
“Ogni voto sarebbe stato pagato circa 50 euro. E il budget complessivo messo a disposizione del clan di Avola per il deputato regionale Pippo Gennuso sarebbe stato di circa 10 mila euro”, lo hanno detto gli investigatori, questa mattina, nell’illustrare i dettagli dell’inchiesta che ha portato all’arresto del parlamentare regionale siracusano. Giuseppe Gennuso, 64 anni, è finito ai domiciliari. Il deputato regionale è indagato insieme a due presunti affiliati di una cosca mafiosa di Avola. Arresti domiciliari anche per Massimo Rubino, ritenuto il procacciatore di voti per conto del clan siracusano a favore di Gennuso alle ultime elezioni regionali. In carcere, Francesco Giamblanco, genero del boss di Avola Michele Crapula.
Per i tre il reato ipotizzato dalla Procura di Catania è scambio elettorale politico mafioso (416 ter) in concorso commesso in occasione delle ultime elezioni regionali siciliane. C’è un quarto indagato. Si tratta di un soggetto vicino al clan di Avola.
Un vezzo che potrebbe essere molto diffuso in Sicilia e non solo a Siracusa. Si dovrebbe indagare anche in altre realtà. In campagna elettorale tanti politici hanno “promesso” posti di lavoro e altre prebende. I magistrati dovrebbero indagare anche nelle elezioni trapanesi e non solo tra i deputati di centrodestra. Quanti impiegati pubblici in campagna elettorale hanno avuto promessi posti al sole da qualche candidato? Oltre alla mafia c’è anche chi sfrutta la posizione pubblica per avere vantaggio dal voto. Indagheranno mai le procure su certi personaggi politici?
“Ringrazio i carabinieri di Siracusa per il lavoro svolto che ci ha permesso di poter arrivare a questo importante risultato”, ha esordito il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro parlando con i giornalisti. “Non vi è dubbio che il clan di Avola ha pesato sul risultato elettorale di Pippo Gennuso”, ha voluto evidenziare Zuccaro.
“L’inchiesta è stata condotta tra ottobre e novembre 2017 – ha detto il comandante provinciale dell’arma Luigi Grasso nel corso della conferenza stampa alla Procura di Catania – abbiamo utilizzato intercettazioni e altre attività tecniche anche sui social che ci hanno permesso di documentare il malaffare”.
Il procuratore aggiunto Carmelo Petralia: “Non voglio entrare nel dettaglio dell’inchiesta perché saranno i protagonisti a fornire i dettagli. Ma abbiamo ancora una volta dimostrato tempestività nelle indagini. E soprattutto abbiamo dimostrato che quell’area della provincia siracusa non è immune dalla criminalità organizzata. Abbiamo documentato l’esistenza di questo accordo tra Gennuso e gli esponenti della cosca e di questa promessa elettorale. E in parte abbiamo provato anche che la promessa è stata mantenuta. In particolare durante un comizio elettorale di ringraziamento per la vittoria elettorale (19 gennaio 2018), ad un certo punto è stato captato il commento di Rubino “ora ci vuonu i soddi” (ora ci vogliono i soldi, ndr)”.
Fonte : Live Sicilia
Il Circolaccio