L’ Italia è una Repubblica fondata sul segreto. Segrete sono le strategie politiche, segrete sono le organizzazioni criminali, segreta è la verità sulle stragi, segreti sono i servizi che servono a mantenere i segreti. Segreta è la vera storia del nostro Paese. Segreto è il vero volto della realtà. Per un semplice motivo: il potere si fonda sul segreto
Negli anni 70 ,la forza di Cosa Nostra si era accresciuta in modo incontrollato
Negli anni , grazie ai grandi miliardi del traffico di droga, la mafia e i suoi sodali presero potere. Anche e soprattutto grazie alle coperture di cui godevano i vecchi boss come Luciano Liggio, Gaetano Badalamenti e Stefano Bontade, ereditati poi da Riina e Provenzano. Liggio, di cui si è sempre sospettato il legame occulto con i servizi, a protezione della sua lunghissima latitanza, dimostrò la sua influenza, anche al di sopra
delle regole stesse dell’organizzazione, facendo assassinare il giudice Scaglione senza
nemmeno informare gli altri due componenti del triumvirato. Oltre ad essere un nemico
giurato di Cosa Nostra il giudice era il solo depositario dei segreti di Gaspare Pisciotta, il
luogo tenente di Giuliano che indicò tra i mandanti della strage di Portella, i ministri
Scelba e Mattarella. Rivelazione che il magistrato non fece tuttavia in tempo a
verbalizzare.
Che Badalamenti godesse di entrature in ambienti istituzionali e in particolare nell’arma
dei carabinieri è ormai storia così come l’appartenenza di Stefano Bontade alla
massoneria. Le segrete alleanze con questi ambienti, se vogliamo, “deviati”, aveva fatto
di Cosa Nostra un’organizzazione criminale talmente potente, attrezzata, ramificata da
presentarsi come “predisposta all’attuazione di un complesso piano criminoso” proprio
per “il tipo di attività – spiegano i giudici – per l’imponenza degli investimenti economici
e per la portata dell’attività criminale”. Se nei primi anni Settanta Cosa Nostra viene
“solamente” interpellata per partecipare agli eventi destabilizzanti di quegli anni, affidati
invece nella propria parte operativa alle frange estremiste tanto nere quanto rosse, a
partire dalla fine degli anni Ottanta sarà diverso il suo ruolo nel cambio di equilibri che
porta al passaggio tra la fine della Prima e della Seconda Repubblica
Cambio della guardia.
L’offensiva aperta dal pool antimafia di Palermo sul piano
giudiziario nei primi anni Ottanta ha messo a rischio uno dei capisaldi su cui si basa tanto
la mafia quanto i vari poteri occulti: il segreto. Con le loro intuizioni Giovanni Falcone
prima e Paolo Borsellino poi costrinsero Cosa Nostra per la prima volta nella storia a
giocare sulla difensiva e a cambiare strategie e referenti. Quei referenti che vedendola in
difficoltà le girarono le spalle.
Tommaso Buscetta condusse il giudice Falcone quasi per mano nei meandri
dell’organizzazione avvertendolo dei rischi e soprattutto evitando di fornirgli quelle
informazioni che, a suo avviso, il Paese non era in grado di recepire. Buscetta però non
era un mafioso qualunque. Sebbene non rivestisse cariche ufficiali all’interno del
sodalizio criminale, godeva di rispetto da parte di tutti e soprattutto era in possesso di
informazioni più che delicate che esulavano dallo stretto ambito della gestione di Cosa
Nostra
L’ IMPERO OCCULTO DEI SALVO
Svezzarono politici come Pino Giammarinaro e sostennero per anni ,l’ex depuato marsalese Salvatore Grillo che nel 1986 fece spazio al figlio Massimo
Sull’ intreccio finanziario , politico e mafioso a capo ai due cugini Salvo si possono scrivere decine di libri. Furono loro a generare il metodo utile a nascondere soldi illeciti nelle società
I Salvo, erano a capo di decine di aziende , comprese anche da quelle intestate a “prestanome”, personaggi spesso implicati in affari mafiosi e in vaste operazioni di riciclaggio di denaro sporco. Nel rapporto della guardia di finanza degli anni 80 compaiono nomi di persone considerate “front-men” degli intoccabili imprenditori. Questa rete di società e cooperative sarebbe, stata, secondo gli investigatori, l’ impero occulto dei Salvo costruito dal 68 in poi ,con logiche di finanza moderna.
Il sistema Salvo conveniva a tutti: mafiosi, politici, servizi segreti e pezzi deviati dello Stato.Un sistema che irrorava ingenti quanti di denaro in tutti i meandri del potere
Un sistema in grado di ripulire allo stesso tempo i soldi di droga e mega tangenti. Ci potrebbe essere ancora un tesoro di questo produttivo sisttema che ha generato miliardi in qualche parte del mondo
I PRESTANOME
Si tratta di personaggi della cosiddetta mafia finanziaria. Molte dei quali, indisturbati hanno fatto affari per decenni
Fra le nove società finite nell’ inchiesta, anche aziende di Milano
Vennero arrestati riciclatori e mafiosi. Si trattava della “Imco Spa”, della “Fime Spa” e della Duemme, società immobiliare per la costruzione di strade. Nella “Imco Spa” compaiono Ignazio e Gioacchino Lo Presti (il primo, parente dei Salvo, era un giovane professionista morto di “lupara bianca”; il secondo è stato indiziato di reato per associazione a delinquere dal giudice Giovanni Falcone). I fratelli Lo Presti sono stati indicati nel fascicolo come prestanome dei Salvo.
A Palermo, la “Imco Spa”, insieme a Cassina avrebbe costruito case popolari nel quartiere di Borgo Nuovo. Sia nella “Fime Spa” di Giuseppe Gianmarinaro (diventato deputato regionale nella corrente andreottiana) e Giovanni Vardirame che della “Imco Spa” e della Duemme sarebbero soci Maurizio Monticelli e Carmelo Gaeta. Monticelli, scarcerato di recente, è considerato legato alla mafia dei Casinò, mentre Gaeta viene definito un prestanome abituale negli affari di mafia esperto di operazioni finanziarie. Gaeta è stato arrestato nel blitz di San Valentino. Gli inquirenti per delineare la personalità dei “front-men” si sono rivolti al cervellone del ministero dell’ Interno il quale dispone di un sistema di sigle basato sulla documentazione acquisita: “Asmaf” sta per associazione mafiosa, “Stupe” indica le persone sospettate di reati di droga e “Dogan” quelli indiziati di reati doganali.
Continua
Fonte: Documenti
Il Circolaccio