Depistaggi e bugie sulla strage Borsellino: quei pentiti andati all’avventura e le strane distrazioni dell’antimafia di potere

Basta con le passarelle e con le telecamere. Basta con l’antimafia che fa politica. Serve solo  saper la verità sulle stragi. Basta mandare gente allo sfacelo per salvare il deretano di qualche potente dentro i palazzi

Più le sparavano grosse e più venivano creduti. Le bugie dei pentiti hanno tenuto in carcere sette innocenti per una quindicina di anni e hanno reso possibile una delle pagine più buie della storia giudiziaria d’Italia. Complice anche una certa magistratura che non pagherà mai per questi gravi errori

Chi ha pilotato i falsi pentiti? Già nel 1992, con l’operazione Palma ha inizio il fenomeno dei falsi pentiti e dei PM che li valorizzavano. Vincenzo Calcara fece arrestare diverse persone tra cui il prof. Antonio  Vaccarino. Da indagato VACCARINO FECE 5 ANNI di carcere a Pianosa ,per poi finire assolto dall’accusa di mafia. Il caso non è isolato, eppure, i Pm, che spedirono in carcere l’ex sindaco, sono stati pure premiati in carriera. Rimane un mistero il mancato coinvolgimento  nell’operazione Palma di Matteo Messina Denaro e  di suo padre Ciccio. In quella  particolare occasione, rimasero liberi e tranquilli.

Vincenzo Scarantino,  il falso pentito più famoso, secondo i giudici della Corte d’assise di Caltanissetta, è stato “indotto” a mentire.  Accusa ancora più grave. Si poteva anche giustificare il suo agire , per soldi o per avere sconti di pena. Invece, è stato, secondo i Pm di Caltanissetta, prodotto da qualcuno.

Ecco perché, fino a quando non capiremo  chi manovrò il collaboratore di giustizia falso, non ci può essere pace tra tutti coloro che non vogliono sceneggiate antimafia ma solo conoscere la verità.  Fa bene Fiammetta Borsellino a protestare.

La storia dei  falsi pentiti  è lunga.  Francesco Andriotta e Calogero Pulci – condannati a dieci anni ciascuno ne sanno qualcosa. Le loro furono balle colossali.  Chi li ha imbeccati?
 E poi c’è da considerare il fatto che parecchi erano gli elementi a disposizione di chi indagava per smascherare le menzogne. A cominciare dalle sue stesse ritrattazioni. Ed invece , i falsi pentiti , erano diventati quasi eroi. La stampa antimafia li elevò a santi. E basta continuare a dire che chi dice questo vuole mettere in difficoltà la legge sui pentiti. Sono scuse da bar .La  provvidenza quando vuole, sa dare risposte. La più immediata delle risposte da dare è quella di scoprire i depistatori . 


Scarantino , sunbito dopo l’arresto cominciò a sparare minchiate .Disse di essersi occupato del furto della Fiat 126 che sarebbe poi stata piazzata sotto casa di Borsellino imbottita di tritolo. Imbeccato da qualcuno, riuscì pure ad emozionarsi .Disse che era pure sorpreso dalla  violenza  prodotta . Insomma si meravigliava della sua freddezza criminale.    Quale freddezza? Farlocco fin dal primo momento e difeso dalle toghe

 La verità è che già allora, le sue dichiarazioni avrebbero dovuto sollevare dubbi. Come poteva un picciotto della Guadagna, che non godeva di buona reputazione nella borgata palermitana, avere assistito alla riunione, organizzata in una villa, in cui Totò Riina decise di ammazzare Borsellino. Scarantino disse che erano presunti pure Gioacchino La Barbera e Salvatore Cancemi, pentiti dall’attendibilità granitica che negarono la circostanza. Nessuno conosceva Scarantino negli ambienti mafiosi di allora eppure con facilità riuscì a cucirsi addosso il ruolo di “uomo d’onore riservato” affiliato nell’ombra da pezzi da novanta come Salvatore Profeta, Pietro Aglieri e Carlo Greco.  Stessa sorte ebbe il “pentito” Calcara di Castelvetrano. Sinacori e Geraci, pentiti certi, dissero di “non conoscere” Calcara come mafioso.

Scarantino si era inventato tutto. Egli disse molte minchiate , pressato per le torture del super poliziotto, Arnaldo La Barbera e dei suoi uomini. Torture e fesserie. Un mix da Cile ai tempi dei militari.
Lo stesso La Barbera che, ha raccontato l’altro personaggio, Andriotta, “mi promise che mi avrebbero tolto l’ergastolo e mi avrebbero fatto entrare nel programma di protezione e che sarei stato trasferito negli Stati Uniti se avessi dichiarato quello che mi diceva di dire sulla strage di via D’Amelio.

Scarantino diceva sempre di essere innocente. Dalla mia cella sentivo che lo pestavano, mi raccontò pure che gli fecero mangiare del cibo con dentro urina e che tra coloro che lo picchiavano c’era pure La Barbera. Alla fine mi feci ammorbidire, ho sbagliato dichiarando delle cose false e chiedo perdono a tutti”.
Perché Scarantino sarebbe stato “indotto” a mentire e Andriotta no?

Sono stati i pm  nisseni a spiegarlo: “Quando era detenuto a Ferrara aveva detto a un altro detenuto di essersi rigirato Scarantino come una marionetta. Durante la fase di indagine non ha detto al pubblico ministero di avere ricevuto denaro da Arnaldo La Barbera e Mario Bo e che i poliziotti avevano consegnato soldi pure alla sua ex moglie. Qui stiamo parlano di uomini delle istituzioni che vanno in giro a dare soldi.  Assurdo. E chi ci  dice che, ancora oggi, per mantenere certi segreti, si continui a depistare, facendo indagini farlocche su Matteo Messina Denaro , per evitare la sua cattura ?

Giochi di potere alla Diabolik

Andriotta è stato ritenuto attendibile e ha rovinato la vita di Gaetano Murana, condannato all’ergastolo ingiustamente e scarcerato dopo 18 lunghi anni di detenzione. Andriotta e Calogero Pulci fornirono un “formidabile” riscontro alla ricostruzione di Scarantino che piazzava Murana fra gli uomini che che scortarono, insieme a un altro gruppo di uomini d’onore, la 126 rubata mentre veniva condotta in via D’Amelio.
Calogero Pulci non era l’ultimo arrivato. Originario di Sommatino era il braccio destro del boss nisseno Giuseppe “Piddu” Madonia. Alla fine anche lui ha ritrattato e ammesso che “si era persuaso” della colpevolezza di Murana e che “aveva voluto compiacere il procuratore generale di udienza”. E la gente va all’ergastolo per questo?”, tuonò in aula il pm Stefano Luciani.  Già, per questo. Pulci ha, però, riconfermato le vecchie dichiarazioni perché disse di aveva paura di perdere il beneficio degli arresti domiciliari.
Ecco chi sono i pentiti della verità farlocca, ma accettata da investigatori e pubblici ministeri che la fecero propria, portandola, senza mai dubitarne, di fronte ai tanti giudici che la accolsero come verità vera. Fino a quando un altro pentito, Gaspare Spatuzza, non disse che della 126 si erano occupati i mafiosi di Brancaccio. Adesso, serve solo la verità. Una verità che forse fa male a pezzi importasnti dello Stato.

Fonte: NBotizie-documenti

 

 

 



 

 

 

 

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