Bonafede: “O fai il giudice o fai il politico: terzum non datur”
Pubblichiamo un fondo dell’ex procuratore Di Pisa su una questione importante: i giudici e la politica
Intervenendo dinanzi al Consiglio Superiore della magistratura il neo ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, ha dichiarato che la maggioranza di governo intende “impedire per legge che un magistrato che abbia svolto incarichi politici elettivi possa tornare a svolgere il ruolo di magistrato requirente o giudicante” e ciò in quanto ciò “garantisce un maggiore consolidamento dei principi di autonomia, imparzialità e terzietà della magistratura”. Ed ha aggiunto il ministro che l’assunzione di un ruolo politico da parte di un magistrato compromette irrimediabilmente la sua immagine di giudice terzo.
Dello stesso parere è Eugenio Albamonte ,presidente dell’Associazione nazionale magistrati, che in una intervista a “Repubblica, ha dichiarato: “Ho espresso una opinione chiara: un magistrato che, legittimamente, abbia scelto di fare politica non dovrebbe più tornare né in Procura né in Tribunale: Il CSM ha approvato, più di due anni fa, una delibera in cui invita il Parlamento a prevedere appunto che dopo una esperienza politica si venga assegnati per esempio, o all’Avvocatura dello Stato o al Ministero. Norme senz’altro più severe di quelle previste nel testo approvato alcuni mesi fa dalla Camera”. Va poi ricordato che nel luglio del 2015 anche il Consiglio Superiore della Magistratura aveva chiesto che ai magistrati eletti o investiti di un ruolo nell’esecutivo spettassero si le stesse condizioni retributive ma che non fosse più concesso loro di rientrare in magistratura sia nel ruolo giudicante che requirente.
Secondo la legislazione vigente quando un magistrato cessa da una funzione elettiva extragiudiziaria deve rientrare in una sede diversa vacante, appartenente a un distretto sito in una regione diversa da quella in cui è ubicato il distretto presso cui è posta la sede di provenienza, nonché in una regione diversa da quella in cui, in tutto o in parte è ubicato il territorio della circoscrizione nella quale il magistrato è stato eletto (art. 50, commi 1 e 2 d.lgs n.160/2006).
Chi scrive da sempre ha espresso l’opinione che il magistrato che abbia svolto un mandato politico elettivo non possa più rientrare nei ranghi della magistratura. L’imparzialità è non solo un dovere giuridico ma anche una qualità morale del magistrato sia esso requirente che giudicante. Essa si traduce nella credibilità e nella fiducia che la gente deve avere in chi ha il potere di decidere dei propri diritti e interessi : il magistrato non solo deve essere ma deve apparire imparziale. Nessuno pone in dubbio che un magistrato possa candidarsi ed entrare in politica essendo ogni cittadino titolare del diritto di elettorato passivo.
cioè della capacità di essere eletto. Ma se, come ho detto, il magistrato deve oltre che essere, apparire imparziale, il cittadino che si dovesse trovare ad essere giudicato da un magistrato che, dopo avere ricoperto una carica politica elettiva o comunque svolto attività politica, rientri in magistratura, sia nel ruolo di giudicante che di inquirente, potrebbe essere indotto a ritenere, magari in maniera infondata, che quel giudice usi della giurisdizione, in particolare di quella penale, strumentalmente per favorire l’una o l’altra parte politica, l’una o l’altra classe. In altri termini vi sarà il rischio che il cittadino, che si trovi ad essere giudicato da un magistrato di cui sia nota la sua ideologia politica diversa dalla sua per essersi lo stesso candidato ed essere stato eletto in seno ad una determinata area politica, sia indotto, sia pure erroneamente, a ritenere che la decisione a lui contraria possa essere dettata non da ragioni di diritto ma di fede politica. D’altra parte ,la stessa Costituzione riconosce sostanzialmente l’esigenza che il magistrato si ponga in posizione di imparzialità e di equidistanza rispetto alle lotte politiche quando fa divieto ai magistrati di iscriversi a partiti politici.
In conclusione ritengo che la attuale legislazione, che disciplina il rientro in magistratura del magistrato che abbia esaurito il mandato parlamentare o che abbia ricoperto incarichi politici elettivi, non sia del tutto idonea a garantire la imparzialità formale e sostanziale del magistrato, non essendo sufficiente, agli occhi del cittadino, che il magistrato rientri in una regione diversa da quella in cui è ubicato il territorio della circoscrizione nella quale è stato eletto. Egli ha ormai “un etichetta” che, anche se non a ragione, lo farà apparire agli occhi di chi dovesse essere sottoposto al suo giudizio, come un giudice non imparziale ingenerando il sospetto che le sue decisioni possano essere inquinate dalla sua manifestata ideologia politica. Ben venga quindi una legge, quale quella auspicata dal ministro della giustizia, che faccia divieto al magistrato che abbia svolto incarichi politici elettivi, di rientrare in magistratura sia con il ruolo di giudice che di pubblica ministero. Egli potrà mettere le proprie conoscenze tecniche e le proprie esperienze maturate durante il servizio prestato come magistrato, in altri settori della pubblica amministrazione quali potrebbero ad esempio essere l’Avvocatura dello Stato o i Ministeri.
Fonte : SICILIA INFORMAZIONI
Il Circolaccio