
Il magistrato calabrese scopre la stampa indipendente
Gratteri ammette che i PM hanno generato la corrente dei giornalisti “amici delle procure” . Dei portavoce di parte disposti ad orientare l’opinione pubblica secondo gli interessi dell’accusa.
La legge “dice” che davanti al giudice terzo, tra l’accusa e l’accusato ci dovrebbe essere lo stesso equilibrio giuridico. Non è assolutamente cosi. I Pm, spesso, avvalorano le loro tesi accusatorie, con l’aiuto della stampa, emettendo sentenze mediatiche. Eppure la legge indica al Pm di cercare anche prove a favore dell’accusato. Non lo fa nessuno. Spesso le intercettazioni finiscono sui giornali, prima che l’accusato ne venga a conoscenza
«I giornalisti non devono fare i piacioni, né tantomeno innamorarsi dei magistrati: abbiamo bisogno di giornalisti che raccontino con coraggio la verità, i fatti. In quanto a noi magistrati, vogliamo essere valutati e giudicati per quel che facciamo».
Parole e musica di Nicola Gratteri. Quel Nicola Gratteri: il magistrato simbolo dell’antimafia; lo stesso Gratteri che avrebbe dovuto prendere la poltrona di guardasigilli e che, di fronte al gran rifiuto dell’allora presidente della Repubblica Napolitano, si scagliò contro i poteri forti del Palazzo, evidentemente impauriti dalla forza “eversiva” e “antisistema” del magistrato calabrese: «Io sono troppo indipendente e il potere vero vuole che ci sia sempre qualcuno sopra di te, che garantisca per te».
Lo stesso Gratteri che non disdegna chiacchierate televisive, un tantino celebrative, con Fabio Fazio e Riccardo Iacona; né premi in giro per il belpaese. Premi meritatissimi, s’intende. Insomma, quel Gratteri lì oggi ci fa sapere che il giornalismo che copia e incolla le ordinanze dei magistrati e cha passa ore nelle di loro sale d’attesa non va ( più) bene.
E del resto che i giornalisti dovessero fare da “cane da guardia del potere”, di tutti i poteri, magistratura inclusa, era un dubbio che in questi anni aveva attraversato qualche temerario.
Ma c’è di più, Il procuratore Gratteri ha criticato anche un altro cavallo di battaglia dell’antimafia militante: il sistema dello scioglimento dei comuni. «I Comuni – ha infatti dichiarato Gratteri – vengono sciolti per mafia nel 99% dei casi quando la procura, a conclusione delle indagini, invia gli atti alla prefettura e quindi, dopo l’istruttoria, si procede e viene nominato un ufficiale prefettizio. Il problema, in alcuni casi, è che il commissario si reca in Comune poche volte a settimana. Quindi sostanzialmente l’amministrazione viene congelata per due anni. La popolazione mediamente pensa che era meglio quando c’era il sindaco, che riuscita almeno a dare risposte» E dunque: «Occorre modificare la norma, il Commissario prefettizio deve stare al Comune sciolto per mafia sette giorni su sette», ha aggiunto Gratteri.
Fonte : Il Dubbio
Il Circolaccio