Le vicende di Castelvetrano dai verbali della commissione antimafia con Rosy Bindi presidente; Fava (SL), Lumia (PD) Giarrusso (5 Stelle) tra i componenti
Un “colpo di Stato” tardivo e che probabilmente , ha visto l’accordo tra il PD , i grillini e la sinistra radicale. Dalle dichiarazioni riportate, lo scioglimento del comune di Castelvetrano doveva avvenire molti anni prima e non nel giugno del 2017, quando peraltro il comune era già tutto commissariato
Lo stesso verbale della commissione del 2017, indica che si doveva intervenire molto prima se, come è dettagliato nei verbali dell’inchiesta da oltre 20 anni mafia e massoneria hanno gestito il territorio
Un mix fatto di vari interessi, secondo la commissione dove, l’impreditoria, la mafia, la politica e il territorio si sarebbero spartiti il territorio attraverso accordi decisi anche da Matteo Messina Denaro. Se quello che hanno firmato anche la Bindi, Giarrusso , Manfredi e Fava risultasse supportato da prove, lo stato, ancora una volta arriva in ritardo e sopratutto schiaccia sempre i più deboli dimenticando i furbi e i potenti. Perchè, Rosy Bindi e i commissari citano solo le dichiarazioni di Cimarosa e non quelle di Giuseppe Grigoli condannato per associazione mafiosa che nel processo di Marsala già nel 2010 disse molte cose su come funzionava il sistema del controllo imprenditoriale nel territorio? Grigoli parlò degli ordini impartiti da Matteo Messina Denaro per il tramite del cognato Filippo Guttadauro a tutti coloro che avessero determinati giri d’affari fino al 2007 ,anno in cui viene arrestato. Eppure, di quelle dichiarazioni molto esaustive sul controllo da parte della mafia del territorio nessuno più parla. Dimenticanza ? O distrazione voluta? Nessuno accenno anche alla malagestio dei beni confiscati
Dal verbale della Commissione Antimafia presieduto da Rosy Bindi
.
Nonostante la mafia trapanese sia un’espressione tradizionale di Cosa nostra, già tendente di per sé al controllo economico e istituzionale di un territorio, essa – come accertato non solo nelle sedi giudiziarie ma anche nell’ambito dei lavori della Commissione antimafia da diverse legislature, ha caratteristiche proprie che assumono rilievo sia sulla sua particolare capacità di infiltrazione nella res pubblica sia sulla centralità, in siffatti affari, della cittadina di Castelvetrano.
In particolare, l’attuale capo della mafia della provincia di Trapani, il latitante Matteo
Messina Denaro, da almeno un ventennio gestisce l’associazione mafiosa e il suo rapportarsi con il
territorio secondo regole solidaristiche volte all’acquisizione del consenso degli associati e della
società civile.
L’imprenditoria, ad esempio, non è vessata dall’imposizione del pizzo ma riceve
l’aiuto economico e il sostegno mafioso offrendo in cambio, sinallagmaticamente, la titolarità di
quote delle imprese. Pertanto, già la sola contrattazione della pubblica amministrazione con le
società private, di fatto, finisce talvolta per avvantaggiare e rafforzare l’associazione mafiosa.
Significativi sono, al riguardo, sia i numerosi procedimenti penali sui condizionamenti degli
appalti dove si evince, ancora una volta, l’assoggettamento dei pubblici interessi a quelli di cosa
nostra e del suo leader Matteo Messina Denaro, sia, soprattutto, i diversi scioglimenti delle
amministrazioni del trapanese ex art. 143 TUEL (sette enti dal 1992 al 2012) e i molteplici
provvedimenti di accesso ispettivo adottati negli anni, sebbene non conclusi con la misura
sanzionatoria, fino a giungere, come si dirà, al giugno 2017 con lo scioglimento per infiltrazioni
mafiose dello stesso comune di origine del latitante.
In tale contesto, la cittadina di Castelvetrano è al centro delle dinamiche mafiose della
provincia di Trapani non solo quale luogo natale dei Messina Denaro, ma soprattutto perché questi da sempre amministra cosa nostra trapanese attraverso una cerchia di stretti parenti e di fidati amici lì residenti che gli consentono, dunque a tutela della sua latitanza, di evitare una continua permanenza in quel territorio e di mantenere comunicazioni diradate con gli associati.
