
Si apre una polemica a distanza tra Giovanni Ingoglia decano dei giornalisti trapanesi e Rino Giacalone
Riportiamo qui di seguito, le dichiarazioni dei due giornalisti sulla spinosa questione del giornalismo legato solo alle carte passate dai PM e dall’accusa. La deontologia professionale che si basa su diverse carte dei diritti molto spesso non viene rispettata. Una persona indagata o peggio ancora imputata viene “condannata” prima del giudizio finale.
La polemica assume maggiore effetto dopo la vicenda Bulgarella
Giacalone: Qui a Trapani, la realtà dei cronisti è un pò particolare: io sono l’unico che va in procura e mantiene rapporti coi pm. Perché in genere si parla solo con i difensori degli imputati”.
“Sia l’Assostampa che l’Ordine mi sono stati vicini – dice – tanta solidarietà ho raccolto a cominciare da quella formalizzata da decine e decine dei familiari delle vittime della mafia. Quel che mi è sempre mancato, in realtà, è la solidarietà dei colleghi trapanesi, anzi c’è stato chi si è inventato l’esistenza contro di me di gravi indagini, del tutto inesistenti.
La replica di Ingoglia
ANSA) – PALERMO, 27 APR – «In una intervista rilasciata ieri all’Ansa il collega Rino Giacalone, oltre a tracciare un excursus sul suo impegno antimafia, esercitato da giornalista, si lascia andare a un paio di considerazioni inaccettabili per quanti, in provincia di Trapani, esercitano questo mestiere». Lo afferma il segretario Provinciale dell’Assostampa, Giovanni Ingoglia.
«Giacalone lamenta come gli sia ‘sempre mancata la solidarietà dei colleghi trapanesi’. Affermazione pienamente contestabile dal momento che averlo assistito legalmente ed economicamente nei suoi procedimenti penali è stato un atto di solidarietà, piena e concreta, dei giornalisti iscritti alla sezione provinciale dell’Associazione Siciliana della Stampa – aggiunge -. Giacalone rincara la dose quando sostiene che ‘sono l’unico che va in procura e mantiene rapporti coi Pm. Perché in genere si parla solo con i difensori degli imputati’. Non è assolutamente così. Dando per scontato che i pm e i difensori degli imputati lavorano con la stessa dignità nell’interesse della verità e della giustizia e che ogni imputato è innocente sino ad una sentenza definitiva, mi pare ovvio che questo mestiere non si può fare soltanto con le veline che escono dalla Procura o su gli input dei magistrati, né tanto meno sui pareri dei difensori degli imputati». «Serve una ponderata misura che dia una informazione – osserva – non di parte ma chiara ed inequivocabile, altrimenti il giornalista diventa portavoce dell’una o dell’altra parte con il solo risultato di glorificare se stesso». (ANSA).
Rino Giacalone. Dalle intimidazioni a un nuovo progetto dedicato a Morrione e Della Volpe
- Da Antimafia 2000
Giornalista da 30 anni nella terra dell’ultimo grande latitante di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro. Rino Giacalone ha 56 anni e da sempre fa il cronista. A La Sicilia fino al 2011, poi per una serie di periodici locali, infine per Il Fatto e La Stampa. E’ direttore responsabile di Alqamah.it (ed ha ricevuto il premio “Marcello Torre” per l’attività giornalistica condotta con questo sito di informazione) ed è firma di Libera Informazione. Separato, due figlie e una pioggia di querele firmate da parenti di boss come la sorella e il nipote del padrino di Castelvetrano, nel 2016 ricevette un bigliettino che non lasciava spazio a dubbi: “fai puzza di morto, non hai capito un c… Smettila di scrivere”, le parole di un mittente sempre rimasto ignoto.
Giacalone, però di smettere non ha alcuna intenzione. E continua a raccontare processi e fatti di cronaca della sua terra. Con una particolare attenzione a Cosa nostra, alla massoneria deviata e alle sue infiltrazioni nella politica e nell’economia.
Ampi stralci delle sue inchieste sono state riportate nel provvedimento di scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Castelvetrano, paese di Messina Denaro, nel 2017.
Giacalone, oggi portavoce di Articolo 21 a Trapani dove ha fondato il circolo “Santo Della Volpe”, ha cominciato come giornalista tv a Tele Scirocco, una emittente locale. Poi l’approdo a La Sicilia. “Nel 2011 decisi di dimettermi – racconta – perché erano subentrate divergenze nella visione della professione con i colleghi”. Da allora il giornalismo è diventato la sua seconda professione perché è tornato al suo impiego antico all’Istituto Autonomo Case Popolari. “Ma non ho mai smesso di scrivere”, dice precisando con ironia di non essere “un professore di mafia ma un giornalista che racconta quel che vede”.
Dal 2016 per il mensile “S”ha fatto una serie di approfondimenti su mafia e massoneria. E dalle pagine dei social ha cominciato a raccontare le storie di una città inventata “Gommopoli” che tanto ricorda la sua Trapani. I nomi dei protagonisti sono inventati, ma chi conosce la realtà riconosce uomini e cose senza difficoltà. “Ho sempre scritto tutto quel che ho saputo sia direttamente, grazie ai miei contatti, che basandomi sul lavoro dei magistrati”, dice. Spesso attirandosi ire. Patrizia Messina Denaro, la sorella del boss e da ultimo anche Gaspare Allegra, nipote del boss latitante, figlio di Rosario Allegra, marito di una delle sorelle di Matteo Messina Denaro, l’hanno querelato per diffamazione. Altra querela in corso quella presentata da Pietro D’Alì, fratello dell’ex sottosegretario all’Interno che proprio l’anno scorso provò a far ritirare dalle edicole un numero di S contenente un servizio che lo riguardava e la rimozione di un articolo dal sito Alqamah.it, del quale Giacalone è direttore responsabile… Idem moglie e figlie del capomafia Mariano Agate che Giacalone, prendendo in prestito le parole di Peppino Impastato, “la mafia è una montagna di merda”, definì Agate, perché appartenente a quella “montagna” “un gran pezzo di m…”. Parole per cui il pm ne ha chiesto la condanna a 4 mesi. Assolto in tribunale, il giudice riconobbe il pieno rispetto da parte di Giacalone dell’articolo 21 della Costituzione, ma la Cassazione ha annullato il verdetto: sulla vicenda pende un nuovo processo di appello.
Giacalone non ha mai avuto la scorta. Dopo aver denunciato le intimidazioni gli è stata assegnata una vigilanza dinamica. “Sia l’Assostampa che l’Ordine mi sono stati vicini – dice – tanta solidarietà ho raccolto a cominciare da quella formalizzata da decine e decine dei familiari delle vittime della mafia. Quel che mi è sempre mancato, in realtà, è la solidarietà dei colleghi trapanesi, anzi c’è stato chi si è inventato l’esistenza contro di me di gravi indagini, del tutto inesistenti. Qui la realtà dei cronisti è un pò particolare: io sono l’unico che va in procura e mantiene rapporti coi pm. Perché in genere si parla solo con i difensori degli imputati”. Oggi sta dedicando impegno in un progetto di alternanza scuola lavoro all’interno dei Licei Classico e Scientifico di Trapani: “Un progetto che porta il nome di due grandi giornalisti, Roberto Morrione e Santo Della Volpe, e che mi sta donando nuova energia per l’entusiasmo messo in campo dai giovani che vi partecipano, a riprova che loro non sono il futuro ma il presente di questa società”.
Fonte ANTIMAFIA 2000, Ansa
Il Circolaccio