Pubblichiamo un interessante editoriale da Themis & Metis , del generale dei Carabinieri in quiescenza Nicola Gebbia
La politica italiana tra ipocrisie e furberie. Italia terra di conquista
Molti anni orsono, a cavallo della cattura di Provenzano, due amiche di mia moglie lessero sulla rivista dell’Arma che veniva indetto un concorso (“Carabinieri in giallo”) aperto a tutti coloro che avessero inviato un racconto giallo di non più di tremila parole coinvolgente i nostri militari e le nostre indagini, anche immaginarie. Fui sfidato a concorrere, ma naturalmente il mio racconto non fu classificato fra i primi venti, dei quali si ebbe menzione sulla rivista.
Le verità che raccontavo erano troppo scomode, e mi consolai con il personale apprezzamento di tutti coloro che lo lessero. Si intitolava La cupola di Paruzzino, e ne erano protagonisti i carabinieri della compagnia di Arona. Due anni fa, annoiato dal mio ozio di novello pensionato, recuperai il protagonista di quel racconto, capitano Corrado Lancia, lo promossi colonnello e lo esiliai sull’isola di Malta, come “residente” italiano del Sismi(AISE). Ne venne fuori un giallo di nessuna pretesa letteraria, liberamente ispirato ai Tre Moschettieri, con qualche riferimento a Don Chisciotte ed a Via col Vento. Pieno di autocompiacimento , lo mandai a due miei ‘maestri’, Giulietto Chiesa e Ferdinando Imposimato , pregandoli di leggerlo e , se fosse loro piaciuto, scriverne la prefazione. Il magistrato mi telefonò per chiedermi se quello che raccontavo sui missili di Gheddafi a Lampedusa del 1986 fosse vero, e mi disse che appena finito di leggere si sarebbe fatto risentire. È morto poco dopo, e non so se abbia fatto in tempo ad ultimare la lettura. Al suo posto è Diego Fusaro ad avere scritto una prefazione della quale vado particolarmente orgoglioso. Giulietto Chiesa invece, dopo aver letto i primi sette capitoli, mi chiamò e mi chiese se volevo fondare, con lui e con Antonio Ingroia, un movimento ( ‘La mossa del cavallo’) che investiva trasversalmente ideologie le più diverse. Se fossi stato disponibile, che prendessi subito il primo aereo per Roma, perché 48 ore dopo ci saremmo presentati alla sala stampa di Montecitorio. Non me lo feci dire due volte, e pensai che avevo smesso di annoiarmi. Durante la conferenza stampa spiegai che ero sopratutto interessato a rendere chiaramente ed obbligatoriamente visibile l’eventuale appartenenza alla massoneria da parte di tutti i dipendenti pubblici. Quella sera, in un ristorante dalle parti del Teatro dell’Opera, mi incontrai a cena con Giulietto , Ingroia e le rispettive mogli. Il giornalista ci raccontò che era appena tornato da Mosca, dove aveva anche partecipato ad un banchetto che aveva Putin come ospite d’onore. Come nella Russia sovietica di una volta, nel salone delle feste del Metropol erano stati allestiti vari tavoli rotondi, e l’importanza dell’ospite era direttamente proporzionale alla distanza del suo tavolo da quello del presidente. Giulietto sedeva nel tavolo limitrofo e comprese che forse aveva sottovalutato il peso specifico attribuitogli dalla nomenklatura moscovita. L’impressione fu suffragata dal fatto che a fine cena Putin era andato al suo tavolo e gli aveva stretto la mano con una sottolineata intenzionalità, ignorando tutti gli altri. A quel punto della serata, mentre si discuteva della possibilità di partecipare alle elezioni politiche con una nostra lista, emerse che eravamo poveri in canna e che tutto, conseguentemente , sarebbe stato estremamente difficile. La signora Ingroia chiese allora a Giulietto se era lecito chiedere un aiuto a Putin. È la risposta più virtuosa che io abbia mai ascoltato quella che gli sentii proferire , e voglio tentare di riportarla testualmente: “Cara signora, io non conosco come funzioni il finanziamento dei partiti politici in Argentina( Giselle Ingroia è di Buenos Aires), ma qui in Italia abbiamo una normativa molto restrittiva che ci impedisce di accettare praticamente anche solo uno spillo dall’estero. Io conosco bene il cerchio magico di Putin. Sono non più di una dozzina di persone, e fra di essi ce n’è almeno un terzo che ha ben capito come oramai in Italia l’amicizia con un Berlusconi sia da considerare priva di ulteriori utilità pratiche. Fra costoro ne conosco almeno uno che, da amministratore di un ricco ente di Stato, se domani andassi a batter cassa da lui, mi farebbe uscire dal suo ufficio con un assegno da non meno di un milione e mezzo di euro. Solo che poi nel bilancio della società scriverebbe “ concessi a Giulietto Chiesa 5 milioni di euro” e si metterebbe in tasca la differenza. Cosicché fra 20 anni qualcuno sputerebbe sulla mia tomba che ero un corrotto. Io , cara signora, voglio essere ricordato come la moglie di Cesare, quella che non solo era onesta, ma anche appariva tale. “Come è andata , se qualcuno ancora lo ricorda, è cosa nota : La Lista del Popolo per la Costituzione ottenne lo 0,02 per cento dei suffragi, ed a Trieste per il senato( dove ero candidato) ci votarono in 1074. Meno male dico io, perché nella speranza di emulare i successi dei pentastellati, si imbarcarono con noi tanti opportunisti , che sono rimasti con un palmo di naso. Io poi, essendomi ritagliato nel blog del partito il ruolo del giullare, quando pubblicai la foto di Ingroia alla prima comunione, fui sottoposto ad un processo pubblico con votazione finale , per aver violato la privacy del leader. Fui espulso alla quasi unanimità, e voglio ricordare l’unico voto contrario, quello del 18enne Omar Curro’ da Marsala , che mi aveva aiutato a disegnare le vignette da noi pubblicate , ispirate al realismo socialista , in cui Ingroia era effigiato come un novello Lenin. Di quella esperienza politica affermo con orgoglio che esse sono l’unica cosa che merita di sopravvivere all’oblio, ed invito Antonio Ingroia , che stimo ancora come il primo giorno, a stamparne una raccolta. All’amico Giulietto dico: alza il telefono e dai a Salvini qualche dritta utile per trattare con il cerchio magico di Putin, senza perdere di dignità, come hai saputo fare sempre tu.