Per comprendere quanto sia forte e determinante la presenza occulta di Messina Denaro a
Castelvetrano basti richiamare le recenti vicende del defunto Lorenzo Cimarosa, cugino acquisito del capomafia e unico soggetto di quell’ambito familiare che ha reso dichiarazioni collaborative con la giustizia così minando, per la prima volta, l’intangibilità di una famiglia di sangue che è, al contempo, una famiglia mafiosa. Ebbene, non solo egli e i suoi figli hanno subito l’isolamento da
parte di taluni concittadini, ma dopo la sua improvvisa morte, avvenuta nel gennaio del 2017 a
causa di una grave malattia, nel successivo mese di maggio la sua tomba è stata profanata. Del
resto, basti pensare alle agghiaccianti dichiarazioni rese sul punto proprio da uno dei candidati
sindaco di Castelvetrano nell’ultima tornata elettorale (che poi non ha avuto luogo per l’intervenuto
In una registrazione diffusa tramite i social, egli, negando
l’esistenza della mafia, inveiva contro il figlio del collaboratore invitandolo a prendere le distanze
dalla scelta del padre, accusava la magistratura e, di converso, elogiava la criminalità organizzata
della quale condivideva pubblicamente le ragioni della devianza.
È in tale peculiare contesto ambientale, dunque, che si verificavano una serie di accadimenti
che, nell’estate del 2016, portavano la Commissione parlamentare antimafia a svolgere una
missione a Trapani1
.
In particolare, era accaduto che, nel novembre 2014, uno dei consiglieri comunali di
Castelvetrano, era stato tratto in arresto per delitti di mafia. Nell’ambito della relativa inchiesta, tra
l’altro, era stata registrata una conversazione di costui che, a un altro consigliere comunale,
raccontava del suo legame con la famiglia dei Messina Denaro, delle visite e degli incontri sia con
Francesco Messina Denaro (padre di Matteo) quando questi era latitante, sia con lo stesso Matteo,
anch’egli latitante, enfatizzando la commozione che tali contatti gli procuravano e la sua devozione
verso quei personaggi.
Il consigliere, pertanto, veniva sospeso dalla carica ma poi reintegrato in seguito alla sua
assoluzione in primo grado del dicembre 2015. Il suo rientro, però, nel marzo 2016, determinava,
proprio in relazione al contenuto di quelle intercettazioni, le dimissioni di ventotto consiglieri
comunali (su trenta) e, dunque, il commissariamento del consiglio comunale di Castelvetrano con la
nomina, il 24 marzo 2016, da parte della Regione siciliana, di un magistrato in pensione. In base
alla normativa regionale, invece, il sindaco e la giunta rimanevano in carica.
Qualche mese dopo, appunto nell’estate del 2016, a trent’anni dalla scoperta a Trapani della
loggia segreta “Iside 2”, nata sotto l’insegna del circolo culturale “Scontrino”, e in cui, accanto a
personaggi delle istituzioni, sedevano i boss mafiosi di maggiore rilievo, si ritornava a parlare di
massoneria quale possibile luogo chiave, secondo alcune inchieste della Procura di Trapani e di
Palermo, per la composizione di interessi mafiosi, politici e imprenditoriali, compresi quelli
riconducibili a Messina Denaro.
Al di là degli esiti di tali indagini, peraltro ancora in corso, le Forze dell’ordine e la
Prefettura evidenziavano sin da subito che nel pur piccolo comune di Castelvetrano, patria e sede
criminale dei Messina Denaro, insistono diverse logge massoniche (sei sulle diciannove operanti
nell’intera provincia di Trapani2
) e che nell’amministrazione comunale castelvetranese, già
storicamente oggetto degli interessi mafiosi ma anche, come detto, dimora di qualche sostenitore
del latitante, vi era un’elevata presenza di iscritti alla massoneria tra gli assessori (4 su 5), tra i
consiglieri (7 su 30), tra i dirigenti e i dipendenti comunali. Anzi, la stessa Prefettura di Trapani
segnalava che gli elenchi ufficiali degli iscritti nel trapanese apparivano incompleti per difetto e,
pertanto, non era possibile ottenere una descrizione d’insieme del fenomeno.
