DA SEMPRE SI DICE CHE LE OLIVE DEL BELICE SONO UNA VERA ECCELLENZA.
DA SEMPRE LA POLITICA E POLITICANTI HANNO ILLUSO QUESTO TERRITORIO PUNTANDO SU QUESTO STRAORDINARIO PRODOTTO. DOPO DECENNI DI INVESTIMENTI LA SITUAZIONE RIMANE SEMPRE LA STESSA. LA COLPA E’ TUTTA DEI POLITICI? SONO STATI INCAPACI COLORO CHE HANNO CERCATO DI ANDARE DIRETTAMENTE SUL MERCATO CON LE OLIVE SENZA PASSARE DAL TRADIZIONALE SISTEMA DETTO DEI “NAPOLETANI”?
IL MERCATO E’ SEMPRE NELLE MANI DI NAPOLETANI E LAZIALI PERCHE’?
DOPO IL FALLIMENTO DELLA SAICA DEI FRATELLI TAORMINA NESSUNA AZIENDA DEL TERRITORIO E’ RIUSCITA AD AVERE LA STESSA FORZA COMMERCIALE
CHI HA TENTATO DI CAMBIARE LE REGOLE ,IN PASSATO, SI E’ FATTO SEMPRE MALE PERCHE?
Va da se che non si può generalizzare e che ci sono stati imprenditori che, seppur pagando poco le olive hanno sempre rispettato i produttori
Molti altri non hanno avuto nessuna pietà per gente che si è spaccata la schiena per coltivare le olive
Chi non ha voluto che il mercato non cambiasse con le sue vecchie regole? Chi ha voluto che tutto rimanesse ancora nelle mani di napoletani e laziali?
Qualcuno ha scritto che, toccare gli equilibri del vetusto sistema agricolo locale, può essere pericoloso. O ti fa danno la mafia o rischi di fallire. Ci sono diversi esempi di azioni violente e di gente finita sul lastrico
E’ davvero cosi? E perche?
Alcune indagini e sentenze dimostrano ampiamente che la mafia ha sempre avuto interessi nell’agricoltura. A noi piace ragionare con la nostra testa e analizzare le questioni senza strumentalizzazioni.
E’ appurato che la mafia degli anni 50 con la complicità di alcuni imprenditori dell’epoca dettò le regole nel settore olivicolo. Regole che sono state rispettate per decenni. E’ ancora valido quel patto?
Francesco Messina Denaro conosceva bene il meccanismo e fece da collegamento per stabilire le regole tra i commercianti napoletani e certi imprenditori che potevano ammassare le olive. I napoletani non volevano problemi.
Il famigerato sistema dello “scinni peri” imponeva all’agricoltore la visita del napoletano o di altro forestiero, nella propria campagna insieme al mediatore. Il produttore non aveva nessun potere contrattuale e quasi sempre accettava le condizioni del commerciante e del mediatore. Prezzo e pagamento veniva deciso a tutto favore di chi disponeva di soldi per l’acquisto. Un sistema barbaro di sfruttamento che ancora oggi è presente. Un sistema , che per decenni ,ha sempre protetto gli interessi di imprenditori campani e laziali, con l’appoggio di padroni locali. Molto spesso, gli olivicoltori, per non far perdere il prodotto accettavano condizioni capestro: prezzo basso e pagamento a “po si viri”. Addirittura le olive pagate dopo un anno dal raccolto. Negli ultimi anni, certi imprenditori napoletani si sono pure presi la briga di fare sonori”pacchi” a molti produttori. Molta gente , anche a Campobello di Mazara ancora aspetta i soldi di vecchi raccolti. Il pagamento lungo delle olive ha generato flussi di cassa spaventosi. Queste cose le associazioni di categoria, e altri addetti ai lavori le hanno sempre sapute. Le hanno sempre sapute anche persone delle forze dell’ordine che, a loro volta ,hanno avuto terreni da gestire e olive da vendere. Ci sono stati anche articoli di giornale in passato rimasti nel vuoto.
Oggi, secondo alcuni organi d’informazione, la mafia dell’olio e dell’olive , ha avuto un significato anche per il super boss Matteo Messina Denaro.
