizierà subito dopo. Le correnti si stanno già scontrando sulla data del congresso. Il governatore del Lazio Nicola Zingaretti – che pochi giorni fa ha annunciato la sua candidatura – ha chiesto di organizzare l’appuntamento prima delle elezioni Europee. E con lui ci sono alcuni dirigenti che già ne sostengono la discesa in campo, da Andrea Orlando a Marco Minniti. I renziani invece puntano a prendere tempo e posticipare tutto all’autunno del prossimo anno. Mentre prosegue lo scontro tra notabili, il Pd rischia di avviarsi all’estinzione. La scomparsa degli elettori è evidente e impietosa. «I numeri sono spietati – racconta Gianni Cuperlo all’Huff Post – Dieci anni fa il Pd raccolse 12 milioni di voti. Cinque anni dopo 8 milioni e mezzo. Il 4 marzo ci hanno votato 6 milioni di italiani». In un decennio il partito ha perso per strada metà dei propri sostenitori. E non solo quelli. Le ultime amministrative hanno evidenziato un’altra preoccupante novità: non esistono più neppure le regioni rosse. In una sola tornata elettorale sono finite agli avversari storiche roccaforti come Pisa, Massa, Siena, Terni e Imola. Una sconfitta epocale che rischia di segnare un nuovo corso politico.
Fonte L’INKIESTA
IL CIRCOLACCIO