La Commissione, quindi, procedeva, nel corso della missione, ad una serie di audizioni, in
buona parte segretate, delle autorità locali, di consiglieri comunali che si erano apertamente
schierati contro Messina Denaro e, per questo, divenuti bersaglio di attentati e minacce, della
magistratura trapanese (il Procuratore di Trapani e i giudici che avevano trattato il caso
dell’omicidio Rostagno) sulle indagini in corso e sugli aspetti particolarmente inquietanti di una
serie di gravi delitti consumati in quella provincia.
Poco più tardi, giungeva la definitiva ed eclatante conferma alle preoccupazioni della
Commissione. Risultava evidente e documentato, infatti, che quello stesso Comune di
Castelvetrano, popolato anche da numerosi appartenenti alle diverse logge massoniche, aveva
subito l’infiltrazione mafiosa e veniva sciolto ai sensi dell’art. 143 TUEL.3
A Trapani, del resto, nel mese di giugno 2017, nel pieno della campagna elettorale, è stato
raggiunto da provvedimento cautelare Girolamo Fazio, già sindaco e candidato alle elezioni
amministrative; le elezioni sono state invalidate per il mancato raggiungimento del quorum dei
votanti e al posto del sindaco si è insediato un commissario. Nel solo 2017 altre importanti inchieste
si sono susseguite a ritmi serrati: per motivi di mafia il tribunale di Trapani ha disposto importanti
misure di natura personale e patrimoniale nei confronti di politici come Giuseppe Giammarinaro, ex
parlamentare regionale4
; a novembre è stato sottoposto a misura di prevenzione patrimoniale
Gianfranco Becchina, noto mercante d’arte, ritenuto vicino a Matteo Messina Denaro, e suo
finanziatore5
; sono stati disposti sequestri e confische per molti milioni di euro.
Ancora, in provincia di Trapani per la prima volta è stata disposta l’amministrazione
giudiziaria ex art. 34 d.lgs. n. 159/2011 di un istituto di credito, la Banca di Credito Cooperativo
Sen. Pietro Grammatico, con sede legale in Paceco.
Attualmente, nel trapanese, è censita inoltre la presenza di circa 200 soggetti, già detenuti
per reati di mafia e di traffico di stupefacenti, che, scontata la pena, sono ora in stato di libertà6
.
All’esito, dunque, della missione di Trapani, delle dichiarazioni rese della Presidente e dei
membri della Commissione nella conclusiva conferenza stampa, delle successive reazioni
giornalistiche degli assessori massoni che si sentivano criminalizzati dall’attenzione delle Istituzioni
sulla vicenda di Castelvetrano, dunque, Stefano Bisi, gran maestro dell’associazione massonica
denominata “Grande Oriente d’Italia” (GOI) chiedeva, con lettera del 28 luglio 2016, di essere
audito per esporre la posizione della sua obbedienza rispetto alla possibile permeabilità mafiosa.
La Commissione antimafia accoglieva con vivo interesse quella richiesta e, pochissimi
giorni dopo, il 3 agosto 2016, Stefano Bisi veniva audito in plenaria a Palazzo San Macuto.
L’atteggiamento assunto dal gran maestro, però, lungi dall’apparire trasparente e collaborativo nel
perseguimento dell’obbiettivo, che si riteneva dovesse essere comune, di impedire l’inquinamento
mafioso di lecite e storiche associazioni private, si rivelava di netta chiusura e di diffidenza verso
l’Istituzione.
Da qui, dunque, trae origine la necessità da parte della Commissione di avviare gli opportuni
approfondimenti anche attraverso l’esercizio dei poteri d’inchiesta parlamentare.
Il comune di Castelvetrano.
Le vicende connesse al comune di Castelvetrano, di cui già si è riferito, dove accanto alla
presenza consistente nel consiglio comunale di soggetti iscritti alle varie massonerie era stato
rilevato l’arresto per delitti di mafia di un consigliere in un territorio in cui continua ad avere
centralità criminale il latitante Matteo Messina Denaro, hanno imposto la necessità di eseguire una
verifica sulle compagini di alcune amministrazioni comunali sciolte per infiltrazione mafiosa o
comunque inserite in territori ad alta densità mafiosa per accertare se e in che misura vi siano iscritti
a logge massoniche qui di interesse, pur consapevoli che tali obbedienze, tuttavia, non esauriscono
il panorama complessivo di tutte le massonerie presenti nel Paese, formato da una galassia dai
contorni indefiniti di numerose associazioni che si definiscono massoniche (sarebbero almeno 198
secondo un censimento citato in audizione dal gran maestro della GLI Antonio Binni75).
