La donna presentò una lettera in prefettura con la quale chiedeva chiarimenti sui criteri di assunzione adottati dallo Sprar
Ha dell’increbile la storia di una donna di un paesino del palermitano, Roccamena, dove da qualche hanno è stato istituito uno Sprar, che accoglie una trentina di giovani donne migranti e bambini.
Non è solo solidarietà ma è anche un’occasione di lavoro per chi, nei paesi dell’entroterra in via di spopolamento, si aggrappa ancora ad una speranza.
Così una donna di Roccamena, vedova e con un figlio disoccupato, non sopporta che in questo Sprar siano stati assunti, per quello che sono le voci di paese, soltanto parenti degli allora amministratori comunali, assessori consiglieri e la moglie del comandate dei carabinieri .Che peraltro non hanno bisogno di lavorare, non essendo in condizioni precarie.
La donna, esasperata, decide di presentare una lettera in prefettura, dove chiede chiarimenti sui criteri di assunzione in questo Sprar e quindi se vi sia la possibilità di aiutare il figlio.
La prefettura di Palermo gira la lettera al Comune di Roccamena, chiedendo se intendesse prendere iniziative. Si immagina a favore della donna in difficoltà.
E l’allora sindaco le iniziative le prende subito. Ma non come ci si potrebbe aspettare. Invece di aiutare la donna decide di prendere carta e penna e stendere una formale denuncia per calunnia. Si per calunnia. Assurdo ma vero.
Perché nessuno aveva accusato né il sindaco né altri di alcun reato, ma vi era semmai la richiesta alle istituzioni perché potessero dare qualche sostegno.
Difatti arriva la richiesta di archiviazione del pubblico ministero, che con parole che tradiscono un qualche imbarazzo, spiega puntualmente che di calunnia non ce n’è neppure l’ombra. E ora cosa dirà l’ex sindaco di Roccamena?
Fonte: italyflash
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