Già nell’operazione Golem nel 2009 emerge un quadro inquietante
da Repubblica
Estorsioni e droga sono gli affari illeciti gestiti dal clan del boss latitante Matteo Messina Denaro, ma dall’indagine “Golem” che ha portato all’arresto di 13 fiancheggiatori del ricercato, emerge anche un forte interesse della mafia sulle olive e la produzione dell’olio, uno dei principali capitoli dell’economia della provincia di Trapani. A margine dell’attivita’ di indagine riguardante la conduzione dell’oleificio “Fontane D’Oro”, che e’ stata sequestrato, sono emersi chiari riferimenti al tentativo, da parte di due delle persone arrestate, Francesco Luppino e Franco Indelicato, di imporre i prezzi di mercato delle olive, la cui lavorazione costituisce uno dei settori imprenditoriali piu’ importanti del Belice tanto che Castelvetrano, il paese di Messina Denaro, e’ nota come “la citta’ delle olive”. Sul punto, sono in corso approfondimenti investigativi.
L’agricoltura, fonte primaria per l’economia del territorio non è mai stata libera.
Tutta la filiera delle olive di qualità è stata sempre sottoposta a rigide regole imposte da un patto scellerato voluto dopo la guerra dai certi mafiosi e imprenditori sfruttatori, con il silenzio delle istituzioni. Questo ha consentito la colonizzazione economica del territorio di gente di altra regione. Da sempre le olive del Belice hanno portato ricchezza a tante aziende della Campania e del Lazio , lasciando le briciole al territorio. I mafiosi ingordi e vigliacchi in tutto questo un ruolo lo hanno di certo avuto. Con la complicità di una filiera tutta controllata , come dimostrato da alcune inchieste,hanno guadagnato per anni su questo meccanismo perverso. Il “pizzo” nell’agricltura è semplice. ” Se non hai a chi vendere il tuo prodotto devi accettare le condizioni del monopolio”. Infatti, non si è mai capito chi determina il prezzo delle olive all’albero all’inizio della stagione di raccolta. O forse si è capito e nessuno lo spiega. Il fatto reale e che i produttori di olive sono sempre più stanchi e gli imprenditori del settore sempre più ricchi e con il mercato in mano.
Da qualche anno , alcune famiglie di produttori stanchi di tanti soprusi e angherie hanno deciso di non vendere più ai napoletani. Hanno cominciato ad alzare la testa e con tante difficoltà a cercare di vendere le loro olive direttamente sul mercato con i loro marchi. Le difficoltà sono tante. Molti sono in difficoltà. Vanno a cozzare con la concorrenza di certe aziende che vanno a vendere le stesse olive, “comprate” ad un prezzo più basso sempre nel Belice. Sono stati bruciati milioni di euro. E’ stata bruciata la speranza di tanti giovani.
Lo Stato , non c’è Stato. Forse è troppo tardi
Ormai il mercato delle olive nel territorio è in mano ad imprenditori laziali e campani che, praticamente, controllano il 70% del mercato del semilavorato olivicolo puntando esclusivamente sui loro marchi. Di chi è la colpa di questo”sfruttamento”? Come dicono molte inchieste è difficile sfruttare il territorio senza l’ok mafioso. E’ veramente cosi? O tutto questo è accadauto anche per l’incapacità di certa imprenditoria di arrestare l’avanzata dei napoletani? La risposta non spetta a noi
Noi possiamo dire solo che :liberare l’economia agricola da tutte queste “non regole “assurde e illogiche sarebbe una grande conquista sociale e di libertà
Rimane da capire perchè, questo importante settore dell’economia agricola locale non è mai stato, davvero, dopo l’esperienza SAICA nelle mani dei belicini. Nel mercato, e questo lo sanno pure gli studenti di primo anno di economia ,comanda chi ha il potere d’acquisto e i soldi per acquistare. Comanda chi riesce ad entrare nella grande distribuzione ,generando fidelizzazione con il consumatore. Oggi la Nocellara viene venduta mediamente al consumatore finale a 10 euro circa al chilo. La nocellara del Belice, nonostante tutto, oggi rimane un oliva che fa arricchire gli altri. Nel 2018 mediamente un chilo di olive è stato ceduto dal produttore a “scinni peri” a Euro 1,20 di media con punte di Euro 1.50 . Guardate nei supermercati al nord quanto certi marchi vendono olive tipo “CASTELVETRANO”
Continua
Fonte : Il Sole 24 Ore, Repubblica
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