Peraltro, così come ha riferito il gran maestro della SGLI Massimo Criscuoli Tortora vi
sarebbe una diffusione generalizzata di tali associazioni nel centro-sud76.
Fatte queste debite premesse, la Commissione ha ritenuto opportuno partire dalla nota
vicenda di Castelvetrano, di cui vi è ampio cenno nella premessa di questa relazione, eseguendo un
rilevamento sulle ultime consiliature, a partire da quella 2007-2012.
In tale consiliatura, 8 consiglieri su 30 appartenevano, o avevano chiesto di entrare in logge
massoniche delle obbedienze in questione (4 GOI, 4 GLRI). Nella giunta insediatasi il 28 giugno
2007 era presente un appartenente ad una loggia della GLI, verosimilmente ancora iscritto.
Nella Giunta Pompeo appare anche un nominativo corrispondente a un omonimo, privo di luogo e data di nascita, già iscritto in una loggia di Castelvetrano della GLRI e depennato nel 2009.
In data 20 marzo 2009, il sindaco di Castelvetrano revoca l’incarico a tutti i componenti
della giunta e il 23 marzo successivo nomina nuovi assessori. Anche in questa compagine,
parzialmente variata rispetto alla precedente, è presente un’iscritta nella loggia di Ragusa della GLI.
In data 3 gennaio 2011, il sindaco revoca nuovamente l’incarico a tutti gli assessori e
nomina una nuova giunta. Anche in questo caso, vi è un iscritto ad una loggia della GLRI; un omonimo di un soggetto depennato dagli elenchi di loggia sempre della medesima obbedienza; e
infine un iscritto, verosimilmente ancora attivo, in una loggia GOI di Castelvetrano.
Il 1° agosto 2011, vengono avvicendati due assessori. Uno dei nuovi è presente nei piè di
lista di una loggia della GLI.
Tra i componenti del consiglio comunale eletto nel 2012, vi sono 11 iscritti ad associazioni
massoniche (anche diverse da quelle in esame), uno dei quali è stato anche assessore e componente
della giunta comunale, quest’ultima poi revocata il 28.01.2015. Sei degli iscritti compaiono negli
elenchi estratti nella posizione di “attivo”; due risultano come “depennati” in data antecedente o
prossima all’assunzione dell’incarico pubblico; uno invece risulta aver presentato a una delle
quattro obbedienze una “domanda di regolarizzazione”: si tratta cioè di un soggetto che, già iscritto
ad una associazione massonica, chiede di transitare in un’altra.
Di tali 11 iscritti, quanto alle obbedienze di appartenenza, 5 consiglieri comunali sono o
sono stati iscritti a logge della Gran Loggia Regolare d’Italia; 4 a quelle del GOI e 2 della Gran
Loggia d’Italia.
Nella nuova giunta assessoriale nominata l’11.02.2015, il numero di assessori massoni
aumenta considerevolmente, diventando cinque su dodici membri complessivi della giunta, cioè
poco meno della maggioranza. Tre sono o sono stati censiti negli elenchi della GLRI (due figurano
come “depennati”) e due (di cui uno con domanda di regolarizzazione) in quelli del GOI.
In sintesi, considerando le ultime due consiliature del comune di Castelvetrano hanno
assunto cariche elettive o sono stati membri di giunta almeno 17 iscritti alle quattro obbedienze di
cui si dispongono gli elenchi. A questi potrebbero aggiungersene verosimilmente altri 4 – per un
totale, dunque, di 21 amministratori pubblici. Negli elenchi massonici di una obbedienza (GLRI), vi
sono infatti omonimi di altri quattro consiglieri comunali di Castelvetrano tra i soggetti che
risultano privi del luogo e della data di nascita in quanto depennati. Nel complesso, 6 sono presenti
nell’elenco della GLRI (cui eventualmente aggiungere i 4 di cui sopra), 6 in quello del Grande
Oriente d’Italia (GOI) e 5 nei piè di lista della Gran Loggia d’Italia (GLI), distribuiti in 11 logge
quasi tutte presenti nella città di Castelvetrano e dintorni.
Segue
Pubblicheremo anche i verbali della commissione parlamentare antimafia presieduta da Nello Musumeci sul caso Castelvetrano
Fonte : sito del parlamento
Il Circolaccio